“Cambiano i tempi, ma i problemi sono sempre gli stessi”: un ricordo dell’avv. Antonio Sindaco, ripercorrendo gli anni ‘70
30 Ottobre 2016E’ morto giorni fa, all’età di 80 anni, l’avv. Antonio “Uccio” Sindaco. Ha esercitato per decenni la sua professione a Collepasso (il primo studio in piazza Dante, 26) e a Galatina, dove ha svolto anche la funzione di Giudice di Pace nell’ultimo decennio della sua attività. Cinque anni fa, subito dopo aver lasciato l’incarico di Giudice di Pace ed essere andato in pensione, Uccio iniziò ad avvertire i primi sintomi di quel terribile male che riporta la mente e il corpo nell’originario “buco nero” dell’Ignoto.
Agli inizi degli anni ’70, l’avv. Sindaco aderì al P.S.I., di cui divenne segretario sezionale, e nel giugno 1975 fu eletto consigliere comunale e poi vicesindaco nella prima amministrazione di centrosinistra (DC-PSI-PSDI), che ebbe vita brevissima. La sua stessa attività amministrativa fu breve, poiché nel 1978 si dimise anche da consigliere e preferì dedicarsi completamente all’attività professionale e alla famiglia. Lascia la moglie Letizia e quattro figli (Luigi, Carlo, Francesco, Anna Maria), che ho rivisto tutti insieme dopo tanti anni, seppur nella triste occasione.
Mi legava ad Uccio un’antica amicizia, iniziata nei primi anni ’70 per ragioni politiche, ed un rapporto di stima, mai interrotto negli anni. In quegli anni ero segretario sezionale del P.C.I. e anch’io fui eletto per la prima volta consigliere comunale nel giugno 1975. Sebbene fossimo stati avversari politici e pur nella dialettica delle diverse posizioni, non ho avuto mai screzi o scontri particolari con l’avv. Sindaco, nonostante che il personaggio venisse spesso dipinto come uomo duro e scostante. Con Uccio ho mantenuto sempre, almeno sino all’esplodere della sua malattia, un reciproco rapporto di amicizia, di stima e di confronto leali.
Risistemando il mio archivio, ho ritrovato documenti vari che riguardano quel periodo amministrativo e un più recente articolo (dicembre 1996) dell’avv. Sindaco pubblicato su “Espresso Sud”, dal significativo titolo “Collepasso: un paese ricco con un’Amministrazione povera” ed un ancor più emblematico occhiello: “Cambiano i tempi, ma i problemi sono sempre gli stessi”. Un articolo, attuale sotto certi aspetti, in cui, tra l’altro, l’avv. Sindaco si esprimeva in maniera molto lusinghiera nei miei confronti. Pur non interessandosi più di politica, Uccio si dilettava a scrivere, di tanto in tanto, di questioni politiche ed amministrative.
Per leggere integralmente l’articolo, cliccare su articolo avv. Sindaco.
L’avv. Sindaco è stato l’ultimo dei tre “storici” avvocati collepassesi laureatisi negli anni ’60, che hanno caratterizzato per decenni l’attività forense nel nostro paese e, per un certo periodo, anche quella politica. Gli altri due, scomparsi prematuramente, erano l’avv. Antonio “Uccio” Longo, sindaco dal 1978 al 1980, e l’avv. Aldo Zappatore, consigliere comunale e consigliere di Amministrazione della Banca Popolare di Aradeo (una degli “avi” dell’attuale Banca Popolare Pugliese) per alcuni anni. La tradizione e l’attività forense dei tre viene oggi proseguita dai figli (Luigi Sindaco, Fabio Longo e Walter Zappatore) e da una nuova e più nutrita generazioni di legali, due dei quali, a conferma della buona tradizione forense collepassese, attualmente anche Giudici di Pace (avv. Franco Longo e avv. Franco Giustizieri, anche loro in Consiglio comunale per alcuni anni).
