Sabato 6 giugno, ore 20.00, atrio Castello, maxischermo per la finale di Champions Juventus-Barcellona
6 Giugno 2015Spread the love
Sabato 6 giugno, con inizio alle ore 20.00, nell’atrio interno del Castello baronale, l’associazione “Amici della casa” organizza un evento “per passare una serata tutti insieme all’insegna dello sport”: un maxischermo per seguire la finale di Champions League Juventus-Barcellona, “la partita di calcio più importante dell’anno”, che si gioca alle 20.45 all’Olympiastadion di Berlino.
Forza Juve!
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Nella case , negli uffici, nelle strade, perfino dentro uno stadio di calcio. Ogni cosa che facciamo, quando nasce da un pensiero e da un ragionamento, è filosofia. Siamo dunque tutti filosofi perché la filosofia è ovunque. Quindi lo è anche un dribbling o un cross, lo è una rovesciata o un colpo di testa. E lo è ovviamente, un gol. Il calcio e la filosofia non sono universi tanto distanti come potrebbe sembrare. Riflettiamo un attimo: quando una squadra difende con grinta e sofferenza dagli attacchi dell’avversario si dice che è “Stoica”; quando un regista organizza la manovra, per definirlo si usa l’aggettivo “cartesiano”; quando un allenatore spiega la sua tattica la chiama “filosofia di gioco”. Il famoso motto “penso dunque sono”, calcisticamente, si può declinare in “penso dunque gioco”. Che cos’è la gloria per un calciatore? Verrebbe da rispondere: la vittoria. Ma non è sempre così. Una volta il massimo, cioè la gloria, per un giocatore era alzare una coppa o mettersi lo scudetto sulla maglia. Ora no, ora la gloria, per quasi tutti, è il successo economico. Non giocano perché si divertono a farlo, ma perché guadagnano un mucchio di soldi, diventano famosi, hanno belle donne e auto di lusso. Questo è il nuovo modello. I calciatori, gli sportivi in genere, hanno sostituito le star di Hollywood. Basti pensare a quanto incassano dagli sponsor, che li pagano per fare pubblicità, per capire questa teoria. Già, i 90, per un calciatore, sono diventati un surplus. E il pubblico non li percepisce più come atleti, ma come divi. Sono stati l’industria e i media a farne un eroe. Non si valuta l’uomo e il calciatore in base alle qualità tecniche e morali, ma guardando all’interesse che può suscitare nella gente. La ragione? E’ stato costruito per essere un prodotto e come tale prosegue la sua carriera. Il filosofo invece osserva, analizza, commenta. A volte, suggerisce e consiglia. Anche se sa che, spesso le sue sono parole al vento. Prima di una partita un allenatore, di solito, dice ai suoi ragazzi: la nostra filosofia di gioco è questa, attacchiamo in questo modo e difendiamoci in quest’altro…Un filosofo, invece, saggiamente, guarderebbe in faccia i giocatori e direbbe loro: andate a divertirvi. Non è possibile, si sa, ma sarebbe giusto. Il calcio è terreno per superuomini, capaci di condurre i compagni alla gloria. E secondo me, in questo atteggiamento, c’è tutto il narcisismo dell’uomo.
Nello sport come nella vita, esistono sostanzialmente due modi per avere successo: il primo appannaggio di pochi eletti, è avere un colpo di fortuna che risolve tutti i problemi; il secondo fruibile per tutti, è invece lottare giorno per giorno per i propri obiettivi, facendo del sudore la chiave per aprire la porta dei propri sogni e dunque della vittoria. Sognare è stato bello, ma la realtà ci ha riportati sulla terra e siamo tornati da Berlino a mani vuote…lottando comunque con onore!
E’ l’estate dei mondiali di calcio in Italia, quelli del 90, quelli delle notti magiche, di Totò Schillaci, degli stadi rimessi a nuovo, di noi ragazzi nati negli anni 70 appena giovincelli….FRONTE DEL PALCO 90, un nome, due trionfi: Roma e Milano.
Il rocker di Zocca dichiara; adesso gli stranieri prima di entrare in Italia devono bussare alla porta!
Ciao Tony by Antonio L.
Vedo con piacere che vi siete “accoppiati”…
io aggiungerei…
Sono lontani quei momenti
quando uno sguardo provocava turbamenti
quando la vita era più facile
e si potevano mangiare anche le fragole
perché la vita è un brivido che vola via
è tutto un equilibrio sopra la follia…sopra la follia!!!
