Caritas, allarme povertà in Italia: “A rischio 15 milioni di persone”
15 Ottobre 2008Dati preoccupanti nel Rapporto 2008: da noi misure meno efficaci dell'Europa dei 15 dove la spesa sociale riesce a ridurre del 50% il rischio. Contro il 4% del nostro Paese. Il 13% ha meno di 500-600 euro al mese. Gravi difficoltà per famiglie con anziani e figli. Veltroni: "Il governo intervenga immediatamente con risorse concrete"
In Italia "l'emergenza sociale riguarda 15 milioni di persone", quindi non solo i 7,5 milioni di persone ufficialmente sotto la soglia della povertà, ma altrettanti che "si collocano poco sopra, e quindi sono da considerare ad alto rischio". Lo afferma il Rapporto sulla povertà in Italia elaborato dalla Caritas Italiana, in collaborazione con la Fondazione Zancan.
Ma c'è dell'altro: in Italia le misure contro la povertà sono le meno efficaci dell'Europa dei 15, se in alcuni paesi come Svezia, Danimarca, Olanda, Germania, Irlanda, l'impatto della spesa per la protezione sociale riesce a ridurre del 50 per cento il rischio povertà, da noi si raggiunge un magro 4 per cento. Un non edificante primato che il nostro paese condivide con la Grecia.
Il rapporto ricorda i dati Istat: il 13 per cento degli italiani è povero, vive con meno di 500-600 euro al mese. Sono povere le famiglie con anziani (soprattutto se autosufficienti) ed è povero un terzo delle famiglie con tre o più figli; il 48,9 per cento di queste vive al sud. Avere più figli aumenta il rischio di povertà. Eppure non è così altrove. Ad esempio, in Norvegia con più figli il tasso di povertà si abbassa.
Il nostro Paese è al di sotto della spesa media per la protezione sociale. In realtà, la spesa aumenta ma per via della previdenza. Nel 2007, il pubblico ha erogato prestazioni a fini sociali pari a 366.878 milioni di euro, di cui il 66,3 per cento per pensioni (+5,2 per cento rispetto al 2006). Squilibrio più evidente se si considera l'incidenza sul Pil: la spesa per la previdenza incide per il 15,8 per cento (15,6%), quella per la sanità per il 6,2 per cento (6,4%), per l'assistenza sociale per l'1,9 per cento (1,9%). Il rapporto suggerisce di riorientare e riqualificare le risorse.
"Si può dare risposta alla povertà senza aumentare la spesa pubblica complessiva per la protezione sociale (366.878 milioni di euro) e senza aumentare la spesa per l'assistenza sociale (circa 47 miliardi di euro nel 2007)", afferma il rapporto. In proposito, nella conferenza stampa, il direttore della Fondazione Zancan ha indicato alcune linee guida: "E' possibile – ha spiegato Tiziano Vecchiato – destinare ad un diverso utilizzo parti rilevanti della spesa per assistenza sociale, oggi destinata alla persone non autosufficienti e alle famiglie di lavoratori con figli". Anche se, ha sottolineato Vecchiato, "non è per niente facile, perché chi oggi beneficia dei trasferimenti pubblici e ne ha fatto una fonte di reddito non è disposto a rimettere in discussione i diritti acquisiti, anche se ragioni di equità portassero a riconoscere il contrario".
Secondo monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, "la questione povertà non è né di destra né di sinistra" e "non può essere affrontata con colpi di genio e ad effetto ma solo con un piano nazionale strutturato e permanente". Secondo Nozza, dal Rapporto emerge che "l'Italia non è il posto dell'uguaglianza e nemmeno quello delle opportunità".
"Più di altri Paesi europei – spiega infatti il sacerdote – l'Italia presenta grandi differenze fra chi vive in un discreto benessere, chi tutti i giorni lotta per non oltrepassare la soglia della povertà e chi dentro la povertà ci sta da tempo e non intravede nulla di nuovo nel futuro".
Nel Rapporto vengono avanzate alcune proposte per risolvere il problema: "Lotta alla povertà, promozione del mezzogiorno, garanzia dei livelli essenziali dei servizi e delle prestazioni sociali in tutta Italia, tutela della non autosufficienza, integrazione degli immigrati, accesso all'abitazione – ha sottolineato monsignor Nozza – sono le priorità che devono impegnare Parlamento e governo per ridurre la vulnerabilità nel Paese". "Assistiamo in questi giorni a montagne di soldi pubblici che, con il giusto accordo di tutti, corrono al capezzale della grande finanza e delle imprese in crisi per tentare di mettere in atto un salvataggio. Perché non fare altrettanto per soccorrere chi lotta quotidianamente per sopravvivere all'indigenza e alla precarietà? – ha chiesto monsignor Nozza -. Perché non tentare una seria alleanza tra politica, società, terzo settore e associazioni di volontariato?".
Sulla stessa linea anche monsignor Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan. "Dobbiamo trarre lezione – ha detto – dall'attuale crisi economica-finanziaria: per risolverla non si è tardato a sconvolgere alcuni fondamenti ideologici del sistema capitalistico, che sembravano inamovibili e dogmatici. Se si vuole veramente il 'bene comune', un analogo ripensamento va fatto anche in rapporto alla società".
Secondo mons. Pasini, occorre "rinunciare a "rendite di posizione e interventi burocratici" per mettere al centro i più fragili (soprattutto famiglie con persone non autosufficienti o numerose) fornendoli di "più servizi e meno trasferimenti economici", con maggiore solidarietà fiscale.
Tra i primi politici a commentare il leader del Pd Walter Veltroni, che chiede con forza al governo di affrontare l'emergenza povertà. In un intervento su Youdemtv, ha detto che "l'emergenza deve essere affrontata immediatamente. La sfida che lanciamo al governo è a dare risposte su salari, stipendi e pensioni, sostegno alle piccole e e medie imprese affrontando l'emergenza con consigli dei ministri urgenti e riunioni anche di sabato e domenica".
Secondo Veltroni, infatti, "è necessario mettere immediatamente risorse a disposizione, il resto è cinematografo".