70 anni di attesa. Storia di straordinaria umanità postbellica tra Collepasso e Ucraina
2 Giugno 2012Come detto prima, il 10 giugno 1941 viene richiamato alle armi. Nelle cose tramandate di lui, si racconta che qualcuno della sua classe di leva abbia tentato di fare carte false per non partire, avendo già assolto agli obblighi di leva. Ma lui no. Non ci pensa nemmeno. Neanche davanti alle suppliche della giovane moglie. Non si sa se per eccesso di responsabilità davanti al dovere o se per non sottostare a sotterfugi, che, pur dandogli la possibilità di salvarsi, lo avrebbero fatto vivere con il rimorso dell’imboscato, parte. Giusto il tempo di una foto da quadretto familiare con moglie e figlia in uno studio fotografico: quella foto resterà nel tempo l’unica traccia di una famiglia monca. Arrivano da Vienna notizie certe del bersagliere durante il viaggio verso il fronte, quando ebbe il tempo di spedire con posta militare una cartolina ai genitori. La cartolina è datata 15 ottobre 1942. Alla moglie arriva una lettera dal fronte datata 30 novembre 1942.
Nel dicembre 1942 veniva già riportato come disperso. Chissà, forse quando la sua Giulia, con il cuore in gola dall’emozione, lesse la lettera, il suo corpo freddo faceva già da cornice alla steppa imbiancata del generale inverno russo. I documenti lo riportano come “disperso”, il che apre ad innumerevoli possibilità. Disperso, col senno delle informazioni ottenute nel tempo, può significare che il nostro bersagliere può essere perito durante la tragica ritirata delle nostre forze armate e l’inclemente steppa russa abbia restituito il corpo in primavera, allo sciogliere della neve. Grazie all’opera di qualche anima pia, può aver trovato sepoltura nella sterminata campagna russa. Altra ipotesi è quella che possa essere stato catturato dai militari russi, portato in qualcuno degli innumerevoli campi di prigionia e, vuoi per gli stenti, vuoi per qualche malattia, che sia perito, sepolto in qualche fossa comune e solo la remota possibilità della consultazione delle schede di guerra potrebbe dirci se questa seconda ipotesi può essere vera. Ma leggendo i libri o ascoltando i racconti di quei reduci che hanno voluta lasciare una testimonianza di quell’immane tragedia, si deduce come tante possano essere le condizioni per cui in nostro bersagliere non sia riuscito a fare ritorno.
Siamo profondamente addolorati per la tragica scomparsa del Vostro Concittadino Manuele Braj, appartenente all’Arma dei Carabinieri, Caduto nella missione in una terra lontana. Desideriamo porgere le espressioni del nostro cordoglio a tutti Voi, ed in primo luogo alla Famiglia, duramente colpita nell’affetto più caro.
Il dolore è reso più vivo e sentito dall’amara consapevolezza che questo cinquantunesimo Caduto italiano in Afghanistan, di cui è stato giustamente ricordato l’impegno nel volontariato cattolico in patria, ha perduto la vita, lasciando la giovane moglie ed il figlio in tenerissima età, a fronte di un intervento moralmente opinabile e militarmente inutile. A più forte ragione, le nostre condoglianze sono partecipi e sentite.
Non può essere motivo di conforto l’antica credenza secondo cui “muore giovane chi è caro agli Dei”. Al contrario, è motivo di ulteriore disagio la pervicacia dell’Italia ufficiale in un disegno a dir poco irragionevole, che si traduce in perdite dolorose ed in costi decisamente improponibili.
Vi ringraziamo per la sensibile cura con cui vorrete partecipare questi nostri sentimenti.
Ciao Maurizio, grazie del commento. Dario
Scrivo dal Veneto.BRAVI alle Persone che hanno messo la Notizia per Ricordare la Storia di un LORO Paesano,di una Persona della Comunità di Collepasso(e NON d un Numero !!).Bene fate a NON DIMENTICARE e far conoscere ,soprattutto ai Giovani, una Pagina della LORO Storia che fa parte,a tutti gli effetti,del Patrimonio Cuturale e Storico del Comune.Dietro e DENTRO quei Nomi che sono in genere scritti sui Monumenti ai Caduti vi sono le Storie ed i Drammi delle Migliaia di Famiglie di questa Italia.Chi conosce il PROPRIO Passato sà affrontaree meglio il Futuro.Un Affettuoso Abbraccio alla Figlia e ai Parenti.Per il momento è ritornata la Piastrina,speriamo di avere altre Notizie su Vito se emergessero dagli Archivi.Il mio Augurio ,a TUTTI,è che anche l’ITALIA, specie di QUESTI Tempi,voglia applicare il nostro Motto degli Alpini in Congedo “ONORARE I MORTI,AIUTANDO I VIVI”.
Ciao a TUTTI .Maurizio
L’aspetto veramente tragico consiste nel fatto che ancora oggi, nonostante queste testimonianze, pochi sono coloro che gridano contro le guerre in corso. In molti plaudono agli interventi guerrafondai definendoli “interventi umanitari”, e le stragi di civili definite “effetti collaterali”. Ma la cosa più scandalosa di tutto è che persino i partiti politici che si richiamano alla sinistra, la stanno sputtanando votano in modo vergognoso a favore di questi terribili eventi, che per ora colpiscono solo altri popoli. Prima o poi arriveranno anche da noi. “Chi la fa l’aspetti”, e i commenti, tutti piangono quel che è successo ieri, nessuno ha ricordato cosa succede ancora ai nostri giorni. Smemorati alla bisogna?
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Struggenti immagini di una volta,e tutto sembra attuale con la crisi alle porte…..l’Italia non riesce ad uscirne fuori…..e Monti?
Bellisime foto complimenti.
Grazie Pantaleo, bel lavoro. D.M.
Come non riandare con la mente agli episodi di quella terribile spedizione, narrati in “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi e “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern?
Ma, in memoria del nostro soldato Vito (ancora un altro eroico Paglialonga!), sono andato su YOUTUBE a riascoltarmi la splendida E LA NEVE CADEVA, una di quelle canzoni che difficilmente trovano i giusti passaggi in radio.
Mai più “storie” del genere!