P.S.
Ormai una conversazione a “trois”….:))))
Per Antonio, capito dopo aver risposto il senso del “milanista”…
CI SAREMO…CI NE LASSANE CI SAREMO!!! :)))
Ciao ragazzi!
-Noi Italiani…
Quando Ascari trionfava al Gp d’Italia compiendo 800Km in 5 ore.
Quando il gigante Carnera sbalordiva gli americani.
Quando il Toro era più grande del mondo che lo ha pianto.
Quando Bartali passava la borraccia a Coppi.
Quando la Simeoni ci portava in cielo e Mennea frantumava record.
Quando gli azzurri di Bearzot inorgoglivano un Paese intero.
Quando Pertini esultava al Bernabeu di Madrid come un Ultras.
Quando salirono “Quelle due pipe sul tetto del mondo” (Beartoz e Pertini)
Quando Baggio sbagliava la mira ma nessuno mai gliel’ha rinfacciato.
Quando il Pirata Pantani sfilava vittorioso ai Campi Elisi come quest’estate ha fatto Nibali.
Quando Gigi Riva segnava con un poderoso sinistro alla Germania a Mexico 70.
Quando Valentino Rossi diventava Dottore.
Quando il cielo si colorava d’azzurro sopra Berlino.
Quando la Pellegrini cominciava a volare sull’acqua.
Quando super Mario Balotelli faceva partire un missile che i tedeschi stanno ancora cercando.
Quando la Rossa di Maranello è diventata più volte campione del mondo di Formula Uno.
Quando Nino Benvenuti battendo Griffith diventava campione del mondo di pugilato.
Quando Totò Schillaci gonfiava sempre la rete durante le “Notti Magiche” di un’Estate Italiana.
Quando Tazio Nuvolari sfilò vittorioso con l’Alfa Romeo nel principato di Monaco o alla Mille Miglia.
Quando Alberto Tomba e Debora Compagnoni erano il Re e la Regina delle nevi.
Quando la politica non ci abitua certo a figure di indiscusso prestigio e carisma, capaci di fare della nazione un solo Paese, ecco che viene in mente il presidente Sandro Pertini, il più amato dagli italiani del dopoguerra
Quando di colpo comincia “Lo Show” sta pure certo che, questa è la volta che volerai su, volerai via con me. (Lo Show – Gli spari sopra tour 1993)
Quando ecc ecc…
NOI ITALIANI, C’ERAVAMO E CI SAREMO SEMPRE !
Sì GRANDE ITALIA SI GRANDE PURU MOI, STISA INTRA L’AZZURRU DE LI TOI !
Infatti Tony ho scritto che ti ricordo “da sempre interista”. Quando ho scritto “da sempre milanista” intendevo riferirmi a Rino R. che è stato sempre tifoso rossonero come suo figlio. Cmq, ricordo benissimo anche tuo fratello.
Per il resto ho voluto parlare di sogni, di drammi, di vittorie, di sconfitte, di gol e di dribbling; la poesia di tanti anni di calcio e di storia italiana. Un lunghissimo corteo di ricordi che si intreccia alla vita di una Nazione e di ognuno di noi e ne diventa coscienza e immaginario collettivo.
Saluti by A.L.(100% ITALIANO)
:):):):)) Bhe di solito si finisce con le faccine…:):):)
io ho voluto di proposito cominciare…
Partiamo a ritroso:
1) Il milanista da Rino era mio Fratello Alessandro (dai rossi capelli)….io interista da sempre, almeno credo se la memoria non m’inganna!!!
2) Ricambio con affetto i saluti…
3) Grazie per il “Rewind-bis” come dimenticare quelle “notti magiche” come cantavano la Nannini e Bennato nel ’90, come dimenticare la corsa di Tardelli e quell’urlo che ancora oggi solo a leggere le tue parole mi vien la pelle d’oca, come dimenticare l’uscita infelice dell’uomo ragno (W.Zenga),come dimenticare gli anni d’oro del Grande Real, come dimenticare i rigori parati da Toldo contro l’Olanda ad Euro 2000 (sembra ieri), come dimenticare il Golden goal di Trezeguet, come dimenticare per noi all’epoca adolescenti e poi sempre più maggiorenni, gli anni più belli ma per l’Italia (non solo del calcio) gli anni più brutti, più bui…e pure oggi siamo a qua a ricordare ed a raccontare tutto ciò per noi e per le nuove generazioni…appunto “per non dimenticare”!
