La difesa del bene comune.

25 Gennaio 2011 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Nel discorso di ieri, atteso dall’Italia con un interesse forse mai avuto prima per le parole di un Presidente della Cei, il cardinal Bagnasco ha disposto le artiglierie, ha caricato i proiettili, ha puntato nella direzione giusta. E ha iniziato a colpire con parole infuocate come non era mai accaduto prima i comportamenti del capo del governo, andando ad affiancare le sue critiche a quelle espresse in precedenza dal Presidente della Repubblica e dal Presidente degli industriali. Quando però è stato il momento di compiere la missione fino alla fine, il cardinale ha rivolto le sue armi altrove. Il risultato, quest’oggi, è che tutti possono dire che sono contenti, persino i sostenitori del governo, per una situazione analoga a quella del dopo-elezioni quando nessuno dice di avere perso. La gerarchia cattolica aveva l’occasione di aiutare gli italiani a fare chiarezza per uscire da una situazione che li rende ridicoli al mondo e peggio ancora a se stessi, ma non è stata capace di portarla avanti fino in fondo, immolandola sull’altare della diplomazia.

 
Bagnasco ha esordito parlando di “nubi preoccupanti che si addensano sul nostro paese”, ha continuato con la “perversione di fondo del concetto di ethos”, ha detto che “a vacillare sono i fondamenti stessi di una civiltà”, ha proseguito con il “consumismo” e la “cultura della seduzione” da cui scaturiscono una “rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé” con il risultato di un “disastro antropologico”. Quando poi è giunto a toccare la più stretta attualità ha parlato di “debolezza etica” e di “fibrillazione politica e istituzionale”, ha ricordato che “si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza”, e infine ha ricordato l’art. 54 della Costituzione che sottolinea il dovere per chi governa di misura, sobrietà, disciplina e onore. Insomma un’analisi limpida e forte, a tratti severa, come si conviene al momento drammatico del paese.
Ma alla fine è mancato il coraggio di andare fino in fondo nel combattere i mali evocati, ha vinto la diplomazia e ha perso la profezia. Infatti dopo tutte queste analisi all’insegna della chiarezza evangelica, il cardinale ha girato le artigliere dall’altra parte puntandole verso i magistrati milanesi e ha proclamato in perfetto stile curiale, e non senza una sottile sfumatura di ambiguità per l’uso del pronome indefinito: “… mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine”, col risultato, per Bagnasco, che così si passa “da una situazione abnorme all’altra”. Ovvero: il capo del governo ha torto, ma i magistrati non hanno ragione, esagerano.
Sia chiaro che nessuno si aspettava scomuniche, ma che almeno quello “scatto di coscienza e di responsabilità” che lo stesso cardinale chiede agli italiani fosse mantenuto con coerenza fino in fondo sì. Nel discorso di qualche giorno fa al Corpo diplomatico il Papa ha detto della minaccia costituita da alcuni programmi di educazione sessuale nelle scuole. Senza entrare nel merito, chiedo che cos’è un’ora scolastica di educazione sessuale rispetto alle notizie che ogni giorno entrano nelle case con tutti i sexy-gate che periodicamente ricorrono in questa colossale permanente maleducazione sessuale e antropologica, che ora si chiama Ruby ora in molti altri nomi, ma il cui vero nome è “Legione” come rispose l’indemoniato a Gesù: “Mi chiamo Legione perché siamo in molti” (Vangelo di Marco 5,9). La Chiesa poteva contribuire a far sì che chi vuole godere di questa compagnia lo faccia pure giorno e notte quando e come vuole ma senza coinvolgere la politica e la vita degli italiani, ma non ha avuto il coraggio per andare fino in fondo.
La Chiesa, è noto, ha una lunga storia con il tema prostituzione, ben prima della comparsa di tutte queste signorine nelle ville del capo del governo. Dalle prime pagine della Bibbia alla genealogia di Gesù, dalle parole evangeliche “le prostitute vi passeranno avanti nel regno dei cieli” all’appellativo patristico sulla Chiesa casta meretrix e alle parole di Dante che accusano i papi di “puttaneggiar coi regi”, la prostituzione ha sempre accompagnato il cammino del cristianesimo. Nulla di strano, perché ha sempre accompagnato il cammino dell’umanità. Quindi nessuno si aspettava che il cardinal Bagnasco si stracciasse le vesti scandalizzato. Ma tra lo scandalo di un Savonarola e le parole di biasimo in sé giuste rese però innocue dal biasimo riversato sui magistrati per il troppo zelo, c’è una bella differenza.
So bene che vi sono legittimi interessi dell’istituzione Chiesa da salvaguardare come i finanziamenti alle scuole cattoliche, le esenzioni delle tasse per gli edifici ecclesiastici, la battaglia parlamentare sul biotestamento e materie similari. Ed è giusto che il presidente della Cei tenga conto di tutto ciò. Ma vi sono dei momenti nei quali bisogna guardare davvero unicamente al bene comune, momenti nei quali chi sta in alto si ritrova solo, ed è chiamato a responsabilità profetiche e morali senza poter coniugare tutti gli interessi in gioco. Ieri la gerarchia della Chiesa italiana era in questa situazione. Le parole di Bagnasco sono state per molti tratti un buon esempio di cosa significa parlare di politica senza fare ingerenze partitiche, perché la nostra situazione non è più questione di destra o di sinistra ma solo di decenza e di dare un governo vero a un paese che ne ha urgente bisogno. Alla fine però ha ceduto alla diplomazia, ha usato il bilancino che le consente di avere tutti i forni sempre aperti. E così il sale evangelico ha perso ancora un po’ del suo sapore.

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Pantaleo Gianfreda
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