La scomparsa dell’avv. Sindaco mi ha riportato alla mente fatti e personaggi degli anni ’70, che videro tantissimi nuovi e giovani protagonisti affacciarsi alla ribalta della vita politica ed amministrativa. Anni in cui, nonostante la durezza degli scontri, si riusciva a conservare un rapporto civile tra i protagonisti della politica e si intessevano confronti talora duri, ma di rispetto reciproco. Quel decennio e quelli successivi meriterebbero una riproposizione e un’analisi più serie, complete e obiettive e non una metodologia storica assai parziale ed episodica, poco obiettiva e fortemente tendenziosa che qualche pur lodevole “storico” locale “di parte” (politica e amministrativa) tende incorreggibilmente a divulgare “a spizzichini”.
Nonostante che io ed altri giovani non avessimo accolto il suo invito ad aderire al P.S.I. e ci fossimo iscritti al P.C.I., l’avv. Sindaco aveva mantenuto con me un buon rapporto (e lo mantenne sempre). E quando, in vista delle elezioni amministrative del giugno 1975, gli proposi una lista civica unitaria per mandare la D.C. all’opposizione, lui accettò di buon grado e ci mettemmo a lavorare per trovare un capolista di prestigio e super partes. A modo suo, anche l’avv. Sindaco era all’epoca uno spirito ribelle ed anticonformista e mal sopportava l’ultradecennale e pesante predominio D.C. a Collepasso. Individuammo la “figura ideale” nel prof. Andrea Rotella, che era stato il primo sindaco D.C. del periodo postbellico, lasciando buona memoria di sé, poi critico con questo partito e spostatosi su posizioni di sinistra. Nonostante le nostre insistenze, però, il prof. Rotella, che ormai si sentiva lontano dalla politica (e dal paese), non accettò la nostra pressante proposta. Altri candidati di quel livello e capaci di farci vincere non riuscimmo ad individuare. Per cui ci presentammo con i simboli dei partiti di appartenenza, considerato che allora si votava con il proporzionale.
Il 1975 fu anche a Collepasso l’anno del boom del P.C.I., che passò da uno (l’uscente e mitico “Ciccillo” De Lazzari) a quattro consiglieri. I cittadini di Collepasso gratificarono anche la mia candidatura a consigliere provinciale con il 27% dei voti (nel 1970 il PCI aveva avuto il 2%).
Uccio Sindaco, dicevo, aveva cercato ripetutamente negli anni precedenti di convincere tanti di noi giovani “emergenti” ad iscriversi al P.S.I., offrendoci anche la segreteria del partito. La sua insistenza divenne maggiore dopo il fallimento del M.P.L. (Movimento Politico dei Lavoratori) di Livio Labor nelle elezioni politiche del 7 maggio 1972 (ricordo ancora l’”inno”: “Il 7 maggio non farti ingannare, EmmePiElle dovrai votare, Movimento politico dei lavoratori, per condannare la corrotta diccì….”). Labor, già presidente nazionale delle ACLI, aveva staccato questa associazione dal collateralismo con la D.C. e l’aveva indirizzata verso quella che fu definita “la scelta socialista”. L’EmmePiElle, sorto a Collepasso alla fine del 1969 su iniziale impulso mio e di tanti altri giovani (Vito De Prezzo, Enzo Manta, Grazio Longo, Giovanni Filieri, Silvano Perrini, ecc., ecc.), aveva raccolto l’adesione e organizzato la protesta di 60-70 giovani, che per la prima volta si avvicinavano alla politica, si riunivano a “studiare” e a confrontarsi tre volte la settimana e contestavano apertamente, per la prima volta dal dopoguerra, l’ultradecennale predominio D.C.. Tra questi anche tanti, persino ragazzetti, che poi hanno intrapreso scelte politiche diverse (tra gli stessi promotori, alcuni ritornarono a “mamma D.C.”, molti si iscrissero al P.C.I., pochi al P.S.I., altri presero strade differenti).