…Se nu te scerri mai te le radici ca tieni…rispetti puru quidde te li paisi lontani…
Noi ricordiamo…noi rispettiamo, speriamo solo che un domani qualcuno ricordi e rispetti noi!!!
W l’Italia!
Ad maiora…
Caro Tony, hai pienamente ragione, ogni tanto è bello fare un tuffo nel passato dicasi -Blascorossianamente- “Rewind”. Ma bisogna dire anche, che molti episodi calcistici, riportandoci indietro nel tempo ci ricollegano inevitabilmente ai periodi più belli o anche più tristi della nostra vita. A distanza di più di trent’anni dal leggendario 1982,infatti, è bello ricordare quei giorni che ci hanno tenuti tutti inchiodati nessuno escluso, davanti al televisore . Infatti, se chiedi a un italiano che cosa ha fatto il giorno X dell’anno Y nessuno saprà risponderti con precisione. Ma se chiedi dov’era e cosa faceva nei giorni del Mundial di Spagna, tutti sapranno raccontarti nei dettagli la loro storia. I ricordi del mondiale più caro agli italiani e gli episodi che lo hanno reso memorabile, il percorso della nazionale, i campioni che vi hanno partecipato, il dolore del Brasile sprecone, lo sceicco del Kuwait che fa annullare un gol alla Francia, il portiere di El Salvador che incassa gol a ripetizione con la sua porta diventata “metafora del labirinto” , le polemiche di Biscardi, l’Urlo di Tardelli, la marcatura di Gentile su Maradona, le parole di Sandro Pertini. Aneddoti e ricordi si intrecciano ad emozioni, fino alla finalissima di Madrid, Italia-Germania 3 a 1 nella notte magica dell’11 luglio. Italiani che hanno impresso nel loro cuore l’esultanza del presidente Pertini, presente sugli spalti del Bernabeu che vibra di una speranza tricolore e che dice al cancelliere tedesco Schmitd, “ora non ci prendete più” dopo il terzo goal di Altobelli, l’urlo indimenticabile di Tardelli, la famosa partita a scopone in aereo per il ritorno in Italia tra Zoff, Scirea, Pertini e Bearzot con la coppa del mondo sul tavolino, e le grida euforiche del telecronista Rai Nando Martellini: Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!!! Un Mondiale rimasto nel cuore di tutti gli italiani, che fanno sentire la loro voce, le loro sensazioni , le loro emozioni e con esse il ricordo di chi di quel mondiale ne fu eroe, mantra e protagonista assoluto. Paolo Rossi da Prato in arte “Pablito”. Io personalmente ricordo ogni cosa, ogni volto, ogni partita di quel mondiale di 30 anni fa, quando il cielo del calcio si tinse d’azzurro, color di vicinanza, di passione e di allegria. Ho ancora negli occhi le mani di Zoff sulla coppa, gli occhi raggianti di Sandro Pertini, la famosa partita a scopone, sì….Italia campione. Corri, corri folletto Bruno Conti, i ragazzi sono in paradiso è Paolo Rossi e di nuovo il “Pablito d’Argentina”, il suo scintillante sorriso racchiude tutte le meraviglie del possibile e la festa azzurra aveva il volto gentile e profondo di Gaetano Scirea.
