La rabbia di Mara: “Pdl allo sfascio”.

22 Novembre 2010 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Caso Carfagna: “La misura era colma, non cederò. Torno indietro solo se Silvio mi ascolta”. La rabbia del ministro per le pari opportunità: partito allo sbando, nelle regioni sistemi dittatoriali. “Il Cavaliere dice la cosa giusta: mi sono sempre comportata da signora”.


Un partito “allo sbando”. A metà strada tra i “comitati d’affari” e le “bande di potere”. Questo è oggi il Pdl. Lo è a livello locale, dove comandano “pochi capi con metodi dittatoriali”. Lo è a livello nazionale, dove l’unico capo, Silvio Berlusconi, non sa più comandare. Su questo abisso, politico e morale, ha aperto una finestra Mara Carfagna. Con l’annuncio delle sue dimissioni, mostra agli italiani la nudità del potere e, di riflesso, la caducità del governo.
Nonostante gli attacchi dei nemici, nonostante le pressioni degli amici, il ministro delle Pari Opportunità va avanti per la sua strada: “Non posso cedere – dice – è una questione di dignità”.
Sono ore difficili, per la donna che più di ogni altra ha incarnato a suo tempo l’archetipo femminile del berlusconismo, e che più di ogni altra in questi due anni è riuscita ad affrancarsene. La sua censura contro il Popolo della Libertà non poteva essere più fragorosa. La sua rottura con Berlusconi non poteva essere più pericolosa. Ma la Carfagna non è affatto pentita. “La misura era colma. Ho fatto la mia scelta, e sono obbligata ad andare avanti. Quale sarebbe l’alternativa? Vivacchiare, facendo finta di niente? No, mi dispiace, non mi interessa…”. Dunque, nessuna retromarcia, almeno per adesso. Nemmeno di fronte al ramoscello d’ulivo che ieri gli ha porto il “collega” La Russa, durante una lunga telefonata nella quale ha addirittura ammesso “l’errore di questi mesi, cioè aver lasciato tutte le leve del partito nelle mani di Verdini”. “È vero – chiarisce il ministro – Ignazio mi ha assicurato che tenterà tutte le strade per ricucire lo strappo. Ne prendo atto, e aspetto segnali concreti. Sono pronta a tornare sui miei passi, ma solo a condizione che si affrontino seriamente le questioni che ho posto”. Berlusconi che la liquida come “la signora Carfagna” non è un buon segnale. Ma lei non si sbilancia: “Il presidente non lo interpreto. È stato criptico, ma ha detto la cosa giusta: mi sono sempre comportata da signora, anche in questa vicenda”.
Sono due le “questioni” sul tappeto, così come la Carfagna le riassume, dopo averle spiegate e rispiegate da un anno e mezzo, “anche in modo accorato e a tutti i livelli”, e sia pure senza coinvolgere il presidente del Consiglio “se non in quest’ultimo mese”. La prima questione riguarda i rifiuti. “A Salerno c’è il rischio che il termovalorizzatore non si faccia, a causa dello scontro tra Comune e Provincia. Sarebbe un danno enorme per quell’area. Per questo all’ultimo Consiglio dei ministri ho proposto di affidare le procedure a un commissario, nella persona del presidente della Regione Caldoro”. Ma si sono ribellati Cosentino e Cesaro, i veri ras del partito in Campania, che prosperano sul torbido business dei rifiuti. Di qui la battaglia della Carfagna “per la legalità”. Di qui la sua denuncia sulle “bande di potere che stanno distruggendo il partito”. “Su questo primo punto non scendo a compromessi. In Campania ci ho messo la faccia, con quei 58 mila voti presi alle regionali. Voglio essere a posto con la mia coscienza: se salta il termovalorizzatore, c’è il pericolo che anche Salerno, dopo Napoli, finisca sommersa dai rifiuti…”. Dunque, sui rifiuti la Carfagna non farà retromarce, in assenza di segnali inequivoci dal vertice del partito.
