La Stampa parla della nostra Irene Leo

10 Giugno 2008 Off Di Pantaleo Gianfreda
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ireneleoSotto il titolo "Semplici come sereni", La Stampa di Torino, con un articolo di Maurizio Cucchi, parla anche della nostra poetessa Irene Leo.


Irene Leo ha tensione e si muove bene attorno a immagini insolite, spesso interessanti, suggestive: «Se l'acqua lava ciò che penso, / forse un iris nasce tra quel fango, dopo. / Chiara la notte senza sangue e corpo, a volte / è la mia mano, / Ma non c'è occhio cieco tra le ciglia del grano morto, / l'onda ferrosa della vita attanaglia la lingua». A volte, si vede, tende a forzare la mano.

Massimo Calcaterra merita, non fosse che per la sua attenzione ai grandi poeti del Novecento e per la compiutezza formale dei suoi testi, pur molto vari. Dedica una poesia a Vittorio Sereni («Svernano i nostri fantasmi /celandosi nel blu etereo /di giovani spiragli»), una a Lucio Piccolo, una a Giorgio Caproni, di cui cerca l'asciuttezza di tono: «Decifrare /è scrivere l'attesa, /è somatizzar parole, /inciampare in pigri /senhal. //Imbrogliare carte /- far perdere la partita – /dissolvere nel verso /l'irrisolto accordo /della vita». Di Sereni e Caproni farebbe bene anche a riprendere la sobria semplicità, limitando le zeppe letterarie.

Consigli che rivolgo anche a Laura Ferrario, che si presenta con modalità di un lirismo verticale, esistenziale, di sicuro decoro: «Sostare su una duna /stropicciata dal vento /segnando un passo incerto /sul lenzuolo caldo della vita».

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Angelo dice: «Probabilmente nemmeno mi leggerete». No, leggo tutti i testi che ricevo; ma chi scrive, lo ripeto, dovrebbe almeno firmarsi per intero. Quanto ai versi di Angelo, non posso dire che siano sgradevoli, ma aggiornarsi sicuramente gli gioverebbe: «L'amore per il prossimo, o lo senti/dal cuore scaturir come ruscello /o non ci sarà chi, per quanto bello,/potrà spiegarlo con degli argomenti».

Infine una notevole poesia di Sergio Costa, anni 24:
«Il piccolo esemplare di mammifero
qui esposto al pubblico ludibrio non sa
delle sue movenze goffe da ubriaco
né del riso che suscita in coloro
che lo vedono costretto
a una vita d'artista.
Solo a volte cade in un sonno pesante
nel mezzo del più bello inscenando
tra gli strumenti
e i propri bisogni
una sottile sommossa
».


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Pantaleo Gianfreda