E sul Tg1 va in onda l’intervista brezneviana.

3 Febbraio 2011 Off Di Pantaleo Gianfreda
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C’era una volta il videomessaggio a reti unificate, con librerie di scena e telecamere velate. Oggi anche Berlusconi s’è adeguato ai tempi: gli bastano quattro minuti all’apertura del Tg1. Un Tg1 al cui confronto il mitico telegiornale Vremia dell’era brezneviana brilla ormai per indipendenza, autonomia e spirito critico. Chi ha visto ieri sera l’edizione delle 20 ha assistito a un evento scientificamente rilevante, una mutazione genetica in diretta televisiva: il videomessaggio con intervistatore embedded.


Nel pieno di una tempesta che sta squassando la sua maggioranza, mettendo in pericolo il passaggio del federalismo fiscale e la stessa sopravvivenza del governo, nel bel mezzo di una bufera giudiziaria che vede il presidente del Consiglio indagato per reati infamanti, nel cuore di uno scandalo senza precedenti sugli eccessi imbarazzanti della sua vita privata, il principale telegiornale del servizio pubblico ottiene una “intervista esclusiva” con Berlusconi, la mette in cima al suo menù dell’ora di cena, la annuncia con toni emozionati nei titoli di testa, e poi cosa gli va a domandare l’intervistatore presidenziale? La verità sui cinque milioni promessi a Ruby, già “nipote di Mubarak” prima della rivolta del Cairo? La sua versione sul giro di denaro e di regali alle disponibili signorine del residence Olgettina? La sua linea di difesa al processo che lo aspetta a Milano? Macché. Il telegiornalista Renzulli, evidentemente appena tornato da un lungo viaggio nel pianeta Papalla, gli fa i complimenti per i brillantissimi risultati ottenuti dal governo italiano nel contenimento dei conti pubblici, la cui eco - ci informa con un sussurro zelante - si è ormai diffusa in tutta l’Europa.
Dopodiché indossa la maglia della mezzala di complemento e invece di fargli non diciamo delle contestazioni, ma anche solo delle garbate domande, fa partire verso il premier uno dietro l’altro dei passaggi sotto rete, degli assist imbarazzanti a porta vuota, fino a raggiungere l’apice con un quesito con risposta incorporata: “Dietro il no dell’opposizione, secondo lei, aleggia il partito della patrimoniale, la vecchia ricetta che per risolvere i nodi della nostra economia punta sempre sulla scorciatoia dell’aumento della pressione fiscale?”.
A una simile domanda, perfetta nella sua efficacia propagandistica, il presidente del Consiglio avrebbe potuto limitarsi a rispondere, annuendo con soddisfazione: “È proprio così, amico mio, vedo che lei ha capito tutto”. E invece, nel generoso intento di corroborare con parole sue la tesi così splendidamente esposta dallo sparring partner speditogli dall’amico Minzolini, Berlusconi ci ha spiegato che lui sta facendo i conti con un debito pubblico che “dal 1980 al 1992”, è stato moltiplicato “otto volte” dai governi di allora, “con i comunisti in primo piano”. Ed è stato a questo punto che è venuta a galla la classe, l’eleganza, lo stile del buon Renzulli. Un altro gli avrebbe domandato: scusi, sta parlando dei governi dei suoi amici socialisti e democristiani, quando il Pci stava all’opposizione? E invece lui, che è un artista dell’intervista senza domande, non ha voluto inquinare quel momento con un’obiezione, un “ma” o un sopracciglio inarcato. E ha infiocchettato con il suo sorriso rassicurante il pacco regalo del videomessaggio presidenziale, che il “direttorissimo” s’è incaricato di consegnarci giusto in tempo per l’ora di cena.

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Pantaleo Gianfreda
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