Riforme e credibilità.

3 Febbraio 2011 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Prendiamo sul serio il Presidente del Consiglio quando annuncia che intende finalmente occuparsi dell’economia, della crescita e della necessità di dare la scossa ad un sistema bloccato. Sarebbe ora, dopo che da mesi e mesi l’esecutivo è prigioniero nel bunker del suo presidente, e non produce né politica né governo.

 
Il problema è proprio qui. Berlusconi non è riuscito in due anni a fare le riforme che aveva promesso e non ci è riuscito quando aveva una maggioranza enorme, una leadership indiscussa, l’autorità politica intatta del vincitore alle elezioni. Pretende di fare quelle riforme oggi, quando ha una maggioranza affidata ai saldi di stagione, una leadership contestata, e ha perso ogni autorevolezza per gli scandali che non sa spiegare e giustificare, se non con le menzogne.
Ora possiamo anche discutere dell’articolo 41 come se fosse il principale problema del Paese, e possiamo far finta di non ricordare che il piano casa è stato annunciato già tre volte a vuoto, e il piano per il Sud almeno due. Ma come si può “tornare alla politica”quando poche ore prima il Premier denuncia come “invenzioni” le accuse della Procura di Milano, quando il suo Guardasigilli è impegnato a costruirgli l’ennesima scappatoia ad personam dai processi, quando lo stesso Capo del Governo annuncia il suo vero programma: “punire i magistrati”?
Un ritorno alla politica è utile, un piano per la crescita è necessario. Ma la politica è credibile quando le istituzioni sono credibili. Berlusconi dimostri finalmente che la legge è uguale per tutti, e si difenda davanti ai magistrati, senza criminalizzarli. Altrimenti, è lecito pensare che il suo piano economico è un diversivo per sfuggire a uno scandalo che lo sovrasta, perché non può dire la verità agli italiani.

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Pantaleo Gianfreda
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