Speciale 8 marzo. Le ferite delle donne

7 Marzo 2009 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Per celebrare la festa della donna, vi propongo un articolo pubblicato sul numero di marzo del mensile dei Padri Comboniani “Nigrizia”: un quadro sulla condizione femminile nel mondo, in particolare sulla mortalità materna in Africa. (p.g.) 

Ogni anno nel mondo muoiono 536.000 madri durante la gravidanza o subito dopo il parto. Metà sono africane. Tante le cause. Che non si risolvono garantendo loro solo la salute, ma anche l’istruzione: una donna istruita è più consapevole dei propri diritti e padrona del proprio futuro

Nella società tradizionale africana, come nell’economia del continente, la donna – specialmente in quanto madre – è ancora al centro della vita e rappresenta il termometro delle condizioni dell’intera popolazione. È quanto emerge dai rapporti di alcune organizzazioni internazionali – Unicef, Unfpa, Oms, Fao – resi pubblici nelle ultime settimane. Nel mese tradizionalmente dedicato alla donna (vedi la ricorrenza dell’8 marzo), analisi e numeri sulla condizione della donna-madre – e, attraverso di lei, di tutta la società – danno da pensare.

Ogni anno nel mondo muoiono 536.000 donne durante la gravidanza o nei primi 42 giorni dopo il parto. Di queste, metà (276.000) sono africane. La cosiddetta mortalità materna è uno degli indici più significativi della condizione della donna, in modo particolare dell’Africa e del sud del mondo. Mentre nelle altre regioni questo tipo di mortalità è andata regredendo, nell’Africa subsahariana i tassi sono rimasti invariati. Ma tenuto conto dell’alta fertilità delle donne africane, questo fa sì che, in cifre assolute, il numero di decessi sia aumentato (Rapporti Unicef e Unfpa).

L’Africa occidentale e centrale hanno il più alto tasso di mortalità materna: per ogni 100.000 bambini nati vivi muoiono ogni anno 1.100 madri, contro gli 820 decessi, in media, per tutta l’Africa, i 450 per il sud del mondo e i 9 per i paesi industrializzati.

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La Sierra Leone è il paese che ha il più alto tasso di decessi materni al mondo: 2.100 su 100.000 nati vivi. Naturalmente, si tratta di medie. Determinate zone possono presentare situazioni ancora più drammatiche: nella provincia dell’Equatoria, in Sud Sudan, i decessi sono 2.337.

Ogni giorno, nel mondo, 1.500 donne muoiono per complicazioni legate alla gravidanza. La maggior parte di questi decessi avviene nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale. Il Niger è il paese dove il rischio di mortalità materna – cioè il rischio che una donna muoia a causa di una gravidanza – è il più alto al mondo: una ogni 7 madri, di fronte a una media di 1 su 76 per il sud del mondo, e di 1 su 8.000 per i paesi industrializzati (1 su 47.600 in Irlanda). 

Da queste cifre si può comprendere perché il divario, in termini di rischio di mortalità materna, tra paesi industrializzati e paesi poveri sia il più ampio al mondo nel campo della salute.

I decessi si verificano per lo più dal terzo mese di gravidanza alla prima settimana dopo il parto. Le cause sono molteplici. Tra le principali: l’insufficienza delle attrezzature disponibili, la scarsità del personale e la mancanza di farmaci, che non consentono di affrontare adeguatamente le complicanze ostetriche. 

Vi sono anche cause indirette, come un’alimentazione squilibrata o comunque insufficiente. Tutte cause che rinviano alla più generale condizione di povertà. L’aumento dei prezzi dei beni alimentari – iniziato nel 2006 e tuttora in atto – ha portato la Fao a identificare nel mondo 22 paesi vulnerabili alla crisi alimentare, tenuto conto anche della loro situazione socio-economica di partenza, come, ad esempio, la presenza di bambini sottopeso o la dipendenza da fattori economici esterni. Di questi paesi, i primi quattro sono tutti africani (Comore, Eritrea, Liberia e Niger). In questo contesto di crisi alimentare, le donne in gravidanza e in allattamento, assieme ai loro neonati, costituiscono la categoria più a rischio di malnutrizione, a causa dei bisogni alimentari che il loro stato comporta. Qualunque intervento mirato ad affrontare l’emergenza dovrebbe prevedere alimenti aggiuntivi per le donne gravide o che allattano. 

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Danni ai figli

Non stupisce che le precarie condizioni delle madri si ripercuotano sulla salute dei figli. Ogni anno, 3,7 milioni di bambini muoiono entro i primi 28 giorni dalla nascita (mortalità neonatale). L’Africa centro-occidentale è la regione dove questo rischio è più elevato: 44 bambini su 1.000 nati vivi, contro 3 su 1.000 nei paesi industrializzati. Il 51% dei bambini che muoiono nel mondo entro i primi 5 anni di vita (4,7 milioni) è africano.

Si potrebbe continuare con altri numeri e altre percentuali. Un elemento, tuttavia, accomuna questi dati: la discriminazione di genere (che si traduce in esclusione sociale) che colpisce le donne, specialmente nei paesi del sud del mondo e in Africa in particolare. Un approccio a questi problemi basato sul rispetto dei diritti umani è, dunque, essenziale per migliorare la salute delle madri e dei loro bambini. 

Si pensi a un diritto fondamentale, come quello all’istruzione. Le bambine hanno migliorato il loro accesso all’educazione di base, ma i divari rimangono elevati in molte regioni, specialmente in Africa centro-occidentale. Purtroppo, questo aspetto viene spesso sottovalutato, mentre per le donne i vantaggi dell’istruzione sono davvero importanti. 

Anche per le ragazze tra i 15 e i 19 anni le principali cause di mortalità sono legate alla gravidanza e al parto (70.000 decessi ogni anno). Più bassa è l’età di una donna al momento del concepimento e maggiore è il rischio per la sua salute. Le ragazze che partoriscono prima dei 15 anni corrono un rischio cinque volte superiore a quello delle donne di oltre 20 anni. E a rischio sono anche i loro figli: un bambino nato da una madre con meno di 18 anni ha il 60% in più di probabilità di morire entro il primo anno di vita, rispetto al figlio di una madre con più di 19 anni. 

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Le donne istruite sono più propense a ritardare il concepimento, a distanziare le gravidanze, a far vaccinare con maggiore regolarità i propri figli e ad avere un’alimentazione più adeguata per sé stesse e i propri figli. L’istruzione è essenziale anche perché le donne abbiano una migliore conoscenza dei propri diritti, e questo accresce la possibilità che esse hanno d’influire sulle decisioni che le riguardano più da vicino. Sono soprattutto africani i paesi in cui sono ancora i mariti a decidere dell’assistenza sanitaria delle loro donne. Solo un approccio “culturale” ai problemi delle donne può consentire di pianificare adeguatamente gli interventi mirati alla loro salute e a quella dei loro figli, evitando di isolarli dal contesto in cui vengono effettuati e, nel contempo, salvaguardando i diritti fondamentali delle donne.


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Pantaleo Gianfreda