Decreto Rinnovabili. Governo diviso, si tratta. Il testo sarà modificato.
2 Marzo 2011Spread the love
Travolto dalla mobilitazione delle associazioni di categoria e incalzato dalla collega Prestigacomo, il ministro Romani pronto a rivedere le norme “ammazza-fotovoltaico”. Via il limite degli 8 mila MW
Dietro l’apparente fermezza del governo nel portare avanti il decreto ammazza-rinnovabili si inizia in realtà a cogliere qualche segnale di ripensamento. Al pre-consiglio dei ministri svoltosi ieri sera il ministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani ha presentato lo stesso identico testo 1 che ha scatenato preoccupazioni e proteste sia da parte delle associazioni ambientaliste che degli operatori di categoria. Una norma che come più volte denunciato nei giorni scorsi rischia di uccidere sul nascere il neonato e promettente comparto italiano della green economy, mettendo in pericolo decine di migliaia di posti di lavoro.
Malgrado questa presunta spavalderia, diversi osservatori colgono però avvisaglie di cedimento e indiscrezioni danno il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il mediatore di mille contenziosi, già al lavoro dietro le quinte per raggiungere un’intesa di compromesso in vista del Consiglio dei ministri di giovedì o venerdì prossimi, in caso di un possibile slittamento. A sorprendere Romani, facendone vacillare le certezze, sarebbe stata innannzitutto l’ampiezza del fronte sceso in campo per difendere la politica di incentivi alle rinnovabili. Pur auspicando ritocchi e ripensamenti, a mobilitarsi contro l’insensato brusco stop alle norme che favoriscono lo sviluppo di eolico e fotovoltaico sono stati non solo i soliti ecologisti, ma sindacati, confederazione dell’artigianato, associazioni di piccole e medie imprese e un vasto tessuto produttivo la cui esistenza era stata ignorata o sottovalutata. Un tam tam di petizioni, appelli e lettere aperte che nelle ultime ore si è riversata su internet, finendo per intasare anche le caselle di posta elettronica del ministero. Dimostrando, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che ormai si tratta di una vicenda prevalentemente economica. “Sono ancora in corso riunioni tra il ministero dell’Ambiente ed il ministero dello Sviluppo economico per mettere appunto un testo condiviso”, ha ammesso oggi il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo.
A fare da sponda a questo movimento di pressione è stato poi finalmente proprio il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, ieri ricordando a Romani che “la bolletta energetica degli italiani non è più elevata che altrove per gli incentivi alle rinnovabili”. “Gli incentivi per il solare – ha sottolineato – pesano sulla bolletta meno che il Cip 6 ed il decomissioning nucleare. In Germania gli incentivi per le rinnovabili arrivano ad incidere sulla bolletta fino al 10% da noi fra il 3 e il 5%”. Ma quello della Prestigiacomo pare non sia l’unico malumore presente nella maggioranza. A dire la sua sarebbe stato anche il ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan, preoccupato sì di tutelare le campagne da una possibile invasione di pannelli solari, ma anche di evitare la prematura morte del promettente settore delle agro-energie legato alle biomasse. Inoltre diversi parlamentari, anche del Pdl, non avrebbero preso bene la scelta di Romani di buttare via tutto il lavoro fatto sino ad oggi nelle commissioni con audizioni e stesure di varie proposte, procedendo d’autorità in maniera unilaterale.
Alla fine, stando alle indiscrezioni, nei tavoli tecnici avviati in queste ore sarebbe stata raggiunta una prima ipotesi di intesa. Gli incentivi del terzo conto energia non cesserebbero automaticamente al raggiungimento dell’obiettivo degli 8 mila MW installati, fissato in un primo momento per il 2020, ma già a un passo dal raggiungimento. Una volta ottenuto quel risultato si tratterebbe piuttosto di ridiscutere come ridurre ulteriormente, ma gradualmente, gli incentivi. A tutela dell’agricoltura verrebbe invece inserita una norma che fissa distanze minime tra diversi impianti a terra e un limite del 10% della superficie utilizzabile all’interno di una tenuta per lo sfruttamento dell’energia solare.
A rendere più difficile la posizione di Romani anche l’uso disinvolto fatto ieri dal responsabile dello Sviluppo Economico sui numeri dei costi delle rinnovabili. “Romani mente sapendo di mentire – denuncia il deputato del Pd Ermete Realacci – se afferma che gli incentivi alle rinnovabili sono costati agli italiani 20 miliardi di euro tra il 2009 e il 2010. La grandissima parte di queste risorse non ha nulla a che vedere con le fonti rinnovabili: negli anni passati abbiamo speso tra i 40 e i 50 miliardi di euro per finanziare i combustibili fossili e la chiusura del vecchio nucleare”. E a fare le pulci alle affermazioni di Romani è oggi anche Massimo Sapienza presidente di Asso Energie Future. “Sul prezzo dell’elettricità casalinga – osserva – gravano costi poco noti che potrebbero essere tagliati. Tra gli altri, quelli del servizio di interrompibilità: è uno sconto concesso a 120 grandi utenti, quasi tutti acciaierie, per la disponibilità a interrompere il loro carico di energia con un preavviso breve in caso di picco. In cambio di questa disponibilità, quasi sempre teorica, gli industriali dell’acciaio incassano 120 milioni di euro l’anno: un regalo da un milione di euro a industria. Perché sacrificare le famiglie e girare i finanziamenti a 120 industrie?”.
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