In quella fase tanti – eccetto i democristiani più retrivi, che ci vedevano come “il fumo negli occhi” e ci “perseguitavano” (molti di noi erano usciti dalla D.C. dopo pochi mesi di militanza, visto il persistente e inamovibile predominio di Pippi Errico) – ci guardavano con sorpresa, rispetto ed attenzione (potrei raccontare tanti aneddoti). Ricordo l’attenzione che ci prestavano, oltre l’avv. Uccio Sindaco (socialista), anche i democristiani avv. Uccio Longo (con il quale instaurai per lungo tempo un “rapporto privilegiato” di grande amicizia e confronto) e il giovane Salvatore Marra, Adilvio Verardi (socialdemocratico) e l’avv. Aldo Zappatore (un “destrorso”, più che un fascista), con i quali mi intrattenevo spesso nei rispettivi studi o ci intrattenevamo “sulla villa”. Con Aldo, poi, che abitava proprio in piazza ed era il più estroverso ed anticonformista, “gigionavamo” sino a tarda notte… ci sarebbero innumerevoli e simpatici aneddoti da raccontare. Rimando a successive occasioni.
Il 1975 fu, soprattutto, l’anno in cui la D.C., per la prima volta perse a Collepasso la maggioranza assoluta, che deteneva da qualche decennio in ogni tipo di elezione.
Sino alle elezioni del 1975 D.C. e M.S.I. sommavano insieme quasi l’80% del consenso popolare. Il P.C.I. era stato sempre il 4°-5° partito del paese. Nelle elezioni del 15 giugno 1975 (si votava anche per le provinciali e le regionali), invece, il P.C.I. divenne il 2° partito dopo la D.C., superando il M.S.I.. In quelle elezioni amministrative la D.C. ottenne otto consiglieri (Pippi Errico, Cici Longo, Giovanni Filieri, Giovanni Errico, Salvatore Marra, Domenico Sindaco, Guerino Moscara, Grazio Colazzo), quattro il P.C.I. (Pantaleo Gianfreda, Vito De Prezzo, Anna Errico, Tommaso De Simone), tre la lista civica M.S.I. (Alberto Traldi, Ercolino Sindaco e Aldo Zappatore), due i dissidenti D.C. “Cattolici popolari” (avv. Antonio Longo e Carlo Marra), due il P.S.I. (avv. Antonio Sindaco e Donato Mangia), uno il P.S.D.I. (Adilvio Verardi).
Fu particolarmente travagliata in quell’anno l’elezione di Sindaco e Giunta, che allora era prerogativa del Consiglio comunale, eletto con il sistema proporzionale (sbaglia chi dice che “si stava meglio allora”… non ha vissuto o non ricorda i travagli e le vicende di tanti sindaci e giunte che duravano il “tempo di un fiat”, che si facevano e disfacevano nel giro di pochi giorni…).
D.C., P.S.I. e P.S.D.I. riuscirono finalmente, il 16 agosto 1975, a sottoscrivere un “accordo politico programmatico”, interessante da leggere per curiosità e “memoria storica” (cliccare su accordo-programmatico-16-8-75). Si era tentato inutilmente, sull’onda del successo del P.C.I., di creare una maggioranza di “centrosinistra avanzato” cercando di mandare la D.C. all’opposizione. L’avv. Sindaco era tra coloro che non disdegnavano “equilibri più avanzati”, ma non erano maturi i tempi e gli opportunismi e i condizionamenti politici non permisero la svolta attesa.
L’elezione della nuova amministrazione avvenne, poi, nei Consigli comunali del 23 e 30 agosto. Sindaco fu eletto il geom. Luigi Longo, vicesindaco l’avv. Antonio Sindaco, assessori effettivi Domenico Sindaco, Giovanni Filieri e Adilvio Verardi, assessori supplenti (allora c’era anche questa figura di amministratore) Giovanni Errico e Guerino Moscara.
Per la prima volta la D.C. era, comunque, costretta a coalizzarsi con altri partiti per governare Collepasso. Il travaglio era stato lungo ed era originato in primo luogo dalle contrapposizioni interne delle correnti D.C., soprattutto dallo scontro tra il sindaco uscente cav. Giuseppe Errico, riconfermatosi primo degli eletti, che aveva governato il paese per oltre 15 anni, e il geom. Luigi Longo, per anni potente assessore ai Lavori Pubblici, ma anche dalla durezza del confronto programmatico imposta dall’avv. Sindaco. Ricordo che subito dopo le elezioni Pippi Errico “mi mandò a chiamare sul Comune” e mi propose (ma rifiutai sdegnosamente e forse ingenuamente) di fare il vicesindaco (con lui sindaco) per emarginare Cici Longo, suo principale avversario interno, che era stato anche uno dei bersagli principali (insieme al cav. Errico) delle opposizioni di sinistra in quella campagna elettorale.