Ma parlando in particolare dei Campionati del Mondo…Da quanti anni il mondo si ferma, appena il fischio di un arbitro in giacchetta originariamente nera, mette a tacere ogni polemica sportiva e dà il via ai mondiali di calcio. Quanti spettatori, quanta carta, quante ore di televisione, di radio, di web si producono intorno al più importante appuntamento mediatico internazionale. Il mondiale di calcio non è soltanto una competizione sportiva al più alto livello planetario. E’ soprattutto un formidabile convivio di storie, di uomini, di atleti. Un caleidoscopio che ogni quattro anni fa convergere per un mese, sotto gli stessi riflettori centinaia di protagonisti soltanto in apparenza simili, accomunati dallo sport che praticano, ma spesso molto distanti fra loro per il modo in cui lo vivono. Ho sentito spesso dire che il calcio è bassa cultura, ma molto più della pittura, dei libri, dei poemi, della musica riesce a regalare gioie alle persone che soffrono. Il mondiale diventa così un’ impareggiabile antologia di racconti che mette insieme vite a “5 stelle” e vite da baraccopoli. In sintesi il campionato del mondo è quel grande teatro di razze e di metodi di interpretare il calcio, dove potremmo dividerci a cercare le differenze nei particolari e nel quadro d’insieme. Nessuno inventerà niente, ma tutti finiranno per raccontare il loro modo moderno di vivere insieme giocando. Per le squadre e per gli atleti più forti, la coppa è inevitabile vetrina: non possono che affrontarlo puntando al massimo traguardo. Per molti altri la vittoria è già esserci, il mundial rappresenta un’ occasione unica talvolta irripetibile di promozione sociale, di riscatto, di rivincita. Ogni minuto, ogni partita giocata non fa che allungare il sogno cambiando per sempre il corso di molte vite non soltanto a livello sportivo, ma soprattutto a livello umano. Anche noi semplici telespettatori ne abbiamo subito l’influenza. Chi di noi non ricorda dove era, quando ad esempio Paolo Rossi rifilò tre gol facendo piangere l’intero Brasile, con chi era quando Rivera segnò il 4 a 3 alla Germania allo stadio Azteca di Città del Messico, nella famosa e mitica sfida del 1970, con chi ha gioito quando durante le “notti magiche” di Italia 90 “Re Mida” al secolo Totò Schillaci da Palermo faceva diventare goal quasi tutti i palloni che toccava, oppure in quale posto si trovava quando, “il divin codino” Roby Baggio segnò negli ultimissimi minuti due goal a Nigeria e Spagna quando oramai i bagagli erano già pronti sull’aereo per l’anticipato ritorno in Italia. Insomma, ognuno di noi potrebbe raccontare dove era in quei magici momenti, che cosa stava facendo, in compagnia di chi si trovava. Perché lo sport e il calcio in particolare è proprio questo, una catena di emozioni che segnano la vita e fissano tutti quegli istanti che non possiamo più dimenticare.
Dietro questi numeri ci sono tante anime, anime di bambini, che si immedesimano nei calciatori, ne scelgono alcuni come loro idoli, anime di adulti che scommettono (regolarmente), che tifano, che buttano le loro delusioni dentro il cestino del telecomando e sfogano i loro dispiaceri nel rettangolo verde del terreno di gioco, adulti imprenditori che con i mondiali diventano più ricchi o più poveri, storie d’amore che si compiono davanti o dietro il teleschermo, dentro gli stadi, intorno ai manifesti degli sponsor. Mamme impegnate a cambiare monete per comperare ai figli le figurine, padri che si trovano dopo la partita a scambiarsi opinioni, vigili e guidatori di autobus che commentano le gesta della sera prima scoprendo nomi di giocatori africani impossibili da pronunziare ecc. Tutto questo avviene dal 1930, anno della prima edizione dei Campionati del mondo- ogni quattro anni. Personalmente i mondiali sono lo spartiacque della mia vita, chi infatti non ricorda cosa gli è capitato di bello o di brutto, quali sono stati gli avvenimenti più importanti o meno che si sono verificati nella propria esistenza, quelli che vanno da un’ edizione a quella successiva del Mundial. Ogni 4 anni con un crescendo che è l’allargamento del mondo. Prima un mondo lontano, chimerico, omerico. Poi l’Europa, infine il calcio al servizio dei regimi visibili, repressivi, totalitari come avvenne per i Mondiali del 70 in Messico, del 34 in Italia, e soprattutto del 78 con il governo dei militari in Argentina. Inoltre il calcio come linguaggio, come contenuto che sostituisce progressivamente la vita, le metafore sportive che prendono il posto di quelle agresti e rurali. E poi il calcio come fenomeno campanilistico e di massa dove molti giovani ultras, scaricano le proprie tensioni e le frustrazioni della vita con azioni violente nei confronti dei tifosi rivali che molte volte sfociano in tragedia. Ma anche il calcio come fenomeno sociologico, come ad esempio succede in Brasile; dove ogni quattro anni durante il mese dei mondiali, quella nazione immensa e popolosa diventa nel mondo più popolare degli stessi Stati Uniti….Un Brasile povero, dove la gente non ha niente e si aggrappa all’unica cosa che rende felici: il calcio e la seleçao. Ma questo ha anche i suoi risvolti negativi; infatti proprio nel Brasile delle favelas si verificano, anche se in tono minore rispetto al passato, casi di suicidio quando la nazionale verde oro viene sconfitta, anche se data per nettamente favorita come avvenne nella storica sconfitta allo stadio Sarrià di Barcellona (la tragedia del Sarrià)nell’ 82 contro gli azzurri del “Vecio” Bearzot o l’ancor più tragica sconfitta in casa nella finale mondiale del 50 con l’Uruguay di Ghiggia e Schiaffino al Maracanà di Rio (la tragedia del Maracanà), con più di 200 casi di suicidio nel paese e una ventina seduta stante, che si gettarono giù dal punto più alto della curva dello stadio di Rio.
