Una fiducia da record per il premier Mario Monti
20 Novembre 2011Spread the love
Dopo l’ampia fiducia parlamentare ricevuta dal nuovo Presidente del Consiglio (al Senato 281 voti favorevoli e 25 contrari, alla Camera dei Deputati 556 sì e 61 voti contrari), otto cittadini su dieci promuovono Monti. Pdl al 24%. L’Udc vola al 10%, il Pd oltre il 29%. Il consenso personale del Professore, secondo i dati Demos, raggiunge addirittura l’84 per cento. Ok anche dal 60 per cento degli elettori leghisti. Due su tre considerano il nuovo esecutivo una “eccezione democratica”, ma per l’80 per cento deve durare fino a fine legislatura
È bastata una settimana perché il clima d’opinione svoltasse dalla depressione all’euforia. Lo dimostra, in modo eloquente, il sondaggio realizzato da Demos mentre le Camere votavano la fiducia al governo “tecnico”, guidato da Mario Monti. Con una maggioranza senza precedenti nella storia repubblicana. Ma non molto più larga di quella espressa dalla popolazione. Quasi 8 italiani su 10 (nel campione intervistato di Demos) manifestano un giudizio positivo nei confronti del governo. Ma il consenso “personale” del nuovo presidente del Consiglio è ancora più ampio: 84%. Paragonabile solo al sostegno popolare di cui dispone il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ispiratore e protagonista della formazione del governo Monti.
Naturalmente, c’è una relazione stretta fra la “misura” della fiducia parlamentare e popolare. Una maggioranza politica tanto larga e trasversale ha, infatti, favorito il consenso dei cittadini verso il governo, in modo trasversale. Si va, infatti, dal 90% circa fra gli elettori del PD a un po’ meno del 60% tra quelli della Lega e del Movimento 5 Stelle. Tuttavia, un’ondata di fiducia politica di queste proporzioni non si spiega solo con il sostegno dei partiti. Anzi, semmai è vero il contrario: la nascita del governo ha, in parte, riconciliato i cittadini con la classe politica. Come dimostra la crescita generalizzata dei giudizi positivi nei confronti dei leader. Tutti, compresi Berlusconi (che risale di alcuni punti: dal 22% al 29%) e Bossi (dal 20% al 24%). Anche se in testa, ovviamente ben al di sotto di Monti, incontriamo Corrado Passera, fino a ieri AD di Intesa Sanpaolo, oggi ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture. (Pur considerando che circa un quarto degli intervistati ancora non lo conosce).
Questa inversione del clima d’opinione ha, dunque, altre cause.
In primo luogo, l’angoscia generata dalla crisi globale dei mercati, che ha investito, con particolare violenza, il nostro Paese. Ritenuto politicamente “debole”, incapace di garantire le misure richieste dalla UE e dalle altre autorità economiche e monetarie internazionali. Il governo guidato da Monti appare ai cittadini una scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta.
Questa svolta del clima d’opinione, in secondo luogo, riflette la fine dell’epoca di Berlusconi. Ormai consumata da tempo. Il governo Monti ne ha sancito e sanzionato la fine. L’ha resa possibile e visibile. Solo il 22% degli elettori (poco più di metà rispetto a un anno fa) pensa, infatti, che l’esperienza politica di Berlusconi potrebbe durare ancora a lungo.
È, peraltro, indubbio che il grande consenso per il governo Monti - composto da “tecnici” – sia prodotto, in parte, dal sentimento “antipolitico” alimentato dal declino di Berlusconi e dalle difficoltà dell’opposizione. La fiducia nei partiti, infatti, resta ancorata al 5%. E quasi 8 elettori su 10 ritengono giusta “l’esclusione dei politici dalla squadra di Monti”. Il governo, d’altronde, secondo i due terzi degli intervistati (o quasi), non è né di destra né di sinistra. E neppure di centro. Non ha colore politico. Un aspetto evidentemente molto apprezzato dai cittadini.