Gli anni precedenti erano stati, infatti, gli anni del più incredibile “sacco urbanistico” di Collepasso, in cui le amministrazioni D.C. avevano permesso la distruzione di un bosco di 12/14 ettari (ne rimangono oggi solo due – l’attuale “Parco Bosco” -, mentre l’originario bosco si estendeva ed era delimitato dall’attuale via Bosco, ivi compresa la Scuola Media – dalla cabina elettrica sin quasi al vecchio cimitero – da un lato, e , dall’altro, dalla strada per Cutrofiano) per dare il via alla più dissennata e feroce speculazione edilizia della storia del nostro Comune. Gli anni in cui il nuovo Programma di Fabbricazione, approvato nel 1974, aveva “istituzionalizzato” lo “scempio urbanistico” e sovradimensionato a dismisura il fabbisogno edilizio del Comune per permettere l’inserimento nel nuovo P.d.F. di ettari ed ettari di aree agricole e la loro trasformazione in aree fabbricabili, riconducibili a proprietari (uno in particolare) legati “a doppio filo” con qualche amministratore. Scelte di cui ancora oggi “soffre” la nostra comunità. Contravvenendo alle più basilari regole di sviluppo urbanistico, si impose allora uno sviluppo urbanistico “longitudinale” del paese, comprendente lontane aree sulla via per Parabita e quelle del “bosco distrutto”. Tutte appartenenti, guarda caso, ad un unico proprietario! La speculazione, che arricchì pochi (tra i quali alcuni amministratori, geometri e zanzali), distrusse un inestimabile patrimonio boschivo e provocò enormi disastri ambientali, che nei decenni successivi costarono enormemente alla casse pubbliche per risistemare artificialmente il deflusso delle acque in un’area, che, essendo la più depressa del paese, aveva da sempre rappresentato lo sbocco naturale delle acque piovane nelle diverse “vore” naturali presenti nel bosco, che ora, invece, iniziarono a ristagnare e persino ad allagare il paese (memorabili i “canotti” in piazza in quegli anni). Assurdo ed inconcepibile aver distrutto le diverse “voragini naturali” che “inghiottivano” l’acqua nell’area boschiva e poi, poco distante, costruire nuove “voragini artificiali” per ovviare ai gravi danni contronatura provocati dalla selvaggia urbanizzaione decretata dagli amministratori D.C.! Ad aggravare tale situazione contribuì anche l’urbanizzazione selvaggia di vaste aree della parte collinare del paese. Mentre prima quelle aree agricole trattenevano naturalmente le acque piovane, ora, rese edificatorie ed impermeabili dopo la costruzione di strade e case, le faceva “ruscellare” verso il centro, provocando allagamenti, che sono stati “irreggimentati” artificialmente solo in quest’ultimo decennio, con enorme dispendio di pubblico denaro. Un disastro urbanistico, a monte e a valle del paese, reso possibile dalle scellerate scelte di quella D.C., dalle speculazioni edilizie e dal P.d.F. del 1974.