Ma è il dopoguerra, la televisione a fare del calcio il Mondo! Nei mondali del 2006 quelli vinti dall’Italia di Lippi, c’erano più spettatori davanti agli schermi nelle piazze che negli stessi stadi tedeschi. Il calcio come linguaggio di vita quindi….infine il football che si è fatto donna, ha assunto le sembianze angeliche e diaboliche nei talk-show. Le ragazze ora sanno chi tifare, sanno anche giocare, sfidano i ragazzi per strada e talvolta vincono. Storie di uomini non necessariamente di fuoriclasse, storie di vita e di morte, prima ancora che di sport, storie di eroi per caso anziché di stelle consacrate, storie inconsuete, storie marginali rispetto alla grancassa quotidiana dei risultati, dei campioni, dei titoli di prima pagina. Perfino storie di oggetti del desiderio……Queste vicende sono sempre state lì, a poca distanza dalla luce intensa che bacia i vincitori sulla ribalta. Basta spostare un po’ i riflettori per vederle. Ogni quattro anni il mondo cambia e il calcio cambia prima del mondo, lo anticipa sia in difesa che in attacco. Perché anche questo, forse soprattutto questo è il romanzo mondiale!
N.B. Tony Sarcinella, ti ho accontentato. In questo lungo commento articolato ho parlato tra i tanti anche dello splendido (Numero 10 Azzurro) “Divin Codino” al secolo Roby Baggio.
P.S. Ricambio saluti a Tony Longo (da sempre interista) che ricordo ragazzino da Rino (da sempre milanista) quando portavo mio padre (da sempre Juventino) a fare i capelli. E come sempre e per sempre W. L’ITALIA by Antonio Leo (149° corso A.U.C.-E.I. 92/93) alias Argent’Uccio alias MISTER X…
Bhe che dire??? Mi inchino dinanzi a cotanta “Bellezza storica”….Complimenti e Grazie Antonio per l’emozionante tuffo nel passato un “Rewind” favolosoooo…che tempi!!!
Un saluto a tutti…Tony!
W l’Italia…
Antonio hai dimenticato di nominare il giocatore che abbiamo amato più di tutti. Quello che ha lasciato il calcio più di 10 anni fa. Quel numero 10 Azzurro col Codino… Tu dicevi sempre e dici ancora: “Senza Roberto non mi diverto !”
Si, condivido in pieno Tony : “FORZA AZZURRI”! E nostalgicamente mi viene in mente, l’urlo incontenibile di Marco Tardelli nel 82. Fu un urlo che fece uscire l’Italia da uno dei periodi più brutti della sua storia storia, gli anni settanta, quelli del terrorismo politico di destra e di sinistra. E’ vero, quell’urlo è storia di tanto tempo fa. Un’altra epoca, il telefonino non esisteva, internet neanche, la globalizzazione era un discorso per manager, esisteva ancora la cortina di ferro e in Italia dominava il Pentapartito. Eravamo usciti dagli anni di piombo ma non ce la passavamo bene, comunque meglio di oggi. Poi arrivò quella sera di Luglio. La magica notte di Madrid. Ventiquattro anni prima di quella di Berlino 2006, quella del quarto titolo. Forse non c’è stato nei 150 anni dell’unificazione un momento in cui lo siamo stati di più. Sarà retorico dirlo, ma se l’Italia l’hanno fatta Cavour e Garibaldi, gli italiani li ha fatti soprattutto lui: Enzo Bearzot con la sua nazionale. Tutta la Nazione si identificava in tutto e per tutto con la squadra del “Vecio”, pur zeppa di bianconeri freschi vincitori di due scudetti ancora discutibili e discussi. Torinisti e fiorentini, romanisti e milanesi di entrambe le sponde coabitavano pacificamente in una sola curva, che era poi la stessa curva variopinta ma tutto sommato coesa di un Paese in cui democristiani e comunisti si salutavano e all’occorrenza, come accadde ai tempi del terrorismo, si davano anche la mano. Fa specie ripensare a quegli anni, oggi che la malattia del bipolarismo è dilagata in tutti gli ambiti della vita pubblica, oggi che l’avversario, in politica, nei reality show e ovviamente nel calcio è sempre un nemico. Oggi che ogni scusa è buona per non tifare la nazionale: perché gioca