Rinnovabili, 2 miliardi in 4 anni. Puglia capofila del programma POI.

6 Febbraio 2010 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Quello che emerso ieri mattina dalla conferenza di lancio (o ri-lancio) del Poi (Programma operativo interregionale per le energie rinnovabili e il risparmio energetico) è che, a voler utilizzare in maniera intelligente le risorse a disposizione, nel Sud baciato dal sole e dal vento ce n’è di che fondare e diffondere un nuovo sistema di sviluppo industriale: quello dell’efficienza e della produzione di energia.

La polemica delle scorse settimane aveva insinuato l’idea che la battaglia per la conquista della regione Puglia fosse la battaglia per mettere le mani sull’Acquedotto pugliese. Ma a giudicare dalle somme in gioco (complessivamente quasi 2 miliardi di euro fino al 2013 da dividere tra le quattro regioni dell’obiettivo convergenza, ovvero Calabria, Sicilia e Campania oltre alla Puglia), la partita delle energie non è affatto da meno.

Quello che emerso ieri mattina dalla conferenza di lancio (o ri-lancio) del Poi (Programma operativo interregionale per le energie rinnovabili e il risparmio energetico) è che, a voler utilizzare in maniera intelligente le risorse a disposizione, nel Sud baciato dal sole e dal vento ce n’è di che fondare e diffondere un nuovo sistema di sviluppo industriale: quello dell’efficienza e della produzione di energia.

Un obiettivo che si gioca anche in termini di credibilità visto che non c’è probabilmente argomento più ghiotto da utilizzare per quanti portano avanti la battaglia dell’affrancamento del Sud dalle strategie di sviluppo incentrate su modelli rivelatisi vincenti solo per il Nord. «È tempo di voltar pagina per questa parte di Europa – ha detto il presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, aprendo i lavori della conferenza interregionale – Il Sud non può immaginare più il proprio sviluppo come una permanente rincorsa a quello del Nord ma deve cogliere le opportunità, come queste offerte dal Poi Energia, che ci parlano un Mezzogiorno d’avanguardia».

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Il Poi è un programma che vede insieme la Commissione europea e il governo italiano attraverso la direzioni generali competenti dei ministeri allo Sviluppo economico e all’Ambiente. Alla Puglia è stato affidato il ruolo di Autorità di Gestione.

«Vogliamo – ha spiegato Vendola – ripensare la programmazione urbana basandola sul paradigma dell’energia rinnovabile. Vogliamo accompagnare la ricerca verso nuove frontiere, come quella dell’energia mista eolico-solare. Vogliamo – ha aggiunto – scelte di politica industriale in grado di chiudere il ciclo dell’intera filiera sui nostri territori. E quindi ha aggiunto: «Finanziare sistematicamente processi di autoproduzione energetica per i produttori agricoli significa andare incontro a due risposte, quella del non inquinare e quella del produrre ricchezza in forme nuove. Voglio sviluppare al massimo grado le energie rinnovabili senza immaginare che possano essere un’attività economica sostitutiva del ciclo agroalimentare, che va salvaguardato e difeso. Per questo abbiamo anche promosso vincoli per le biomasse dando vita alla legge più restrittiva in Italia sulla materia prima delle centrali che va reperita entro i 70 chilometri dal sito. Purtroppo anche in questo caso il governo Berlusconi ha impugnato la nostra legge».

La conferenza sul Poi è arrivata nel pieno della polemica in atto sulla ripresa del programma nucleare da parte del governo nazionale che si appresterebbe, la settimana prossima, a varare un provvedimento con i criteri per l’individuazione dei siti nei quali installare le centrali. Vendola è convinto, forse proprio in ragione del silenzio del governo, che uno di questi siti sia in Puglia.

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Del fronte di chi si oppone alla nostra regione come localizzazione per il nucleare, fa parte anche la senatrice (ex An), leader di Io Sud e ora candidata alla presidenza della regione con l’appoggio dell’Udc, Adriana Poli Bortone. «Noi di Io Sud – dice – sia in Parlamento che in consiglio provinciale ci siamo dichiarati contrari al nucleare in Puglia. Pima di pensare a legiferare solo sul federalismo fiscale, il governo avrebbe dovuto definire le funzioni e le competenze di Regioni e Enti Locali».


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Pantaleo Gianfreda