25 anni fa la vittoria di Alleanza Democratica nelle elezioni del 13-14 dicembre 1992. La “grande occasione” mancata

16 Dicembre 2017 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Assemblea sull’ordine pubblico del 13 febbraio 1993. Da sin.: comandante dei Vigili Antonio Malerba, sindaco Leonardo Malorgio, sindaco di San Vito Rosa Stanisci, vicesindaco Pantaleo Gianfreda, on. Antonio Bargone (Commiss. Parlamentare Antimafia) e giudice Antimafia Francesco Mandoi

Una doverosa premessa. Questo scritto rievoca eventi della storia recente di Collepasso. Per questo è un po’ lungo, ma anche eccessivamente sintetico. E’ rivolto a chi è interessato alle vicende storiche della nostra comunità e va letto come “capitolo” di un “libro” in continua scrittura. Chi avrà poi la pazienza di “percorrere” questo scritto sino in fondo, approfittando delle imminenti festività natalizie, potrà conoscere “chicche” (all’apparenza marginali), che rivelo per la prima volta, ma che hanno fortemente inciso sulla vita politica, amministrativa e sociale del nostro paese.

25 anni fa, nelle elezioni amministrative del 13-14 dicembre 1992, una formazione civica di ispirazione progressista e di sinistra, conquistava per la prima volta il Comune di Collepasso. Era la lista di “Alleanza Democratica per Collepasso”.

Da sempre, sin dall’Autonomia del 1907, il Comune era stato “appannaggio” delle destre e della Democrazia Cristiana. Nel periodo prefascista, le destre si spartivano i seggi sia di maggioranza che di minoranza. In quello postfascista, invece, tranne il quinquennio 1951-56 con la rielezione a sindaco dell’ex podestà (ed ex sindaco del periodo prefascista) Carlo Viva, ci fu il lungo ed ininterrotto predominio della D.C., nel corso del quale all’opposizione predominavano le destre. Le sinistre erano state sempre relegate ad un ruolo marginale di pura testimonianza. Almeno sino alle elezioni del 1975, quando ci fu il successo della lista PCI di noi giovani comunisti (passammo dall’unico consigliere del 1970, l’indimenticabile “Ciccillo” De Lazzari, a quattro), il PSI ottenne due consiglieri e una lista di ispirazione cattolico-democratica altri due.

La vittoria di A.D. e la sconfitta D.C. furono un evento storico e l’approdo finale di processi politici nazionali e, soprattutto, locali.

A livello nazionale era esploso lo scandalo di Tangentopoli, che segnò la fine del pentapartito e dei vecchi e tradizionali partiti politici coinvolti negli scandali, in primo luogo DC e PSI.

A livello locale la quarantennale gestione D.C., che solo due anni prima aveva conseguito la maggioranza assoluta (12 consiglieri su 20) nelle elezioni del 6-7 maggio 1990, volgeva ormai al termine. Essa si dimostrò incapace di gestire i tempi diversi che avanzavano e, soprattutto, di far fronte con rigore ed efficacia ad alcune tormentate ed inquietanti vicende. Nel 1990 la DC era riuscita ad eleggere Giunta e Sindaco solo il 3 agosto, tre mesi dopo le elezioni. L’Amministrazione fu poi dilaniata e travolta da divisioni interne e, soprattutto, dalle gravi vicende denunciate nel giugno 1991 dalla Commissione Parlamentare Antimafia, che aveva paventato la possibilità di scioglimento del Consiglio comunale di Collepasso e di altri quattro Comuni per collusioni con la malavita. Per la verità, quelle vicende affondavano le radici soprattutto nel precedente quinquennio del sindaco Silvano Errico, che aveva lasciato pesanti eredità al suo ex mentore soprattutto nella gestione della Nettezza urbana, affidata ad elementi “poco raccomandabili”, della sicurezza pubblica e di alcuni uffici, in cui qualcuno agiva in stretto contatto con elementi della malavita.

Negli anni ’80 alcuni fenomeni di (apparente) microcriminalità, legata a noti e pericolosi personaggi locali e di Comuni vicini, avevano iniziato ad emergere e connotare la vita sociale e politica, caratterizzandosi per un rapporto ambiguo con il Comune, da cui pretendevano (e imponevano) posti di lavoro. La subalternità a certe pretese e la mancata fermezza di sindaci ed assessori, che concessero a tali elementi varie assistenze e lo stesso servizio della Nettezza urbana, avevano di fatto reso il Comune ostaggio di prepotenti e violenti. Alcuni amministratori (anche di maggioranza) e dipendenti vennero fatti oggetto di intimidazioni, furti, aggressioni e persino attentati. Inutilmente il PCI (poi PDS), io in prima persona, nel tentativo di contrastare questa pericolosa deriva, denunciava pubblicamente e ripetutamente questi gravi fatti e la sostanziale inerzia delle Amministrazioni. Le reazioni furono varie e devastanti, raggiungendo il culmine nell’ottobre 1989, allorché vennero incendiati il capannone della coop. Il Quadrifoglio, di cui ero presidente, macchinari, automezzi, trattori, tabacco in deposito, ecc. e furono rubati altri macchinari (poi ritrovati incendiati), che diedero “il colpo di grazia” a quell’originale esperienza cooperativa. I responsabili di quelle azioni non furono mai individuati, nonostante le mie denunce ed evidenti gli autori. Solo un gruppo facente capo alla criminalità organizzata e a solidi referenti locali avrebbe potuto, infatti, portare a termine un’azione criminale così complessa e devastante.

