Renato Marrocco: “Ottanta voglia di cantare”

10 Settembre 2014 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Renato Marrocco oggi, a 82 anni

Renato Marrocco oggi, a 82 anni

Correva l’anno 1958 e da Collepasso gruppi sempre più numerosi di compaesani si dirigevano verso l’Europa centrale e il Triangolo Industriale del Nord-Italia, a compiere il cosiddetto miracolo economico (miracolo per chi?).
Ma Renato Marrocco, classe 1932, aveva altre mire; a lui piaceva cantare e la sua specialità era il genere melodico italiano.
Sanremo già da tempo imperava, anche se in procinto di essere s/travolto dagli urlatori.

Renato Marrocco a ventisei anni (elaborazione di Milena Baglivo di Foto Brigante)

Renato Marrocco a ventisei anni (elaborazione di Milena Baglivo di Foto Brigante)

Così prese un treno di notte per Roma in terza classe (in quei vagoni detti “centoporte”) e si presentò ad uno dei tanti concorsi per voci nuove indetto dalla RAI.
Nella Capitale trascorse ben sei giorni, ospitato dal maresciallo dell’Arma, il concittadino Luigi “Gino” Nassisi.
Il mattino dell’audizione, della grande prova, giunse inesorabile e Renato aveva dimenticato di portare con sé gli spartiti dei due brani da presentare; di corsa dovette correr giù ad acquistarli presso Casa Ricordi.
Si trattava di “Fragole e cappellini” e di “Timida serenata”, fresche di Festival nell’interpretazione dell’usignolo Claudio Villa.
Erano solo in dieci ad essere esaminati nella mattinata, ma si parlava in totale di un numero spropositato di concorrenti (forse seimila), giunti da ogni angolo dello Stivale, insomma una sorta di X-Factor del dopoguerra.
Accompagnato al pianoforte dal compositore Giuseppe Murolo (mi viene il dubbio che sia stato “Roberto”, ma Renato ricorda così), in ascolto un’inflessibile giuria, composta nientemeno che dal presentatore Silvio Noto e da una procace attrice, rimasta ignota, Renato andò benissimo.
Ricevette immediatamente il 78 giri già inciso e la promessa che un nastro magnetico con la sua performance sarebbe stato inviato… in Lussemburgo.
L’avvenente, purtroppo sconosciuta, diva in commissione si rivolse al suo indirizzo, mentre andava via: “Ma lo sa che lei è proprio una cannonata?”.
Il nostro baldo giovane, cui non mancavano le parole giuste (e non gli son mai mancate) rispose di getto: “Carissima signorina, al massimo io potrei essere il cannoncino, ma qui la vera cannonata è lei!”.
Piccante pure: il risultato fu una fragorosa risata dei presenti e l’evidente compiacimento della bellona.
I giorni ripresero a passare tutti uguali nella quiete del paese e l’unico conforto alla noia era rimasto l’ascolto frequente del 78 giri per sé e per i conoscenti, alcuni dei quali cominciarono ad indicarlo come quello di “Fragole e cappellini”: da Roma (e… da Lussemburgo), intanto, nessuna risposta.
Allora Renato pensò di partecipare al “Musichiere” di Mario Riva, sfruttando la sua conoscenza della musica leggera italiana.
Qui il numero dei concorrenti aveva raggiunto un livello tanto elevato, al punto che si decise di decentrare le selezioni in ogni provincia.

Il diploma del Coro “Jiubilate Deo” della Pro Loco

Il diploma del Coro “Jiubilate Deo” della Pro Loco

Furono tre gli incipit di canzone fattigli ascoltare, ma Renato riuscì a rispondere solo al primo: si trattava della famosa “Historia de un amor”.
Tutti i Collepassesi l’hanno, in seguito, conosciuto, sempre loquace e acculturato, nel suo fornitissimo negozio di ferramenta, messo su con il gruzzoletto guadagnato da operaio in Svizzera.
Gli ho fatto visita nella sua abitazione e la voce è sempre di tipo declamatorio, fresca e “di testa”, come quando cantava nel coro “Jiubilate Deo” : l’ultima volta il 16 maggio 2004, data del diploma d’onore, rilasciato dalla Pro Loco.
Dell’avventura giovanile romana solo struggente racconto, da rinnovare continuamente, fino al suo ultimo curioso interlocutore.

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Giuseppe Lagna


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Pantaleo Gianfreda