Il dovere della verità.
5 Dicembre 2009Il commento del direttore de "la Repubblica" dopo le rivelazioni del "pentito" di mafia Spatuzza.
Un’aula di tribunale, un criminale mafioso di primo piano oggi "pentito" che accusa il Capo del governo e l'architetto della sua avventura politica di aver messo il Paese in mano alle cosche. Da tempo il Palazzo, già sconvolto da una serie di scosse fuori controllo, non tremava per un colpo così potente e diretto.
Il Paese è sotto choc, incredulo e bisognoso di sapere. I due elementi non possono essere disgiunti. Questa non è infatti la stagione finale dell'andreottismo che si ripete, ma qualcosa di inedito che va in scena, con l'annuncio di un'operazione di disvelamento, che nasce però dal cuore stesso della mafia. Per la prima volta nella storia, i capi storici di Cosa Nostra, murati nei loro ergastoli e nel 41 bis, non scomunicano a morte il "pentito" ma sembrano coprire il suo percorso, come se fosse delegato a parlare con lo Stato.
Davanti a ciò che è accaduto e a ciò che accadrà, occorre responsabilità da parte di tutti. La lotta politica, pienamente legittima nei suoi specifici obiettivi, va disgiunta dalla questione giudiziaria che ha regole sue proprie, fissate dalla legge. Solo così si può accertare la verità: che riguarda non soltanto i tribunali ma la storia di questo Paese, dunque l'opinione pubblica e il suo diritto di conoscere, per poter giudicare.
Il Capo del governo oggi ha il diritto di essere considerato innocente, così come Spatuzza va considerato criminale e "pentito". Saranno i magistrati palesemente "testimoni" e non protagonisti di questa vicenda, come spiega qui Giuseppe D'Avanzo, a vagliare le menzogne e la verità in campo. Solo loro, com'è giusto che sia.
Proprio per questo, il Capo del governo deve mostrare la responsabilità che finora non ha avuto. Deve certamente difendersi con ogni mezzo lecito, ma attraverso il rispetto delle regole di uno Stato di diritto, non contro: perché solo quelle regole garantiscono lui e i cittadini dell'accertamento della verità, nell'interesse generale.
Il comportamento del Premier nel processo Mills è proprio l'esempio contrario, il caso di un uomo potente che manipola la legge a suo esclusivo privilegio, e intanto sfugge con artifici impauriti al calendario delle udienze: e ai suoi doveri di cittadino.
Perché Berlusconi possa far valere le sue ragioni, perché tutti possano sapere la verità, la strada è una sola, in democrazia. Noi cittadini dobbiamo sperare che il Capo del governo possa difendersi da accuse così infamanti. Lui, per la prima volta, deve provare a farlo.