27 gennaio, Giornata della Memoria

27 Gennaio 2011 Off Di Pantaleo Gianfreda
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… perchè tutti possano ricordare ciò che i nostri figli non dovranno mai vedere

 
Il Giorno della Memoria è stato istituito per legge nel 2000, portando anche l’Italia ad aderire alla proposta internazionale che proprio in questa data vuole ricordare le vittime dell’olocausto. Perchè proprio il 27 gennaio? Lo spiega il 1° articolo della legge, che così recita:
«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.»
Cos’è l’olocausto?
Parlare di Shoa o di Olocausto significa parlare dello sterminio sistematico ad opera dei Nazisti di milioni di ebrei che avvenne in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, un genocidio che coinvolse circa 6 milioni di ebrei ma anche Rom, comunisti, omosessuali, Testimoni di Geova, popolazioni slave e che fece in totale 14 milioni di vittime.
Per eliminare tutti i soggetti considerati “indesiderabili” dai Nazisti, questi crearono dei campi di concentramento e di sterminio: nei primi i prigionieri venivano classificati in base alla loro capacità di lavorare; chi era troppo debole veniva eliminato nelle camere a gas camuffate da docce, mentre i più forti erano sottoposti ad un lavoro schiavistico. Anche questi ultimi, a causa delle terribili condizioni di vita e di lavoro a cui erano sottoposti, spesso non sopravvivevano. I campi di sterminio erano invece pensati esclusivamente per la soppressione delle persone. L’Olocausto fu l’ultima tappa della politica antisemita promossa da Adolf Hitler.
Negli anni ’20 e ’30 l’antisemitismo era comune in Europa ma trovò slancio attraverso la pubblicazione del Mein Kampf che, inizialmente ignorato, divenne popolare quando Hitler salì al potere. A partire dal 1933 le misure antisemite si succedettero: si iniziò con il boicottaggio delle attività economiche gestite da tedeschi ebrei, si limitarono le loro attività e, con le leggi di Norimberga, gli ebrei tedeschi furono esclusi dalla vita sociale tedesca. Seguì la politica di emigrazione forzata dei cittadini ebrei dai territori del Reich e la loro prigionia nei campi di concentramento e di sterminio.
Nonostante questi fatti, alcune persone appartenenti a movimenti antisemiti o di estrema destra, hanno messo e mettono in discussione la veridicità storica dell’Olocausto. Negano lo sterminio ebraico e si mostrano scettici sulle cause che lo hanno provocato. A questo, aggiungono la tesi che ai tempi di Hitler fosse in atto un complotto ebraico-capitalista contro la Germania nazista, un’invenzione della propaganda alleata, sostenuta dall’internazionale ebraica.
Dachau, Mauthausen Auschwitz, Chelmno, Ravensbruck, Fossoli furono nomi uguali agli altri sulle carte e sulle guide turistiche. In realtà, come accadde per migliaia di città, villaggi e regioni dell’Europa nazista e fascista dal 1933 al 1945, essi nascosero un orribile segreto: campi di lavoro forzato, di tortura e di morte nei quali scomparvero milioni di esseri umani e tra essi bambini e ragazzi. Oppositori del nazismo o del fascismo di ogni nazionalità, zingari o ebrei giovani che furono prigionieri dei lager e dei ghetti, seppero a volte più degli adulti combattere e resistere fino all’ ultimo. Molti di loro sono scomparsi dalla faccia della terra senza lasciare traccia e nemmeno il nome; di altri ci resta un frammento di storia o una fotografia sbiadita. Pochi sono i sopravvissuti.
Nei lager e nei ghetti dopo soltanto alcune ore di prigionia per chiunque veniva meno la possibilità di riconoscersi come essere umano: spogliati di tutto, rasati, privati di ogni effetto personale, unico legame rimasto con il passato, gli internati erano sottoposti ad attese snervanti cariche di incertezza, a insulti, percosse e a una serie di trattamenti più o meno logoranti, la ricerca spasmodica del cibo sempre insufficiente, le latrine comuni, la sporcizia… Chi reagiva ai maltrattamenti o cercava di prestare aiuto a un compagno veniva picchiato selvaggiamente. Fin da subito i prigionieri si rendevano conto della loro totale impotenza a fronte di una completa dipendenza da un potere assoluto che incombeva minaccioso sul loro fisico e sulla loro anima. Il primo atto di violenza subito, il primo colpo ricevuto facevano crollare anche negli uomini e nelle donne più forti l’idea della invulnerabilità del proprio corpo e la speranza di trovare aiuto nel momento del bisogno. I figli venivano separati dalle madri e dai padri, i ragazzi e le ragazze dai fratelli, dalle sorelle e dagli amici. Tutto era possibile e tutto poteva accadere inaspettato e senza motivo. La morte era a pochi passi e a ogni istante faceva sentire il suo gelido alito sui corpi martoriati dei prigionieri. I bambini prigionieri non giocano non sanno più come fare a divertirsi, hanno dimenticato ogni curiosità e ogni slancio tipici della primavera della vita. I prigionieri pensano il più delle volte a sopravvivere e a resistere e sanno che mai potranno trovare un farmaco o un chirurgo capace di estirpare dal loro cuore il male che hanno subito e visto.
Affinché nessuno dimentichi ciò che è stato. Questa data simbolica deve servire per riflettere sul futuro della nostra società, sull’impegno e sulle responsabilità di ciascuno per garantire il rispetto dei diritti umani, necessità del dialogo tra le diversità per costruire il bene comune.
 
SE QUESTO È UN UOMO
 
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
 
Primo Levi (1919-1987)

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Pantaleo Gianfreda
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