Referendum. Napolitano:«Farò il mio dovere da elettore».

7 Giugno 2011 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Si parla spesso di “diritto di voto”, piuttosto che di “dovere di voto”. A ricordare agli italiani che lo strumento democratico per eccellenza del nostro ordinamento giuridico ha due facce, appunto quella del diritto ma anche quella del dovere, ha provveduto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

 
Ai cronisti che, al termine del convegno “Cavour e l’Unità italiana”, incontro realizzato nell’ambito dei festeggiamenti per i 150 anni della nascita dello Stato, coincidenti con il medesimo anniversario della morte del grande statista piemontese Camillo Benso, gli chiedevano se domenica si sarebbe recato alle urne, Napolitano ha risposto: “Io sono un elettore che fa sempre il suo dovere”.
Parole semplici che rivelano l’adesione incondizionata ai principi fondanti di uno Stato di diritto, quelle pronunciate dal Presidente della Repubblica, rispettoso fino in fondo delle istituzioni del suo Paese e delle sue leggi. L’articolo 48 della Costituzione infatti, non termina con il comma “il voto è personale, uguale, libero e segreto” ma prosegue con “il suo esercizio è dovere civico”.
Un dovere il cui mancato esercizio per più di una tornata elettorale fino a pochi anni fa poteva essere sanzionato: l’articolo 115 del d.p.r. 361 del 1957 prevedeva la menzione “non ha votato” nel certificato di buona condotta di coloro che, pur essendo iscritti alle liste elettorali di un Comune, non esercitavano il diritto/dovere di voto. Sanzione di cui si teneva conto in sede di partecipazione ai concorsi pubblici. Nel 1993 questa norma è stata abrogata dal d.lgs. 543.
Terminato l’incontro nella Sala della Lupa di Montecitorio, Napolitano si è fermato a colloquio con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, per intrattenersi successivamente anche con il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini.

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Pantaleo Gianfreda
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