Bullo va in città

8 Ottobre 2015 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Bullo quand'era a Collepasso

Bullo quand’era a Collepasso

Non si trattava proprio di un randagio, bensì, come li chiamano adesso, di un “cane di quartiere”: il classico rompiscatole, capace di andare all’assalto dell’anziana vestita di nero su una vecchia Graziella arrugginita e cigolante, ma attentissimo e rispettoso verso il cicloamatore sull’appena sibilante Specialissima al carbonio del valore di migliaia di euro (A ci se mena lu cane? Allu strazzatu!).
E’ sopravvissuto per circa cinque anni all’asfalto infuocato da “Parigi-Dakar” del nostro paese, ad un investimento sotto un GT guidato dal ragazzotto di turno, èmulo degli eroi di Imola o Monza, all’inzuppato scirocco spirante dai Manimuzzi.
A dire il vero, subito dopo l’abbandono e la prima apparizione nei pressi della parrocchia “Cristo Re”, aveva incontrato già da subito la fortuna sulla sua strada, sotto forma e nella veste di una mia ex-alunna Marika e della mia nipotina Giulia, che in successione gli han fatto da custode.
Insomma, faceva vita da semibrado il simpaticisssimo ed intelligentissimo meticcio Bullo (così battezzato da Giulia): tutto il giorno in giro (“ci gira ‘llicca, ci stave fermu sicca”) e alla sera una veranda attrezzata contro i rigori delle notti d’inverno.
Alla festa della Madonna delle Grazie, l’anno scorso, era uscito anche in piazza ad ammirare le luminarie e a sentirsi l’aria di Puccini “Nessun dorma”, tirando anche tardi rispetto al ritmo circadiano dei cànidi; che si sia appartato a figliolare, e chi lo può mai sapere?
L’imprevisto, ossìa “la fortuna aiuta gli audaci”, era, però, dietro l’angolo. Bullo già da tre anni era finito nelle mire di Matteo, Davide e Noemi, tre ragazzi di origine collepassese, in vacanza estiva nel Salento.

Bullo "imborghesito"

Bullo “imborghesito”

Così, la mattina di un giorno di fine agosto, Bullo, dopo un salutare rimessaggio generale presso un noto “negozio” del luogo, è partito per il Nord Italia e, dopo poche ore, wathsapp inondava lo smartphone di Giulia delle prime foto nella nuova residenza; eccolo qui, su un coloratissimo morbido salottino, lindo e lucente di nuovo pelo, ma con al collo un bello “ncannale”, che presume necessariamente “na bella catina” (*).
Fa niente, Bullo, meglio così! Del resto, valeva la pena rischiare grosso ogni giorno per “sta ca… te libertà”?
Ci si vede a luglio prossimo e cerca di non ingrassare troppo!
– “E ce facimu, se ‘nde vane puru li cani te stu paese?!?” – mormora fra sé e sé il salace nonno.

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Giuseppe Lagna

(*) Le espressioni “ncannale”, “na bella catina” e “sta ca… te libertà” sono tratte da “Lu cane” dall’album “SCARCAGNIZZU” di Mino De Santis, ed. Fondo Verri, Lecce, 2011


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Pantaleo Gianfreda