Salutari e pubblici “ceffoni” all’ombra della statua restaurata di San Giuseppe
4 Maggio 2015Vedere insieme l’altra sera, giovedì 30 aprile, in occasione dell’inaugurazione del bel restauro della statua di san Giuseppe, Menozzi e Gabellone, bardati nelle rispettive fasce di sindaco e presidente di Provincia, mi ha trasmesso un’immagine “crepuscolare” di certa classe politica salentina, “forgiata” negli ultimi due decenni nell’adorazione idolatrica a Silvio Berlusconi e nella cieca fedeltà a Raffaele Fitto.
Un “crepuscolo” dovuto in primo luogo alle loro inefficienze nei rispettivi ruoli: Menozzi è un sindaco inetto e deludente; Gabellone, già buon sindaco di Tuglie, si è dimostrato inetto e deludente nel ruolo di presidente della Provincia (basta solo considerare la scandalosa vicenda del rondò della Masseria Grande). Un “crepuscolo” reso ancor più palpabile dall’aver legato le proprie sorti a quelle di Fitto, oggi in plateale e tragicomica rotta di collisione con Berlusconi, dal quale ha subìto una pubblica “scomunica”.
L’ambizione ed il protagonismo hanno spinto il politico magliese ad approfittare delle palesi difficoltà di Berlusconi per diventare capo nazionale di Forza Italia, dopo anni di totale subalternità all’ex Cavaliere, che, nei “tempi felici”, lo aveva persino elevato al rango di sua “protesi”. Si badi bene che una protesi resta pur sempre un oggetto inanimato, seppur “innestata” in un corpo animato. In ritardo oggi Fitto avverte (forse) che quella “qualifica” era in effetti solo un malizioso riferimento all’effettivo ruolo politico cui Berlusconi lo riteneva adeguato. Personalmente, a suo tempo, avvertì quella definizione come uno “schiaffo” e un’offesa a Fitto, mentre i suoi ciechi aficionados “gioivano giulivi” per il “rango” conquistato. Nella logica di un partito padronale come Forza Italia, solo Berlusconi può essere il “corpo vivo”. Gli altri sono solo “corollario”. Al più, in caso di bisogno, “protesi”. Cioè un oggetto privo di autonomia e di intelligenza. Se avesse rotto allora con Berlusconi, forse oggi Fitto sarebbe più credibile nella sua attuale e tardiva contrapposizione. L’ex presidente della Regione si ritrova, invece, ai margini della politica nazionale ed “esiliato” persino da Forza Italia, commissariata in Puglia da Berlusconi e diretta ora da esponenti a lui ostili. Egli sta tentando disperatamente di costruire una “zattera di salvataggio” per i suoi ultimi “fedeli” con la lista regionale “Oltre con Fitto” (non sarebbe stato più serio chiamarla solo “Oltre Fitto”?!?), che appoggia Schittulli alla presidenza della Regione, contrapposta a Forza Italia, che appoggia, invece, Poli Bortone. Ambedue destinati a sicura sconfitta contro Emiliano. Lo stesso Gabellone è stato umiliato e spodestato da segretario provinciale di Forza Italia, commissariata anche in provincia di Lecce con un uomo di fiducia dell’ex Cavaliere. Una situazione, insomma, molto “nera” e difficile per Fitto e i fittiani di casa nostra, sinora accecati da un certo “delirio di onnipotenza”.
Ecco perché Menozzi e Gabellone sembravano quella sera due anime in pena, vagolanti verso un destino politico ignoto, fantasmi angosciati da infausti presagi… quelli di finire nella Geenna della politica oppure in qualche simbolico luogo di espiazione… ad esempio, come “facce di bronzo” sulle colonne della Masseria Grande, a perenne ricordo dello “scandalo rondò” e della vergogna di cui sono ambedue protagonisti.
Proprio nella stessa giornata, a Bari, le due fazioni del centrodestra, inutilmente unite da ore per cercare un’intesa, dichiaravano forfait: nessun accordo era stato possibile. D’altro canto, era noto a tutti che Berlusconi aveva voluto Poli Bortone proprio per “dare una lezione” e persino fare un dispetto a Fitto, da sempre in contrasto con l’ex parlamentare AN. Ora, inevitabile approdo di un centrodestra a pezzi per ripicche personali e di potere, la battaglia si incentra solo su chi – tra Schittulli e Poli Bortone – arriverà secondo.