La seconda questione posta dal ministro chiama in causa la “natura” del Pdl. “Io non sto facendo una battaglia contro il partito, ma il fatto è che rischia di esploderci in mano. Io mi batto per un partito vero, autenticamente liberale e democratico, e non usato come uno strumento di potere a vantaggio di pochi capi locali che fanno il bello e il cattivo tempo. Perché questo è l’andazzo. A livello regionale e provinciale, il partito è governato con sistemi dittatoriali. Ed è chiaro che su questo c’è stata una sottovalutazione, se non un avallo, a livello nazionale…”. La Carfagna parla di cose vissute in prima persona. Ai suoi racconta spesso di come, in questi mesi, non sia stata neanche invitata alle riunioni dei parlamentari campani. Di come, qualche volta, siano state addirittura “sostituite le date delle convocazioni via Internet”. Di come a Salerno sia stata costretta ad aprire una segreteria politica a sue spese, perché il partito non le ha messo a disposizione nulla. Verdini le ha chiesto: “Mara, cosa vuoi? Più uomini in giunta? Io te li do…”. Senza capire che il suo problema non è questo. “Io voglio prima di tutto rispetto. Voglio che le cose che dico siano ascoltate. E invece vengo delegittimata. Perché ci sono altri che “contano”. Perché sono donna, e vorrei vedere cosa sarebbe accaduto se le stesse questioni le avesse sollevate un uomo…”. Ma questo, oggi, è il Pdl. “A me non sta bene. La guerra per bande non porta da nessuna parte. È ora di “normalizzare” la vita del partito”.
Se il Cavaliere ascolterà, lei è anche pronta a rientrare nei ranghi. “Non voglio la rottura a tutti i costi. Sono disponibile a ricucire, purché però arrivino risposte concrete”. E queste risposte, ormai, le può e le deve pronunciare solo il premier, e nessun altro. “Vedremo. Io sono scesa in politica con Berlusconi, e sono diventata parlamentare e ministro grazie a lui. Per questo ho annunciato che voterò la fiducia il 14 dicembre. Ma a questo punto Berlusconi deve dare un segnale chiaro e forte. Sul governo lo sta già facendo. Ora tocca al partito, che ne ha altrettanto bisogno…”. C’è chi pensa che il ministro abbia in testa un aut aut, da porre al Cavaliere: o io, o Cosentino. Lei non lo dice espressamente. È chiaro che il taglio netto di questo nodo gordiano in Campania risolverebbe tutti i problemi. Ma è altrettanto chiaro che il premier non può sottrarsi al potere di ricatto che questo “cacicco”, inquisito per camorra, esercita su di lui e sul suo partito. Dunque, tagliare il nodo non sarà facile. Ma proprio per questo la Carfagna non cede, almeno per adesso. Certo è amareggiata sul piano personale: per gli attacchi che subisce per i suoi rapporti con Italo Bocchino (“l’amicizia viene prima della politica”, dice) e per le volgarità che patisce da gente come la Mussolini (“A lei non rispondo più, non vale la pena”, aggiunge). Ma è anche preoccupata sul piano politico: se continua così, “il Pdl si sfascia, perde consensi, in Campania rischia di perdere le prossime elezioni amministrative”. E sarebbe sbagliato anche illudersi che l’unico fronte di guerra sia solo la Campania. “Il malessere è ben più diffuso. Basta parlare con tanti nostri parlamentari, per rendersene conto”.
Ma a proposito della sua regione, il ministro delle Pari Opportunità ci tiene a chiarire un ultimo aspetto, che riguarda il suo prossimo futuro, la sua ipotizzata candidatura a sindaco di Napoli, il suo passaggio ipotetico nelle file di Fli o di Forza del Sud. “Non sono candidata a nulla, in questo momento. Non sto per trasmigrare da nessuna parte, meno che mai in Futuro e Libertà. Ho annunciato che mi dimetto da tutti gli incarichi proprio per questo. Io non tradisco nessuno. Ma a questo punto non voglio esser più tradita dal partito nel quale ho militato, e nel quale ho creduto”.

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Pantaleo Gianfreda
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