Referendum, si vota domenica e lunedì

18 Giugno 2009 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Oltre al ballottaggio per le provinciali, domenica 21 e lunedì 22 si vota anche per i referendum: tre quesiti per cambiare l’attuale legge elettorale. La consultazione, per essere valida, dovrà superare il quorum del 50% degli elettori. Il Pdl lascia libertà di scelta. Il Pd è sul fronte del sì. Fermo sul no l’Idv di Di Pietro. L’Udc di Casini punta a far mancare il quorum. Crocetta sul no anche per i radicali. Tutta la sinistra radicale è favorevole all’astensione. Stessa linea per il MPA di Lombardo e la Destra di Storace.

Domenica e lunedì, oltre che per il ballottaggio per l’elezione del nuovo Presidente della Provincia, si vota anche per il referendum sul sistema elettorale per le politiche. Tre i quesiti sui quali i cittadini sono chiamati a rispondere con un sì o con un no e che sono abrogativi di alcune parti della legge. Gli elettori possono scegliere anche per l’astensione visto che per il referendum abrogativo la Costituzione prevede la necessità che partecipi al voto il 50% più uno degli elettori. Se dovesse passare il sì, la legge sarà immediatamente applicabile. Ecco, in pillole, una guida al voto.

LE DATE – Si vota domenica 21 tra le 8 e le 22 e lunedì tra le 7 e le 15. Gli italiani chiamati a votare sono 47,5 milioni a cui si aggiungono 3 milioni di elettori all’estero.

IL QUORUM – Perchè il referendum sia considerato valido, dovrà aver votato almeno il 50% più uno dei cittadini, cioè più di 25 milioni di italiani. In caso di vittoria del no o non raggiungimento del quorum lo stesso referendum non può essere ripresentato per 5 anni.

SCHEDA VIOLA – La prima scheda, quella viola, riguarda la modalità di elezione della Camera dei deputati. L’attuale legge prevede che il premio di maggioranza (pari a circa il 55% dei seggi e assegnato su base nazionale) vada alla «lista o coalizione di liste» che abbia raggiunto il maggior numero di voti. Il primo quesito chiede di cancellare le parole «o coalizione di liste» attribuendo dunque il premio alla sola lista che abbia ottenuto il maggiore consenso.

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SCHEDA BEIGE – La seconda scheda, quella beige, riguarda l'elezione del Senato. L’attuale legge prevede, infatti, l'attribuzione del premio di maggioranza, su base regionale, alla «lista o coalizione di liste» che ottenga più voti. Anche in questo caso il quesito chiede di approvare la cancellazione della dizione «o coalizione di liste», attribuendo, dunque, il premio solo alla lista che abbia avuto il maggior consenso.

SCHEDA VERDE – La terza scheda, quella verde, interviene sulle candidature per Camera e Senato. E propone di abrogare la possibilità per una stessa persona di candidarsi in più circoscrizioni.

IL COMITATO – Il presidente del comitato referendario è Giovanni Guzzetta, il coordinatore è Mario Segni. Il comitato, nato nel 2007, è composto, da esponenti politici di entrambi gli schieramenti, oltre che intellettuali come Michele Ainis, Augusto Barbera, Gianfranco Pasquino o Angelo Panebianco. Tra gli altri: Gianni Alemanno, Angelino Alfano, Mercedes Bresso, Riccardo Illy, Renato Brunetta, Antonio Martino, Giovanna Melandri, Arturo Parisi, Daniele Capezzone, Stefania Prestigiacomo, Gaetano Quagliariello, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo.

LA STORIA – La raccolta delle firme per la parziale abrogazione dell’attuale legge approvata dal centrodestra verso la fine della XIV legislatura (il 21 dicembre 2005) è iniziata il 24 aprile 2007 e tre mesi dopo, il 24 luglio il comitato le ha presentate in Cassazione. Dopo l’ok della Corte e della Consulta il referendum è stato indetto per il 18 aprile 2008 ma poi rinviato per lo scioglimento delle Camere il 6 febbraio dello stesso anno.

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LE POSIZIONI IN CAMPO – Dal Pdl, che lascia libertà di scelta ma è in gran parte per il sì, all’Idv che voterà no, alla Lega che ha dato indicazione ai propri militanti di non ritirare la scheda: sono variegate le posizioni dei partiti sul referendum elettorale del 21 giugno.

Ecco, in breve, una mappa delle posizioni delle forze politiche sul voto.

PDL – Il Popolo della Libertà non ha dato indicazioni di voto. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che pure andrà a votare sì, ha assicurato alla Lega che non ci sarà campagna elettorale in favore del referendum. Anche il presidente della Camera Gianfranco Fini andrà a votare sì. Nei giorni scorsi il quotidiano online della sua fondazione Fare Futuro, ha pubblicato un editoriale nel quale indicava dieci buoni motivi per votare sì. Diversi esponenti del Pdl, tra l'altro, fanno parte del comitato promotore del referendum. Tra gli altri i ministri Renato Brunetta e Stefania Prestigiacomo e i parlamentari Antonio Martino e Gaetano Quagliariello. Anche il coordinatore del partito e ministro della Difesa Ignazio La Russa andrà a votare sì. Il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto invece non andrà votare. I Popolari Liberali di Carlo Giovanardi si asterranno.

PD – In una riunione della direzione ha deciso di schierarsi per il sì con l’obiettivo che poi in Parlamento venga discussa una più ampia riforma del sistema di voto. Nella tornata di domenica e lunedì, in ogni caso, dà priorità ai ballottaggi. L'ala ulivista chiede invece un maggiore impegno perchè il referendum passi. Nel partito ci sono anche i contrari. Tra questi, Francesco Rutelli e l’ex ministro delle Riforme Vannino Chiti. Alcuni parlamentari hanno tra l’altro presentato delle proposte di legge in Parlamento per il ritorno al Mattarellum.

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LEGA – Contrarissima a un referendum dall’esito fortemente bipartitico, la Lega ha dato ai propri elettori, in particolare quelli che andranno a votare ai ballottaggi, indicazione di non ritirare le tre schede relative ai referendum. Il partito ha chiesto che nei seggi vengano messi dei cartelli per indicare l'opzione dell’astensione, mentre il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha sottolineato la necessità che i presidenti di seggio spieghino che c'è anche questa possibilità di scelta.

IDV – Inizialmente favorevole al referendum, il partito di Antonio Di Pietro dallo scorso maggio si è schierato apertamente contro la legge che uscirebbe in caso di vittoria del sì. L’indicazione dell’Idv è di andare a votare ed esprimersi per il no.

UDC – Il partito di Pier Ferdinando Casini si è da subito schierato per l’astensione con l’obiettivo di far mancare il quorum. La sua tesi è che l’attuale legge uscirebbe di fatto rafforzata da una vittoria del sì.

RADICALI – Forza referendaria per eccellenza, i Radicali, contrari alla legge che emergerebbe se vincesse il sì, hanno formato un comitato per il no: andranno dunque a votare ma metteranno la crocetta sul no.

SINISTRA – Tutta la sinistra, dal Prc al Pdci a Sinistra e Libertà è schierata per l’astensione. DESTRA – Anche la Destra è per l’astensione e propone come modello alternativo a quello dell’attuale legge elettorale quello del sindaco d’Italia.

MPA – Stessa linea anche per il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo che ha dato indicazione ai propri elettori di astenersi o, nel caso di concomitanza con i ballottaggi, di non ritirare le schede dei referendum.


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