«Non ho avuto paura ma col freddo ho iniziato a preoccuparmi».

20 Luglio 2009 Off Di Pantaleo Gianfreda
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«Grazie di cuore a tutti i soccorritori». Parla Marco Meleleo, l’infermiere di Collepasso in servizio al Policlinico di Bari, salvato sabato da un elicottero sullo scoglio davanti alla Montagna Spaccata

 

«Appena sull'elicottero, ma di più dopo l’atterraggio, ho provato un’immensa sensazione di gioia. Poi ho pensato di chiamare i miei familiari per tranquillizzarli, considerato che erano trascorse parecchie ore da quando ero uscito da casa».

Inizia così, a dieci ore dalla fine dell’avventura sullo scoglio della Montagna Spaccata, il racconto di Marco Meleleo, l’infermiere di Collepasso prelevato da un elicottero dopo sei ore di rischiosi tentativi, tutti puntualmente falliti. Il cronista lo incontra per strada, mentre, fermo accanto alla sua moto, racconta l’avventura alla sorella.

Lei, al pari degli altri familiari, era stata tenuta all’oscuro di tutto. In effetti, i tre amici con i quali era andato a tuffarsi nelle acque di Lido Conchiglie non avevano informato casa Meleleo della situazione nella quale suo malgrado Marco si era cacciato. L’unico a sapere, ma quando stava ormai calando il sole, è stato il fratello Salvatore, che alla madre aveva raccontato una bugia: «Marco è con me nella casa di villeggiatura a Santa Maria al Bagno».

«Quando siamo scesi in acqua», racconta ora Marco, «il mare era un po' mosso ma dopo una nuotata i miei amici sono tornati a prendere il sole a riva ed io ho pensato di trattenermi per qualche minuto sullo scoglio. Però all’improvviso sono iniziate a giungere le prime onde di una certa importanza, prima da un lato e poi dall’altro ed il mare ha iniziato a gonfiarsi minaccioso. A quel punto, ritenendo che non fosse il caso di tentare la traversata, mi sono spostato sulla parte alta dello scoglio, per stare più al sicuro. Intanto gli amici hanno dato l’allarme».

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Ha avuto paura?

«Paura no. Non nascondo, però, che man mano che il sole tramontava ho iniziato a preoccuparmi. Vedevo, infatti, tutto l’impegno che c'era intorno a me ma avevo difficoltà a mantenere il dialogo con i soccorritori, vigili del fuoco, Guardia costiera, Carabinieri, Polizia e personale del 118, perché il buio non favoriva la gestualità. Poi, non riuscendo a comprendere quale iniziativa avrebbero preso per portarmi a riva, considerato che tutti i tentativi erano falliti, la preoccupazione è cresciuta. Intanto», aggiunge Marco, che è infermiere al Policlinico di Bari, «ho iniziato a sentire freddo e a pensare a mamma che vive sola con me, sperando che nessuno andasse a dirglielo».

Infine, la salvezza. E’ giunta dal cielo ma i ringraziamenti sono per tutti, «in particolar modo per quel vigile del fuoco che ha rischiato davvero grosso per passarmi una cima».

A quando il prossimo tuffo?

«Sarà presto, ma con maggiore attenzione al mutare dei venti».


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Pantaleo Gianfreda