25 anni fa moriva Sandro Pertini, “il Presidente più amato dagli italiani”
24 Febbraio 2015Venticinque anni fa, il 24 febbraio 1990, moriva Sandro Pertini, settimo Presidente della Repubblica Italiana dall’8 luglio 1978 al 29 giugno 1985. Nato a San Giovanni di Stella (Savona) il 25 settembre 1896, giovanissimo aderì al Partito Socialista Italiano mantenendone gli ideali per tutta le vita. “Non vi è libertà senza giustizia sociale né giustizia sociale senza libertà”, era solito affermare. Antifascista militante, condannato all’esilio e poi, ritornato in Italia, condannato al confino, capopartigiano, fu uno dei protagonisti principali della Resistenza e dell’Italia postfascista.
E’ stato “il Presidente più amato dagli italiani” in un periodo tragico e difficile della storia italiana (rapimento e uccisione di Aldo Moro pochi mesi prima della sua elezione, l’assassinio di Guido Rossa, la strage di Bologna, la vicenda del piccolo Alfredino Rampi, il terremoto dell’Irpinia, la morte di Berlinguer, che lui volle accompagnare da Padova a Roma sul suo aereo, ecc.), durante il quale la sua grande autorevolezza, il suo rigore morale, la sua popolarità seppero tenere unito il popolo italiano.
Memorabile la sua entusiasta e partecipata presenza a Madrid, l’11 luglio 1982, alla finale del Campionato mondiale di calcio, vinto dall’Italia. Pertini riportò in Italia i campioni del mondo sull’aereo presidenziale, intavolando, tra l’altro, una partita a scopone con Bearzot, Zoff e Causio. Un ricordo che il leccese Franco Causio si porterà sempre: “Indelebile. Io ero in coppia con Bearzot, il presidente con Zoff. Io feci una furbata: calai il sette, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il settebello. Abbiamo vinto così quella partita”… e il Presidente si arrabbiò moltissimo.
Al festival di Sanremo 1983, Toto Cutugno lo citò nella sua canzone “L’Italiano”, con le note parole “Buongiorno Italia, gli spaghetti al dente e un partigiano come presidente”.
Il suo ultimo incontro da Presidente lo volle espletare in mezzo ai giovani, a quelle nuove generazioni che egli tanto aveva amato: “Voi giovani non venite meno all’impegno per la giustizia e la libertà, non scendete a compromessi, difendete la vostra dignità, costi quello che costi”.
Come scrive un odierno comunicato dell’Ansa nel ricordare il 25° della scomparsa di Sandro Pertini, “è ancora vivo tra gli italiani il ricordo del presidente “vicino alla gente”, per quel suo fare spontaneo in ogni occasione, la capacità comunicativa semplice ed efficace e per l’impronta personalissima che seppe dare al ruolo istituzionale di capo dello Stato, fino ad allora molto legato all’ufficialità e al formalismo. Schietto, pragmatico, popolare, anticonformista, convintamente laico, socialista della prima ora spesso incompreso dal suo stesso partito, a suo agio tra la gente e insieme geloso del proprio privato, Pertini è stato tutto questo, un uomo e un politico a tutto tondo, amato e ritenuto credibile, fosse solo per la sua biografia, in un periodo storico segnato in Italia dagli scandali della P2 e dall’inefficienza dello Stato in emergenze come il terremoto dell’Irpinia. L’Italia diversa e sana lo scelse allora come suo fidato rappresentante, e così è rimasto anche in seguito nell’immaginario collettivo degli italiani”.
Conservo in uno “scrigno” l’incancellabile ricordo del mio, seppur fugace, incontro con Pertini nell’ottobre 1979, allorché il Presidente venne in visita ufficiale a Lecce ed io, giovane e appena eletto presidente provinciale della Confcoltivatori, venni invitato in Prefettura insieme a tutte le autorità della Provincia ed ebbi l’onore di stringergli la mano e “balbettare” poche parole di rito nell’atto del saluto. Conservo con orgoglio la foto (v. sopra) di quell’incontro.
Che grand’uomo, Pertini! Che grande Presidente! Rimarrà nella memoria e nella storia di tutti gli italiani come “il Presidente più amato”!
Ho più volte visitato, prima da ragazzo turese ed in seguito da adulto in varie delegazioni, la cella di Antonio Gramsci e so, pertanto, che il regolamento prevede che il visitatore possa entrarci e sostare sempre in compagnia di un addetto del personale carcerario.
Nel 1979, il Presidente Pertini, in visita al carcere suo e di Gramsci, (mi raccontava un amico presente alla scena) chiese di poter essere lasciato solo e con la porta chiusa, fra l’imbarazzo del responsabile e degli astanti.
Permesso, eccezionalmente, concesso!
Antonio Ghirelli, addetto-stampa del Quirinale, non resistette alla tentazione di guardare oltre lo spioncino.
“Ho assistito alla scena più bella della mia vita”, ammise in seguito.
Sandro Pertini era inginocchiato e accarezzava il letto del suo compagno di detenzione, ad opera del fascismo, in quel triste maniero.
Ma, a differenza di Gramsci, Pertini potè avere, di lì a pochi anni, il “privilegio” di essere uno dei firmatari del documento CLNAI, che decretava la condanna a morte di Mussolini.
In un periodo in cui la politica non ci abitua certo a figure di indiscusso prestigio e carisma, capaci di fare della nazione un solo Paese, ecco che viene in mente il presidente Sandro Pertini, il più amato dagli italiani del dopoguerra.
La pipa, le bizze. L’esultanza da Ultras al Santiago Bernabeu di Madrid nell’ 82 per la vittoria azzurra ai mondiali di calcio, accanto al monarca spagnolo Juan Carlos e al cancellerie tedesco Schmidt al quale riferì, facendo tre con le dita: ”adesso non ci prendete più…!” E poi la presenza tra le macerie dell’ Irpinia con l’accorato “fate presto”, condito di rimproveri per il ritardo dei soccorsi e per il pericolo di nuovo ruberie come ai tempi del terremoto del Belice e del Friuli, la presenza nella lunga notte di Vermicino durante la tragedia di Alfredino Rampi, etc. etc.
Ecco nella memoria degli italiani più giovani e meno giovani, Sandro Pertini è stato questo.
Ed è per questo, che fu il presidente più amato. E non di meno occorre ricordare di Pertini qualcos’altro che rischia di andare smarrito, nella deriva di memoria e identità della nostra Italia: la giustezza del suo pensiero politico, quando in un incontro con i giovani ricordava loro che se un politico lo si ritiene corrotto bisogna denunciarlo senza mezzi termini…..
E poi il tratto eroico della sua figura e la svolta che seppe imprimere al ruolo della Presidenza della Repubblica, sino ad allora anonimo! Un uomo retto, nulla a che vedere con gli opportunisti che pretendono oggi di governarci, un ottimo presidente che seppe unire tutti, un grande italiano di un’ Italia che non c’è più.
E’ per lui e per pochissimi altri che si può ancora essere degni di chiamarci italiani.