Insomma, tanti “ceffoni” per Fitto e i fittiani da Berlusconi e dalla segreteria regionale di Forza Italia, loro ex “casa”, di cui sino a ieri erano padroni assoluti.
Qualche sonoro e pubblico “ceffone”, però, seppur non volontario, il duo Menozzi-Gabellone – e lo stesso “gran cerimoniere” della serata, il fittiano presidente della Pro Loco Giovanni Filieri, che organizzava la manifestazione – lo hanno dovuto subire in quella serata di inaugurazione della restaurata statua di San Giuseppe.
Sorvolo sulle note esibizioni del “gran cerimoniere”, che in qualche passaggio ha voluto significativamente, ma con scarso stile, “sostituirsi” al cognato sindaco, vaneggiando persino su un fantomatico “Piano di riqualificazione urbana” comprendente piazzetta Vittoria, via Diaz e piazzetta Martiri Ungheresi, di cui non vi è traccia in atti pubblici. Sorvolo sui suoi maldestri resoconti finanziari (si è capito che ci sono state entrate per oltre 10mila euro tra sottoscrizioni e contributi pubblici, ma non si è capito quanto sia stato speso, considerato, ad esempio, che l’ottima restauratrice non ha preso sinora nemmeno un centesimo). Sorvolo per non maramaldeggiare su un vecchio amico, che non perde mai la vecchia e “buona abitudine” al “cazzeggio”…
Certamente, però, a qualcuno saranno fischiate le orecchie quando l’emerito parroco don Celestino, incautamente chiamato in causa nel corso degli interventi istituzionali, ha “colto la palla al balzo” per impadronirsi del microfono e “togliersi un rospo”. Ricordando a sindaco e presidente della Provincia le loro promesse del dicembre 2011 sull’acquisizione della Cappella dello Spirito Santo, uno dei monumenti più antichi della nostra comunità, che rischia sempre più il degrado. Dalla immediata e imbarazzata risposta di Menozzi, abbiamo così saputo che l’Amministrazione ha tentato di acquisire bonariamente la Cappella, ricevendo un netto rifiuto dal proprietario, e che poi… si è subito “arresa”, senza colpo ferire. Abbiamo appreso che Gabellone aveva già concesso al Comune un contributo di 25mila euro per la Cappella e che se li era poi ripresi, considerato che non venivano spesi. “Si scopron le tombe…”, l’antico inno garibaldino sembrava risuonare in quella serata e coprire di gelo gli astanti. Ora… sappiamo tutti che don Celestino è fatto così… non le manda certo a dire! I suoi famosi “pizzicotti”, nell’occasione trasformati in “amichevoli ceffoni”, hanno fatto storia a Collepasso e lasciano il segno… proprio come quella sera con Menozzi e Gabellone, costretti a “fare buon viso a cattivo gioco” di fronte ai bonari “ceffoni” dell’emerito parroco!
Ma non finisce qui. Perché, poi, il dott. Giovanni Giangreco, storico d’arte e già Sovrintendente dei Beni Architettonici e Paesaggistici, nel corso del suo intervento ufficiale, ha involontariamente “assestato” un altro paio di ceffoni. L’illustre ospite ha dimostrato di ben conoscere la storia e l’evoluzione di Collepasso, inquadrandola e proiettandola in un discorso più ampio di “costruzione della città”. Per “costruire” una vera città (in senso lato) e tutelare le sue risorse storiche, architettoniche e paesaggistiche non ci si può riferire – ha sostenuto – “al Programma di Fabbricazione del 1975” ancora vigente, ma “si ha bisogno di un Piano Urbanistico Generale”. Parole sante!!! Vi confesso che in quel momento mi sono sentito “in brodo di giuggiole”. Menozzi avrebbe voluto certamente “sprofondare”. La precedente Amministrazione, infatti, in cui io ero assessore all’Urbanistica, aveva già completato nel 2011 la prima, lunga e faticosa fase dell’iter per l’approvazione del PUG, comprese le due Conferenze di Copianificazione tenutesi a Bari nel febbraio 2010 e febbraio 2011 alla presenza dell’ottima assessora regionale Barbanente. La Giunta e il Consiglio avevano approvato gli indirizzi e il Documento programmatico preliminare. “Concluso l’iter del confronto tra tutte le parti interessate – era scritto nel nostro programma per le amministrative del maggio 2011 -, ci si avvia ora verso la stesura definitiva dell’importante strumento urbanistico comunale, che sarà l’impegno prioritario della prossima Amministrazione”… almeno se avesse rivinto Vito Perrone. Invece, vinse a sorpresa Menozzi e il PUG è… misteriosamente scomparso dai radar amministrativi! Seppur involontariamente, il dott. Giangreco aveva “messo il dito nella piaga”, una delle più verminose dell’attuale Amministrazione, incapace persino di completare il nuovo PUG ormai al traguardo, consegnato su un “piatto d’argento” dalla precedente.