Anche per questo i calcoli “elettorali” di parte passano in secondo piano. D’altronde, se la scadenza delle elezioni si allontana, le questioni di leadership e coalizione diventano meno urgenti. E la polarizzazione risulta meno lacerante. Non è un caso che le stime di voto premino, in misura ridotta il PD (29,4%), ma soprattutto, l’UdC, che supera il 10% (3 punti di crescita in un mese). Nel momento in cui i partiti maggiori si coalizzano, a sostegno del governo, il “Terzo Polo” diviene, infatti, ancor più “centrale”. E strategico. Ne risente, in particolare, il PdL (che scende dal 26% al 24%). Penalizzato dal declino del suo leader ma anche dall’attrazione dell’UdC. Anche la Lega (sotto l’8%) e SEL (scesa al 5,2%) sembrano penalizzate dalla posizione distinta o distante rispetto al governo.
L’unica “opposizione” che sembra beneficiare di questo clima è il Movimento 5 Stelle (4,6%), vicino a Grillo. Proprio perché - a differenza della Lega e di SeL - appare estraneo al sistema partitico.
In poche settimane si è, dunque, verificata una svolta negli atteggiamenti e nelle opinioni degli italiani. Impressa dalla formazione del governo Monti. Accolto dagli elettori di centrosinistra come una liberazione, da quelli di centrodestra come una pausa di sospensione (di fronte alla crisi di Berlusconi). Percepita da tutti (o quasi) i cittadini come una risposta alla crisi economica globale e alla crisi politica nazionale.
Tuttavia, gran parte degli italiani (due su tre) considera questo governo tecnico una “eccezione democratica” necessaria per aiutare - se non proprio “salvare” - la democrazia, in una fase critica. Non prorogabile all’infinito, ma comunque a lungo. L’80% degli intervistati, infatti, ritiene necessario che il governo Monti resti in carica fino alla fine della legislatura. E tre italiani su quattro pensano che i suoi compiti non possano limitarsi all’emergenza economica e dei mercati. Ma debbano estendersi anche alle riforme istituzionali e alla nuova legge elettorale. D’altronde, questo governo, tanto atteso, appare caricato di tante attese. L’85% degli italiani lo ritiene in grado di “portare l’Italia oltre la crisi”. Di guidarci fino alla Terra Promessa (la Crescita, il Pareggio di Bilancio). Come Mosé al di là del Mar Rosso.
Da ciò derivano i rischi, per questo governo e per Monti. Accolti dal più elevato livello di fiducia misurato nell’era dei sondaggi. 1) Perché attese tanto elevate espongono alla delusione e alla frustrazione. Suscitano impazienza. Mentre problemi tanto seri – che hanno radici lontane e aggravati nel corso dei decenni – non si risolvono in tempi brevi. Né possono produrre effetti visibili immediati. 2) Perché problemi tanto seri richiederanno costi sociali elevati. Ed è difficile giustificare costi sociali elevati senza effetti sociali ed economici visibili, nel breve periodo. 3) Perché, quando si parte dall’80%, anche il 70% di fiducia rischia di apparire un “calo” di consensi. 4) Perché questo governo “tecnico” ha compiti profondamente “politici” e dipende dal consenso “politico” di un Parlamento dove operano partiti deboli (anche se in diversa misura). 5) Perché, infine, ci siamo lasciati alle spalle la Seconda Repubblica, ma (per citare Berselli) di fronte c’è una “Repubblica indistinta”. Il governo tecnico, guidato da Monti, non può disegnarne il modello istituzionale. Non è suo compito. D’altronde, un’eccezione democratica non può diventare normale. Può, tuttavia, proporre almeno un diverso stile di governo e di comportamento “personale”. Traghettarci oltre la “politica pop”. In una Terra dove la competenza e la decenza abbiano cittadinanza.
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