Tradizioni e usanze pasquali: “La Curemma”

5 Aprile 2009 Off Di Pantaleo Gianfreda
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imgp6571Un’antica tradizione popolare riproposta dalla Pro Loco. Anche quest’anno l’associazione espone sul terrazzo della sede di via Galliano la “Curemma”, opera di Adolfo Mastria, che l’ha realizzata secondo l’antica usanza e per far conoscere le tradizioni popolari. Una volta, i ragazzi, fermandosi ai crocicchi delle strade, dove c’era la “Curemma”, la insultavano con questa filastrocca: “La Curemma pizzitorta se mangiava la ricotta, e a mie nu’ me’ de’ tese, brutta Curemma te stu’ paese”. Si riporta lo scritto dell'ins. Marzano che descrive la tradizione della "Curemma". (p.g.)

L’uso di esporre in pubblico la cosiddetta “Curemma” a Collepasso era stato interrotto per un certo numero di anni, poi, attualmente ripristinato a cura della Pro Loco e di qualche persona che prova nostalgia per il passato.

La tradizione della “Curemma” risale a molto tempo fa, addirittura a quando non vi era il “Calendario”, che scandiva il tempo nell’arco dell’anno solare.

Perché, allora, la “Curemma”?

Soprattutto per ricordare che la Quaresima è il tempo austero di Penitenza e di Preghiera voluta dalla Chiesa e, poi, per ricordare a tutti i giorni e le settimane mancanti alla Pasqua di Resurrezione.

Infatti, subito dopo il Mercoledì delle Ceneri, le Domeniche mancanti alla Pasqua sono “sette” e i giorni sono “Quaranta”.

La “Curemma” è un fantoccio vestito di nero ed è, secondo un’antica interpretazione, la vedova del Carnevale.

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E’ intenta a filare con una mano la conocchia e nell’altra il fuso al quale sono attaccati “sette taralli” o “sette penne” di gallina indicanti le settimane mancanti a Pasqua e anche il tempo della sua vita.

Ogni Domenica, alla “Curemma” viene tolto un tarallo o una penna, così da contare le Domeniche mancanti alla Pasqua. (Antico Calendario che contava il tempo necessario per giungere alla Domenica di Pasqua).

I ragazzi, fermandosi ai crocicchi delle strade, dove c’era la “Curemma”, scarmigliata e brutta più che mai, la insultavano con questa filastrocca:

La Curemma pizzitorta se mangiava la

ricotta, e a mie nu’ me’ de’ tese,

brutta Curemma te stu’ paese”.

Da qualche anno la Pro Loco, riprendendo la tradizione popolare, espone sul terrazzo della sua sede la “Curemma”, opera della solerte maestria e del diligente impegno di Adolfo Mastria, che l’ha realizzata rifacendosi all’antica usanza.

La “Curemma” è stata presentata per far conoscere sempre meglio le tradizioni popolari ai giovani e ai ragazzi.


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Pantaleo Gianfreda