Lo stesso avv. Sindaco e i socialisti avevano “tuonato” nella campagna elettorale contro questo stato di cose. I travagli nella formazione dell’Amministrazione, in quell’agosto 1975, furono, pertanto, molti e non promettevano niente di buono per il futuro. Già a dicembre dello stesso anno, infatti, l’Amministrazione entrò in crisi e ben 13 consiglieri (tra cui tre D.C. legati a Pippi Errico) su 20 chiesero la verifica della maggioranza (cliccare su volantino pci 27-12-75). La crisi e le tensioni continuarono per mesi e “una mano” alla D.C. venne data dal consigliere PSDI e da alcuni consiglieri della civica missina. Il culmine delle tensioni e dello scontro avvenne allorché i consiglieri avv. Antonio Sindaco, Donato Mangia e chi scrive chiesero al Tribunale di Lecce, nel maggio 1977, la decadenza del sindaco geom. Luigi Longo, dell’assessore Adilvio Verardi e dei consiglieri cav. Giuseppe Errico e avv. Aldo Zappatore “per incompatibilità”, essendo i quattro “soci della Banca Popolare di Aradeo che gestisce il Servizio di Tesoreria ed Esattoria delle Imposte Dirette del Comune di Collepasso” (cliccare su ricorso 28-5-77). La vicenda giudiziaria si concluse un anno dopo allorché il Tribunale, dando ragione ai ricorrenti, determinò la decadenza dei quattro. Fu una vittoria per l’opposizione e, soprattutto, per l’avv. Antonio Sindaco, che, disgustato dalle vicende politiche, aveva già mesi prima presentato le sue dimissioni da consigliere comunale, accolte poi dopo altri mesi (in quei tempi le dimissioni non erano immediatamente esecutive, ma dovevano essere votate dal Consiglio). Pago del risultato ottenuto, avendo determinato la sconfitta di suoi due tradizionali avversari politici, e deluso dalle vicende amministrative, l’avv. Sindaco abbandonò la vita politica. Pippi Errico concluse di fatto la sua esperienza politico-amministrativa, mentre il geom. Longo fu rieletto sindaco nel 1990, ma anche questa volta per soli due anni (a metà 1992, infatti, a seguito di una coraggiosa battaglia del P.C.I. contro la malavita, il Consiglio comunale fu sciolto e il Comune commissariato con il dinamico e indimenticabile dott. Francesco Greco, dopo che i consiglieri P.C.I. e P.S.I. convinsero la maggioranza D.C. a presentare tutti insieme le dimissioni, al fine di evitare la paventata “onta” dello scioglimento del Consiglio comunale – insieme a quello di altri quattro Comuni della provincia – per infiltrazioni mafiose e condizionamenti della malavita nella vita amministrativa collepassese). Pippi Errico e Cici Longo vennero surrogati, nel Consiglio comunale del 5 giugno 1978, con Pippi Scollato, divenuto poi capogruppo, e Mario Calò. All’avv. Zappatore subentrò il geom. Giovanni De Simone, Gigi Mazzotta ad Adilvio Verardi e il geom. Carmine Grasso all’avv. Antonio Sindaco.
Le evoluzioni politico-amministrative successive meriterebbero altra trattazione. Perché nei mesi successivi la D.C. portò a compimento la maxioperazione di trasformismo iniziata da tempo (già nel corso del 1976 il “cattolico popolare” geom. Carlo Marra aveva sostituito in Giunta il dimissionario avv. Sindaco). Il gruppo “civico missino”, storica “stampella” della maggioranza democristiana (con l’eccezione dell’indimenticabile e onesto Ercolino Sindaco), “si travasò” quasi completamente nella D.C.: Alberto Traldi (cliccare su volantino pci 28-5-78) e Giovanni De Simone aderirono a quel partito insieme ai “cattolici popolari” Carlo Marra e avv. Antonio Longo (poi eletto sindaco), permettendo alla D.C. di riconquistare la maggioranza assoluta in Consiglio, sebbene continuassero le “guerre intestine” tra le diverse correnti democristiane. Dopo varie e strumentali manovre dilatorie della D.C. (cliccare su volantino pci 21-5-78), fu ricostituita una larga maggioranza di 13 consiglieri – di fatto un monocolore D.C. – anche con l’appoggio dell’unico consigliere socialdemocratico Gigi Mazzotta, subentrato ad Adilvio Verardi. L’avv. Longo fu eletto sindaco nel Consiglio comunale del 5 giugno 1978 solo alla seconda votazione con 12 voti (11 voti D.C. e un voto PSDI, assente il d.c. Salvatore Marra), dopo essere stato “impallinato” alla prima votazione da tre “franchi tiratori”. Le persistenti lotte intestine alla D.C. portarono, poi, l’avv. Longo a presentare le sue dimissioni da sindaco e consigliere il 7 novembre successivo con una memorabile lettera che conservo nel mio archivio… poi, ancora una volta, la D.C. riuscì a ricompattarsi, rieleggere sindaco l’avv. Longo e portare a termine i due residui anni amministrativi.
