Fabrizio Marra, in solitaria, alle Tre Cime di Lavaredo
16 Giugno 2016Una rovinosa caduta in allenamento di Gianni Cenere più un increscioso evento familiare a Gianni De Luca hanno di fatto sciolto il collaudato trio “granfondista” della CICLISTICA COLLEPASSESE 1974, costringendo Fabrizio Marra a partecipare in solitaria alla tanto attesa “3 EPIC” ad Auronzo di Cadore (Belluno).
Aggregatosi per la logistica del viaggio e soggiorno agli amici di Casarano e Racale, Fabrizio (classe 1973), vicepresidente della storica Società collepassese, in sella dall’età di sette anni, ha affrontato con il consueto spirito di sacrificio e razionalità che lo contraddistinguono le durissime rampe di ben sei picchi, l’ultimo dei quali “TRE CIME DI LAVAREDO” di autentica sofferenza, per un totale di 4273 metri di dislivello (distribuiti su un percorso di 130 km).
“In pratica – racconta Fabrizio – si è trattato di una vera e propria montagna russa che abbracciava l’intero tragitto, poiché tratti pianeggianti non esistevano proprio; si passava continuamente da un’aspra ascensione ad una discesa mozzafiato su strade molto strette e pericolosi tornanti, e questo per sei volte”.
Non si trincera affatto dietro un dito anche nel raccontare di aver percorso a piedi due o trecento metri dell’ultima asperità, quando la velocità era ormai scesa a meno di dieci km/h e perciò controproducente rispetto allo sforzo sui pedali.
“Ma lo han fatto in molti – si consola – e per questo non mi son sentito un brocco, vista la dura realtà”.
Il pensiero non può non andare all’impresa di Fausto Bertoglio su quella stessa strada durante il Giro d’Italia che vinse nel 1975, dopo anni di trionfi stranieri; per la prima volta Bertoglio introdusse per la scalata una tripla moltiplica (52/42/32), potendo alleggerire notevolmente il pignone posteriore e ottenendo rapporti più corti e più produttivi.
Per molti dei partecipanti alla “3 EPIC” non sono stati sufficienti neanche questi; ma, signori lettori, stiamo parlando di quarantenni con lavoro e famiglia, che forti solo della passione strappano per tutto l’anno “diosacome” poche ore di allenamento agli impegni quotidiani e, per giunta, in un territorio completamente dissimile dalla location alpina affrontata.
Giuseppe Lagna