Gli stranieri? Non sono ladri di lavoro.

21 Agosto 2009 Off Di Pantaleo Gianfreda
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 Un rapporto della Banca d'Italia smonta una delle tesi su cui si regge "l'ideologia padana": gli stranieri non rubano il lavoro agli italiani. Anzi: l'ondata migratoria ha aumentato le possibilità di lavoro degli italiani, oltre a sostenere la crescita demografica e il sistema previdenziale. I dati non considerano però il lavoro nero, radicato soprattutto nel Mezzogiorno.

 

Gli immigrati non rubano il lavoro agli italiani: a scardinare definitivamente uno dei cavalli di battaglia del Carroccio è la Banca d'Italia, autorevole fonte economica e non politica. Nel Rapporto sulle economie regionali diffuso e pubblicato martedì 18 agosto, e riferito al 2008, i ricercatori di Palazzo Koch sovvertono gli stereotipi sul rapporto tra lavoro e stranieri: proprio il lavoro degli immigrati favorisce gli italiani più istruiti e la donne.

La presenza straniera in Italia cresce, ma non si traduce in minori opportunità di lavoro per gli italiani, quanto piuttosto in complementarietà: gli immigrati rappresentano soprattutto personale non qualificato e meno istruito rispetto alla media italiana. E, nonostante la crisi, le opportunità per gli italiani laureati e specializzati sembra siano aumentate: l'afflusso di lavoratori stranieri impiegati con mansioni tecniche e operaie «può inoltre aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative, che richiedono qualifiche più elevate, maggiormente rappresentate tra gli italiani».

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Gli stranieri sono soprattutto impiegati nell'agricoltura, nelle costruzioni, nella ristorazione; le tante immigrate badanti permettono alle donne italiane di dedicarsi al lavoro: «la crescente presenza straniera attenuerebbe i vincoli legati alla presenza di figli e all'assistenza dei familiari più anziani, permettendo di aumentare l'offerta di lavoro». Gli immigrati sono anche imprenditori, e in questo caso a caro prezzo: «il costo del credito per le ditte individuali costituite da extracomunitari» è superiore «di circa 60 punti base a quello per le ditte costituite da nati in Italia» afferma il rapporto. «Tutti i tipi di banche praticano tassi di interesse più elevati alle ditte individuali straniere».

Oltre a contribuire all'incremento demografico della popolazione, gli stranieri danno anche un importante sostegno al sistema contributivo: «hanno un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani e redditi da lavoro significativamente inferiori».

Il rapporto segnala anche un dato preoccupante: l'alto abbandono scolastico tra i giovani stranieri: abbandona la scuola 1 su 4 tra i 15 e i 19 anni, il doppio della media italiana. Un dato motivato anche dalla necessità di avere un lavoro per ottenere il permesso di soggiorno, ma che peserà sulle future generazione creando un divario formativo tra italiani e stranieri, invece che favorire l'integrazione. Così come ne potrebbe risentire la partecipazione alla vita sociale dei giovani immigrati.

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Il rapporto presentato dalla Banca di Italia non prende però in considerazione il fenomeno del sommerso, che giustifica una percentuale di occupazione di stranieri più bassa di oltre 10 punti nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord. Nel commentare i dati di via Nazionale, il segretario della Cisl Carmine Crisci sottolinea anche che «solo una piccolissima percentuale di immigrati risulta occupata regolarmente. La maggior parte di loro non è regolarizzata e non lavora in sicurezza».

La presenza di tanti stranieri irregolari o clandestini permette ai datori di lavoro di sfruttare e sottopagare la manodopera e falsa non solo i dati sulla presenza straniera in Italia, ma soprattutto quelli sull'occupazione e sul reddito, straniero ed italiano, con buona pace del fisco.

Eppure le norme recentemente approvate con il contestato pacchetto sicurezza rendono più difficili matrimoni e ricongiungimenti, aumentano gli oneri e le sanzioni per gli stranieri che cercano regolarizzazione, e colpiscono chi trova loro un alloggio. Ma si guardano bene dall'attaccare il lavoro nero.


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