Dal dietrofront al mercato dei seggi.
5 Settembre 2010Dal video messaggio di Berlusconi ai suoi venditori o promotori arrivano una notizia buona e una cattiva, ma entrambe grottesche. La buona novella è che il premier ha deciso di rinunciare alla legge sul processo breve. La cattiva è che ha deciso di inaugurare un altro fronte in difesa del porcellum elettorale, a lui gradito proprio per questo.
Gli consente, per esempio, di promettere un seggio sicuro ai traditori di Fini, al di là della volontà degli elettori. Un elogio della porcata. Cominciamo dalla buona notizia. Dopo tre mesi sprecati a far barricate in Parlamento, in piena crisi economica, il premier si arrende e annuncia il ritiro del «processo breve». Una «norma giusta e anzi assolutamente doverosa» ha spiegato «che però la sinistra e i suoi giornali hanno fatto diventare uno scandalo». Com'è noto, il principio di non contraddizione è sospeso nel suo caso da molti anni. La verità è che la legge non sarebbe mai passata.
Grazie non tanto alla timida sinistra e a (pochissimi) giornali, ma alla rivolta morale di larghissima parte dell'opinione pubblica. Una rivolta che ha avuto come riferimento non un partito o uno schieramento, ma la Costituzione stessa e il suo custode, il presidente della Repubblica. È la seconda volta, in pochi mesi, che Berlusconi deve accantonare un progetto eversivo per la spontanea ribellione dell'opinione pubblica. Era già accaduto con la legge sulle intercettazioni.
Ogni volta i berluscones hanno ripetuto come un mantra «non ci faremo condizionare o spaventare dalle piazze». Pare invece che siano le sole in grado di condizionarli spaventarli, assai più della incerta opposizione parlamentare. Naturalmente è presto per cantare vittoria. Berlusconi tornerà alla carica con altri lodi, altre leggi ad personam, altri trucchi scaturiti dal cilindro dell'avvocato Ghedini. Ma almeno è scongiurato il rischio di danneggiare decine di migliaia di cittadini per fornire il salvacondotto a uno. Nella guerra fra guardie e ladri i secondi in Italia sono già abbastanza avvantaggiati, anche senza altri regali e condoni.
L'altra notizia, messaggio, pizzino o come si vuole chiamarlo, è indirizzato dal Cavaliere ai possibili finiani di ritorno o riporto. Se insomma torneranno dal padrone, magari con un bastoncino fra i denti, Berlusconi assicura loro un posto garantito nelle liste elettorali. Questo in virtù della legge elettorale, che Berlusconi stesso, due minuti dopo dipinge come un capolavoro di democrazia. Di fronte a uscite come queste si capisce la crisi della satira in Italia. È comunque un merito, da parte del presidente del consiglio, aver illustrato con chiarezza agli italiani perché la legge elettorale va cambiata subito.
Non solo è una legge fallimentare, che ha prodotto finora una legislatura durata appena venti mesi, un'altra già da rottamare e probabilmente, in caso di voto anticipato, ne sfornerebbe una terza destinata a durare pochi mesi. Non solo perché, come ha scritto Giovanni Sartori sul Corriere, con il 30 per cento dei voti un polo potrebbe comunque ottenere la maggioranza assoluta. Ma infine perché consegna nelle mani di quattro o cinque leader di partito il potere di nominare centinaia di parlamentari, trasformando i rappresentanti del popolo in servi agli ordini di un capo.