Sarebbero tante le “storie e storielle” (e la “storia”, quella vera!) da raccontare di quel quinquennio e di quelli successivi, di cui conservo adeguata documentazione… ma ci vorrebbe (e non basterebbe) un corposo libro per ricordare agli “smemorati” e ad improvvisati “storici” che “edulcorano” quei periodi (anche per tacitare proprie responsabilità) spulciando qua e là episodi marginali e strumentali, che anche le “recenti” (storicamente) vicende politiche ed amministrative non sono state tra le più brillanti ed esemplari dell’intera e tormentata storia di Collepasso!
Forse l’avv. Antonio Sindaco, la cui scomparsa mi ha ispirato questo lungo (e insufficiente) excursus storico sulle vicende amministrative di quegli anni ’70, aveva capito che forse Collepasso è – scusate il termine pessimistico – “irriformabile” e non conveniva “sprecare tempo”… Non so se sbagliasse. Non mi pare, però, che Collepasso abbia fatto “passi da gigante” in questi ultimi 40-50 anni, nonostante l’impegno e le proposte di alcune parti politiche. Anzi… Certo è che l’avv. Sindaco abbandonò la vita politico-amministrativa e preferì dedicarsi con grandi soddisfazioni alla professione e alla famiglia. Chissà se non avesse profeticamente ragione lui… “Cambiano i tempi, ma i problemi sono sempre gli stessi”… e Collepasso non cambia mai! Riposa in pace, Uccio!
Pantaleo Gianfreda
Grazie Pantaleo per questi ricordi sempre ben documentati. Ovviamente la storia si scrive da un punto di vista, ma le fonti sono sempre fonti.
Ed e’ proprio leggendo le fonti che proponi che mi sorge una domanda alla quale, forse, sarebbe interessante dare una risposta. Se non pubblicamente, almeno nelle riflessioni che ognuno puo’ fare.
Quando e’ successo che chi ha fatto militanza nel PCI e quindi nel PDS e quindi nei DS e quindi ora nel PD ha smesso di rivendicare e difendere la legalita’ per diventare tollerante nei confronti degli evasori fiscali e dei criminali?
Secondo te il PD di oggi e’ il PCI di ieri? Saltiamo per un attimo PDS e DS: i due soggetti agli apici della catena, sono comparabili?
Cambiano le persone, cambiano i tempi, cambiano gli strumenti (poetico il volantino scritto a mano), purtroppo cambiano i valori.
E credo sia per questo che chi fa politica con passione, come racconti abbia fatto l’Avv. Sindaco con il quale non ho mai avuto il piacere di discutere, alla fine abbandoni Collepasso e la politica in genere. I valori non si vendono. I valori non si cambiano.
Come riesci a sentirti ancora parte di questa politica? Ma ti immagini un volantino scritto oggi da qualsiasi forza che componga l’attuale Parlamento che richiami a rispetto delle regole, a rispetto delle sentenze, che difenda la democrazia, che difenda la legalita’ e il rispetto delle le leggi? Ma de cce sta cuntamu????
Mi dicono che faccio il qualunquista. Lo so, non c’e’ bisogno che me lo dica nessuno. Sono sempre stato abbastanza critico con me stesso. Ma cosa altro rimane per non impazzire se non il qualunquismo. Ma te veru pozzu pijare seriamente chiunque cerchi di fare politica – locale e nazionale – oggi? Cioe’, davvero sono persone serie secondo te? Sono persone che dove le lasci la sera le trovi la mattina???
Non immagini quanto dolore nel vedere questa violenza volgare nei confronti del mio Paese e delle sue istituzioni. Volgarita’ e strafottenza. All’America non e’ che siano meglio, ma non e’ il mio paese. E non me ne frega niente di come lo trattino, il mio e’ un matrimonio di interesse con questo paese. Ma il mio Paese, bhe, li’ c’e’ sentimento. E a vederlo trattato cosi’, il minimo che posso fare e’ diventare qualunquista per cercare di non perdere la memoria di cio’ che di nobile era nella politica. Anche i partigiani erano abbastanza qualunquisti.
Bravo Pantaleo!