Fabrizio Piepoli e Irene Ester Leo al Fondo Verri per “Le Mani e l’Ascolto”

27 Dicembre 2010 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Martedì 28 dicembre, ore 20.30, Lecce, via Santa Maria del Paradiso n. 8

 
Seconda serata de “Le Mani e l’Ascolto”, al Fondo Verri di Lecce (via Santa Maria del Paradiso n. 8 – centro storico), martedì 28 dicembre, dalle 20.30, in scena “Il cedro e la rosa” concerto in solo di Fabrizio Piepoli, voce, pianoforte, chitarra, santur, live electronics e la poetessa Irene Ester Leo che legge dal suo “Una terra che nessuno ha mai detto” (Edizioni della sera). 
Fabrizio Piepoli “insegue la luce meridiana, armandosi di testi di ampia sensibilità e ricordando con devozione figure inscalfibili come Amália Rodrigues. Anzi, la passione per il fado, per la musica popolare lusitana, gli permette di aprire il concerto proprio con uno spartito in portoghese. Idioma che alternerà, tra le altre proposte, ad un’ave maria siriana, a un canto sefardita e a un ricordo di Giuni Russo. “Per Rosa”, invece, è un omaggio alla siciliana Rosa Balistreri”.  
“Una terra che nessuno ha mai detto”, di Irene Ester Leo non è solo un libro di poesia ma, una forte impellenza, quasi fuori controllo, che lascia sbocciare tra le righe, l’animo umano ed il suo specchio… acceso di notevoli contrasti che oscillano tra rovi e beatitudine e che cercano un nome. «Forte è il legame con la dimensione dell’origine, con la terra. La parola è solida, terrestre, precisa; la poetessa nomina con esattezza e cura la natura e il quotidiano in una sorta di mistica del concreto, in cui si confondono rilkianamente il terreno e l’ultraterreno», scrive Andrea Leone, nella prefazione al testo, evidenziando chiaramente in questo suo passaggio la chiave di volta strutturale di questi versi.
Irene E. Leo (scrive Davide Rondoni su IL Sole 24 Ore del 24 ottobre 2010) ha l’amorosa violenza di ricordarci la pasta di cui siamo fatti, come in questi bei versi: ” Le mani aprirono piano i pugni /divergendo dalla materia…E poi lo specchio degli occhi raccolse il senso / donando agli alberi costruiti radici verso l’alto. Là presi dimora.”

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Pantaleo Gianfreda
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