male, perché ci sono troppi giocatori della Juve, perché l’ Inter è piena di stranieri, perché mancano i giovani, perché la maglia è orrenda, perché se vince l’ Italia il Governo se ne avvantaggia etc, etc. Comunque,quel mitico Mundial del 82 ha addolcito i migliori anni della nostra vita, quelli dell’adolescenza in cui tutte le favole sembrano avere un lieto fine. La fiaba che si inventò quella nazionale, quella di una squadra più brutta del brutto anatroccolo e più addormentata della bella addormentata nel bosco che un bel giorno si sveglia e si scopre cigno era di gran lunga la più bella di tutte le favole e ancora oggi non ci siamo stancati di raccontarla e di sentircela raccontare!Come spesso ci capita, sembravamo un ranocchio e diventammo un principe, se ne accorse anche forse il miglior Brasile di tutti i tempi, sicuramente quello più amato dalla torcida brasileira, che fu travolto dal ciclone Paolo Rossi al secolo Pablito. L’Italia non cominciò bene, per tre partite a Vigo danzarono fantasmi, storie di polemiche, di silenzi stampa , di veleni, ma il fato decise di far girare la ruota del destino, gli azzurri rinascono con l’Argentina di Maradona e vanno avanti sino alla vittoria finale, grazie al coraggio di un uomo solo al comando; Enzo Bearzot che fu il “Vecio” di alpino nel romanzo azzurro mondiale.Poi il mosaico di un successo che è mito, culla, leggenda, bandiera. Sì, fummo campioni del mondo, per la terza volta, dopo quarantaquattro anni, la gioia di Pertini fu l’icona della nostra felicità collettiva, la corsa di Tardelli è il manifesto destinato a durare per sempre. Trentatre anni fa Zoff alzò la coppa al cielo come Cannavaro e le sue mani vennero disegnate dal pittore Guttuso. Fummo a lungo fratelli d’Italia nel nome di Bearzot di Pertini e di Paolo Rossi, quel Mundial rappresentò la nostra consolazione, la nostra anestesia il nostro orgoglio. E quegli “Eroici” ragazzi in maglia azzurra, resteranno per sempre i nostri ragazzi !
Ecco, adesso servirebbe quell’urlo mundial. Per ricordare che non è mai finita, che non si è mai battuti in partenza, che tutto può sempre cambiare: una cosa sportiva come una partita di pallone, o una cosa importante come la nostra vita.
Sarebbe bello se contro la Croazia ci fossero 60 milioni di Tardelli.
P.S. “Alza quella coppa, Dino, alzala perché il mondo la veda. Senti il ruggito dei quarantamila venuti in pellegrinaggio d’amore a Madrid per ritrovare un orgoglio perduto: quello d’essere italiani. Hanno gli occhi lucidi tutti: da Pertini, complimentato dal re spagnolo e dal cancelliere tedesco, ai ragazzi che han dormito notti e notti nei prati; da Agnelli all’operaio che ha bruciato in due giorni i soldi delle ferie.
Stasera è bello essere italiani. Alza quella coppa, Dino, alzala perché il mondo la veda. Milioni di nostri emigrati non han visto nulla di così splendido. Ne conserveranno a lungo il ricordo, la loro fatica da oggi sarà un po’ più leggera. Sventolano tricolori in ogni parte del globo: stasera è bello essere italiani.
Alza quella coppa, Dino, alzala perché il mondo la veda. L’Italia fa notte nelle strade: boia chi dorme. Non c’è mai stata una simile festa di popolo, tanta felicità nei sorrisi, tanta fierezza negli sguardi. I ragazzi cantano i vostri nomi, ogni casa è una bandiera… Nessuno dimenticherà più i vostri nomi, ormai consegnati alla leggenda dello sport, alla storia del costume, all’amore di noi tutti. Nessuno dimenticherà questa notte il cui ricordo ci farà battere più forte il cuore: come capita per le grandi passioni di ogni vita. Alza quella coppa, Dino e portala a Bearzot. Questo Don Chisciotte dalla malinconica e scontrosa figura che ha sbaragliato in Spagna tanti mulini a vento e trovato finalmente l’amore della sua Dulcinea. Dagliela, perché l’accarezzi: è sua!
