Un Paese senza guida.

5 Settembre 2011 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Un Paese senza governo e senza guida. Nel mezzo di una crisi di sfiducia politica e istituzionale, che evoca quella dei primi anni Novanta. Con l’aggravante che non si vedono sbocchi e scarseggia la speranza. È l’immagine senza luce che emerge dal sondaggio dell’Atlante Politico di Demos condotto nei giorni scorsi su un campione rappresentativo della popolazione nazionale.

 
 
1. Un Paese senza governo. Le stime elettorali confermano il declino dei partiti di maggioranza. Il PdL scende al 25,5%. Ma, rispetto a giugno, cala anche la Lega (sotto il 10%), che non riesce più a fare l’opposizione di governo. Insieme, PdL e Lega, secondo le stime di Demos, raggiungerebbero poco più del 35%. Meno di quanto ottenne da solo il PdL nel 2008. Nove punti percentuali meno dell’asse di Centrosinistra: PD-IdV-SEL. D’altra parte, circa metà degli elettori prevede che una coalizione di Centrosinistra guidata dal PD di Bersani vincerebbe le elezioni. Quasi il doppio di chi, invece, scommette sul successo del Centrodestra guidato da Berlusconi. Il declino del berlusconismo sembra ormai di “senso comune”.
2. Un Paese senza guida. E senza “guide”. La Seconda Repubblica, ispirata da Berlusconi, è fondata sui “partiti personali” – e comunque, personalizzati. Ma le “persone” che “guidano” i partiti di governo – e il governo – dimostrano un serio deficit di consenso. Anzitutto i Capi. Berlusconi
e Bossi, entrambi in fondo alla graduatoria dei leader, compilata in base al giudizio degli elettori. Poco più del 20% degli italiani (compresi nel campione) attribuisce loro la sufficienza. Alfano, segretario del PdL per volontà di Berlusconi, raggiunge il 30%, ma cala di tre punti e mezzo rispetto a due mesi fa. Resta Tremonti, cardine del governo e guida dell’economia nazionale, ma anche il vero “oppositore” interno di Berlusconi. Oggi ottiene la fiducia di circa il 38% degli elettori, cioè: circa 17 punti meno di due mesi fa. Un vero crollo. Prodotto dal disorientamento suscitato dalla manovra finanziaria, non solo dolorosa, ma soprattutto confusa – riveduta e corretta di giorno in giorno. Un crollo. Accentuato dal discredito sollevato dallo scandalo che ha coinvolto il suo sottosegretario Milanese. Di cui era “inquilino” (in nero). Da ciò la perdita di legittimazione “personale” sui mercati e presso le istituzioni internazionali. Ma anche nell’opinione pubblica nazionale. Maggioranza e governo appaiono, così, senza guide e riferimenti.
3. Oggi, d’altronde, quasi otto italiani su dieci affermano che il governo non ha mantenuto le promesse. Lo pensa anche la maggioranza dei leghisti e quasi metà degli elettori del PdL. Sette elettori su dieci, inoltre, considerano la manovra finanziaria negativamente. Iniqua, a spese soprattutto dei pensionati e dei dipendenti pubblici. Mentre metà degli italiani la giudica un ostacolo all’attuazione del federalismo.
4. Un Paese senza governo e senza guida. Che, tuttavia, non sembra disporre di alternative credibili. Certo, se si votasse oggi, secondo le stime di Demos, il Centrosinistra prevarrebbe nettamente. Ma il giudizio degli elettori sull’operato dell’opposizione risulta anche peggiore di quello verso il governo. Quanto ai leader, il consenso nei confronti di Bersani e Vendola appare in calo, negli ultimi mesi. Il segretario del PD è danneggiato dalle inchieste sulla corruzione che hanno coinvolto Penati, ma anche Tedesco. Figure importanti nell’ambito del partito. Non solo a livello locale.
5. L’opposizione sociale, interpretata dallo sciopero generale di domani promosso dalla CGIL, in effetti, divide il Paese. Circa metà degli italiani non è d’accordo. Ma il 45% si dice a favore. Nel centrosinistra, comunque, il consenso appare ampio. Sei italiani su dieci, peraltro, sostengono che non parteciperebbero a una manifestazione contro le politiche economiche del governo. Nonostante non le condividano. Per timore, presumibilmente, di drammatizzare la situazione del Paese. Il che conferma la difficoltà di fare opposizione senza un governo di fronte, in questi tempi di crisi.
6. Non è un caso che il solo leader che abbia visto crescere la fiducia personale, negli ultimi mesi, sia Antonio Di Pietro. Oggi risulta il più “stimato” dagli elettori e il suo partito sembra averne beneficiato notevolmente. Due le ragioni principali del favore per Di Pietro. A) È ritenuto fra i protagonisti del successo del Centrosinistra alle amministrative dello scorso maggio e del grande risultato ottenuto dai referendum di giugno. B) La sua identità richiama la stagione di Tangentopoli, di cui è stato e resta la “figura simbolo”.
7. L’analogia con gli anni di Tangentopoli appare, infatti, molto stretta agli occhi degli italiani. Quasi metà degli intervistati ritiene che oggi la corruzione politica sia altrettanto diffusa rispetto ad allora. Un ulteriore 36% la considera perfino cresciuta. Due italiani su tre, peraltro, ritengono che nessuno, da destra a sinistra, possa rivendicare una “diversità” etica.
Da ciò la profonda differenza rispetto alla stagione di Tangentopoli. Allora, mentre crollava il Muro, insieme alla Prima Repubblica, era diffusa la convinzione che ci attendeva un futuro migliore. Che il cambiamento avrebbe fatto bene al nostro sistema politico malato e alle nostre istituzioni, inadeguate. Inoltre, in quegli anni erano presenti soggetti e riferimenti importanti – nuovi e meno nuovi. La Lega, Berlusconi, i magistrati. In seguito l’Ulivo di Prodi. Oggi non è così. Dietro alla crisi si stenta a vedere la luce. Il Movimento invisibile e reticolare, emerso nei mesi scorsi, ha espresso una domanda di cambiamento, fin qui ancora in attesa di rappresentanza. Mi pare difficile che possa venire soddisfatta dai nomi che circolano in questi tempi. Largamente esterni alla società civile. Banchieri, finanzieri e capitani di industria. Lo stesso Montezemolo, molto presente nelle cronache politiche di questa fase, secondo i dati dell’Osservatorio Politico di Demos è fermo al 38% dei consensi. Tre punti in meno di giugno, ma oltre dieci in meno rispetto a febbraio. Il fatto è che viviamo un’epoca di sfide speciali. Richiedono persone e soggetti politici speciali. Sarà la mia miopia, ma, echeggiando Machiavelli e Pareto, in giro io non vedo né volpi né leoni.

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Pantaleo Gianfreda
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