Elisa Melica, ”orma indelebile di una delicata carezza”

Elisa Melica, ”orma indelebile di una delicata carezza”

14 Giugno 2012 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Elisa Melica non c’è più. L’“educatrice esperta e raffinata”, secondo una appropriata definizione del prof. Salvatore Marra, se n’è andata in silenzio il 10 giugno scorso, dopo lunga malattia.

Donna riservata, amata e stimata da tutta la comunità, Elisa è stata moglie e compagna amatissima di Mariano, madre ed educatrice dolcissima di Daniela, Anna e Lucia, nonna (meglio, “grande madre”, secondo la più significativa declinazione della lingua anglosassone) affettuosissima, educatrice e madre di tante generazioni di fanciulli, collega stimatissima di altri educatori, artista sensibile e intensa.

Ho avuto sempre istintiva sim-patia (e/o naturale em-patia) e ammirazione per questa donna, che trasmetteva e trasmette ancora, nel ricordo di chi l’ha conosciuta, messaggi e sentimenti di dolcezza, luminosità, bontà, intelligenza, fermezza, semplicità, armonia, delicatezza, sensibilità, radiosità, finezza … sentimenti che solo persone di profonda cultura e di vera (e, per questo, straordinaria) e ordinaria umanità sanno naturalmente trasmettere.

Bastavano poche parole, semplici ed essenziali, per entrare in rapporto “empatico” con la signora Lisetta e rimanere affascinati dalla sua semplicità, dalla sua profonda umanità e cultura, dall’inestinguibile e delicata vitalità e dall’amore incantato “dinanzi al bello ed al buono”.

La ricordiamo tutti, semplice e affabile, la sera del 27 luglio 2010, in una delle sue rare ed ultime uscite pubbliche, in occasione della presentazione, in Largo Municipio, di un suo bello e pregevole lavoro letterario “Il ventaglio e altri racconti” (Ediz. Akádemos): “un misto di realtà e fantasia”, come scriveva nella premessa al libro la stessa Elisa, che, nel 2000, aveva pubblicato anche un delicato poemetto, “Myosotis” (Ediz. Besa).

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Ripropongo integralmente la breve premessa di Lisetta a quel libretto di racconti (mi commosse e mi gratificò molto la sua dedica) perché le poche parole – quasi un testamento spirituale – esprimono bene il suo “sentire”, il suo amore per l’universo e per la vita:

Realtà e fantasia: due termini dal significato diametralmente opposto. Ma che molto spesso s’incontrano per armonizzare il frutto di un pensiero, di un’opera, di un dipinto.

La realtà si tinge di tutti i colori dell’iride, i suoi spazi sono circoscritti e le emozioni e le inquietudini della vita segnano l’animo di ciascuno di noi.

La fantasia, invece, spazia nell’infinito: raggiunge il cielo, tocca la terra. Vola. La fantasia è leggera come ali di farfalla, è impalpabile, eterea, ma a volte si addentra in meandri bui e intricati che imprigionano la mente e producono il male.

I racconti di questo opuscolo sono un misto di realtà e fantasia; ricordano momenti incancellabili di vita vissuta in prima persona ed episodi, in parte frutto della fantasia, riferiti però sempre ad uno o più aspetti della vita quotidiana.

Nell’uno e nell’altro caso vi è sempre una traccia del mio cuore che – lungo tutto il cammino della vita – non ha mai cessato di incantarsi dinanzi al bello ed al buono di questo meraviglioso pianeta”.

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Pantaleo Gianfreda

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