Un altro involontario “buffetto” il dott. Giangreco lo ha riservato poi al duo Menozzi-Filieri per la loro, ad essere benevoli, “disattenzione”. Giustamente, egli ha detto che nel giorno dell’inaugurazione del restauro di uno dei pochi monumenti di Collepasso sarebbe stato opportuno predisporre un libricino che riportasse la storia e le caratteristiche dello stesso. Purtroppo, nonostante i 4mila euro dalla Provincia (non si capisce se al Comune o alla Pro Loco) e i 4mila dai sottoscrittori e, in ultimo, persino altri 350 euro dal Comune (oltre i soldi spesi per l’asfalto), a nessuno è venuta in mente questa semplice ed ovvia iniziativa. Naturalmente, dopo l’osservazione dell’autorevole oratore, sul palco si sono sprecati i pourparler e i tardivi e ridicoli impegni… intanto, la figuraccia era fatta e un altro “ceffone” andato a segno!
Insomma, una serata primaverile un po’ fredda, “riscaldata” da qualche doveroso e salutare “ceffone”… con la benedizione di San Giuseppe!!!
Eppure è scontato che dopo il 31 maggio la questione tornerà di attualità sia perché l’italicum di Renzi la rende ineludibile se si vuole almeno provare a battere il PD ( per fare in modo, che anche in Italia ci sia una politica dell’alternanza come nelle altre nazioni dell’Unione Europea) , sia perché lo stato comatoso del centrodestra nel suo complesso risulterà ancor più evidente dal risultato delle elezioni regionali, dove in più di una regione è diviso in due schieramenti, così come in Puglia . Possibile che il fallimento del Popolo delle Libertà e lo scioglimento di Alleanza Nazionale non abbia insegnato che il tema delle regole interne è certamente essenziale, ma che è addirittura vitale la elaborazione di una proposta di governo credibile, aliena da populismi e demagogia? Ciò significa unità di intenti e di linguaggio su tante questioni, dal rapporto con l’Unione Europea alle politiche nazionali in materia di immigrazione, mercato del lavoro, fisco e stato sociale, riforma della scuola….
San Giuseppe protettore degli inetti
Post scriptum
Ho dimenticato di riportare nell’articolo un episodio emblematico di questa classe politica “crepuscolare”. Dopo Menozzi “colto” a dare le condoglianze (nella stessa Collepasso) con Vigile e macchina del Comune, mi ha, infatti, profondamente disgustato quella sera vedere Gabellone, che abita a Tuglie, farsi accompagnare a Collepasso dall’autista della Provincia, venuto a prelevarlo verosimilmente da Lecce, dove doveva poi fare ritorno. Uno schiaffo alle note e drammatiche problematiche finanziarie della Provincia e, soprattutto, al dramma che stanno vivendo le centinaia di lavoratori licenziati dalle società della Provincia.
La formula su cui s’è retto a lungo il centrodestra è ormai esaurita. E da molto tempo. Ciò sarebbe pure nella fisiologia dei processi politici. Il problema è però che la disabitudine al confronto delle idee, il rifiuto di ogni forma di dissenso (gabellato come “tradimento” in nome del principio “carismatico”) hanno portato all’impoverimento delle risorse umane e delle energie politiche dell’intero schieramento, impedendo l’affermazione un modello alternativo, una nuova proposta politica che fosse capace di reggere all’urto dell’antipolitica e di ricreare le condizioni del consenso in una fase di forte esasperazione sociale e di persistente crisi economica.
Il dato più sconcertante è l’illusione di superare la crisi rinunciando a guardare alla società italiana e a chiedersi perché il centrodestra non riesce più a rappresentare i suoi tradizionali ceti di riferimento. I nodi di questo gap cognitivo sono venute al pettine in queste settimane di candidature e di formazioni di liste in vista delle regionali del 31 Maggio. Il caso Puglia, con Forza Italia che si affida a un candidato diverso da quello originariamente scelto, cioè con Adriana Poli Bortone che scende in campo per sfidare Francesco Schittulli, è l’emblema di una disarticolazione politica di cui, al momento, non si vede la soluzione.