(By Giorgio Tosatti, Corriere dello Sport-Stadio, Lunedi 12 luglio 1982.
N.B. Superdino è naturalmente Dino Zoff, quarantenne portiere capitano degli Azzurri ai campionati del mondo di Spagna.
Saluti a Tony dal Sud Salento Ant.L.
Grande Blasco…e Forza Azzurri!!!
P.S.
L’Italia degli Italiani…facciamola nostra sia nello sport che nella vita!
Ciao ragazzi buona vita a tutti…non vedo l’ora di tornare nel magico Salento!
Caro Tony interista, al di là di chi ha tenuto di più o di meno la palla per noi juventini la delusione è forte ! Pensa che siamo tornati adesso da Bari insieme ad Antonio L. e nonostante il concerto del Blasco non siamo riusciti ancora a smaltire la delusione per la finale di Champions persa…Cmq ormai la coppa è andata, ora speriamo che almeno l’Italia di Conte non perda venerdì con la Croazia.
Nei nostri ricordi di fanciulli, Rossi, Tardelli, Scirea, Zoff, Causio, Gentile, Cabrini, Platini, Boniek e Bettega non sono più nemmeno dei calciatori, ma personaggi mitici, entità semidivine, creature della provvidenza mandate in terra a raddrizzare il corso non di una storia qualunque, ma della nostra stessa storia bianconera. In quegli anni era facile sentirsi juventini. L’ossatura di quella squadra, regalò a tutta la nazione italiana il mitico mondiale dell’82. Ecco a proposito di Italia, quando giocano in Europa le squadre italiane io , non ce la faccio proprio a tifare contro…è più forte di me..! Mi sento troppo italiano per tifare per una squadra straniera.
Abbiamo regalato un tempo al Barcellona,a tratti sembrava la partita del Giovedì.
Se fossimo entrati in campo con la determinazione agonistica che in altri casi abbiamo avuto,questi super atleti sarebbero tornati a casa a Piedi…..
Comunque, in una partita secca sono gli episodi che fanno la differenza,insieme al direttore di gara che,a tratti,ha visto solo quello che ha voluto vedere.
In bocca al lupo a tutte le squadre italiane.
NON SUCCEDE…MA SE DOVESSE ACCADERE…MA NON E’ SUCCESSO!!!! AH AH AH AH AH…
QUALCUNO DICEVA NEI GIORNI PRECEDENTI LA FINALE CHE PER PERDERE LE FINALI BISOGNA GIOCARLE…BHE IO AGGIUNGO AI PROFESSORONI BIANCONERI CHE QUELLO CHE CONTA E’ VINCERE LE FINALI E IL “TRIPLETE”…VEDI ANNO 2010!!!
CON SIMPATIA E SANO “SFOTTO'” UN SALUTO DAGLI ULTIMI ITALIANI AD AVER VINTO E STRAVINTO IN EUROPA E NEL MONDO!
P.S.
X il grande e simpatico Antonio Leo (che ho imparato ad apprezzare su questo sito…) 70% possesso palla Barcellona vuol dire guardare la finale non giocarla! :)))))
Tony…Nerazzurro per passione da sempre!
Ieri, la Juventus ha perso perché ha trovato un arbitro miope, perché ha giocato una gara dove la tensione nervosa era alle stelle e perché in un appuntamento che sapevamo durissimo è stata anche sfortunata. Vittorie e sconfitte nel calcio si decidono per un soffio o per episodi, per una palla che rotola dentro o che esce per qualche millimetro…Peccato, siamo arrivati a poca distanza dalla luce intensa che bacia i vincitori sulla ribalta. Obiettivamente e senza giri di parole, si rimane davvero male … Ci sono sconfitte infatti che non si affievoliscono col passare del tempo. Questa è una di quelle. Al di la della consolazione invece, sono le vittorie che segnano un punto di svolta, un riscatto, lasciano un’impronta.
NON SUCCEDE…MA SE DOVESSE ACCADERE…AD ESEMPIO BERLINO 2015 COME BERLINO 2006…P.S. SERVIREBBE UN CLAUDIO GENTILE 2.0 PER FERMARE MESSI…E POTREBBE ESSERE CHIELLINI, CHE PERO’ E’ INFORTUNATO…!