Gli effetti devastanti dell’incendio del capannone della coop. Il Quadrifoglio ad opera della criminalità organizzata (ottobre 1989)

La Sacra Corona Unita era presente anche a Collepasso e, come scriveva “La Gazzetta del Mezzogiorno” in un articolo dell’1.8.1991, “su tutto il territorio provinciale: la sua ramificazione, anzi, avrebbe raggiunto il considerevole numero di circa 1.000 affiliati, distribuiti in quasi tutti i 97 comuni della provincia di Lecce, ai quali andrebbero aggiunti un migliaio di simpatizzanti”. L’articolo riportava i dati “contenuti in una sorta di «libro rosso» approntato dai carabinieri del Gruppo di Lecce e riferiti al periodo gennaio 1990, primavera 1991”. Secondo questo «libro rosso», tra i “954 presunti affiliati all’organizzazione di stampo mafioso” si contavano “38 a Parabita, Matino, Collepasso”.

Non bisogna poi dimenticare, come ho già scritto in un precedente e recente articolo, che il 23 giugno 1991 era stato catturato a Collepasso il mesagnese Salvatore Buccarella, pericoloso latitante della Sacra Corona Unita, dopo un clamoroso blitz dei Carabinieri nella casa-masseria di periferia di un noto pregiudicato, 

Senza entrare oltremodo in tutte le inquietanti vicende di quel periodo, che meriterebbero approfondimenti ulteriori, era questo il quadro in cui operava l’Amministrazione eletta nell’agosto 1990. Le precedenti avevano sempre sottovalutato i gravi fatti presenti anche nel nostro paese, disconoscendone persino la matrice criminale e rilegandoli a ruoli di marginale microcriminalità. Il sindaco Luigi Longo tentò timidamente di dare discontinuità rispetto alla precedente Amministrazione, ma venne  ostacolato e combattuto dai suoi stessi compagni di partito e la vita amministrativa fu caratterizzata da divisioni, precarietà, indecisioni e polemiche. Sindaco e Giunta si dimisero la prima volta nel giugno 1991 dopo le denunce dell’Antimafia, salvo poi ritirare le dimissioni. Il 1992 fu, però, “anno fatale” per l’Amministrazione D.C., travolta dalle rinnovate denunce di collusione con la malavita e dalle sue divisioni. L’elezione ad assessore di Silvano Errico, avvenuta nel Consiglio del 14 marzo e che doveva servire a ricomporre le varie anime della maggioranza, venne annullata dal Comitato di Controllo perché priva della maggioranza assoluta necessaria (ottenne 10 voti invece che 11). Erano mancati i voti dell’assessore dimissionario Silvia Antonaci e del consigliere Salvatore Perrone, nuovo “pupillo” del sindaco Luigi Longo, ambedue assenti alla votazione. Questo fatto accentuò le divisioni.

Il 3 aprile 1992 avvenne un fatto gravissimo. Il Comitato di Controllo aveva bocciato il giorno prima la delibera consiliare votata dalla sola DC che riguardava la convenzione con “ditte individuali” per la gestione del servizio di nettezza urbana. I giornali diedero ampio spazio alla notizia, riportando anche una dura presa di posizione della segreteria provinciale PDS, che scriveva: “Nella vicenda delle convenzioni per alcuni servizi comunali è chiaramente visibile il segno della volontà di contraccambiare alcuni elementi legati alla criminalità per i favori ottenuti nell’ultima campagna elettorale amministrativa. Ma anche nel caso in cui gli amministratori democristiani e i funzionari di Collepasso fossero alle strette perché sottoposti esclusivamente a odiosi ricatti, la gravità dei fatti non sarebbe minimamente attenuata”. Il PDS chiedeva, pertanto, l’intervento del Prefetto e del Ministro “prima che tutto degeneri, utilizzando tutti gli strumenti consentiti dalla legge, compreso lo scioglimento del Consiglio comunale per ripristinare la legalità”. In quella mattinata del 3 aprile, dopo il risalto dato dalla stampa alla notizia, io ed il cons. Tommaso De Simone venimmo aggrediti vicino al Municipio da queste “ditte individuali”, costretti a riparare nell’Ufficio dei Vigili e, infine, “liberati” solo dopo l’intervento dei Carabinieri, sollecitati dal Prefetto a seguito di una decisa telefonata dell’on. Massimo D’Alema, in quei giorni a Lecce per impegni politici. “Aggressione, minacce e sputi dopo la denuncia del Pds. «Questo Consiglio va subito sciolto»”, titolò il “Quotidiano di Lecce” in un articolo pubblicato il 5 aprile.

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Dopo le polemiche sulla malavita” che ne seguirono, il 18 aprile 1992 Sindaco e Giunta si dimisero, invocando “dialogo e collaborazione” con tutte le forze politiche. Il tentativo di formare una nuova Amministrazione con tutti i partiti non riuscì. Alla scadenza dei termini previsti, la D.C. decise di “gettare la spugna” dopo che per ben due volte aveva disertato il Consiglio comunale per eleggere un nuovo Sindaco e una nuova Giunta, non senza aver compiuto un ultimo ed estremo tentativo. Nel Consiglio del 16 giugno, infatti, la DC si presentò in Consiglio con una proposta all’apparenza innovativa, che prevedeva l’elezione di Salvatore Perrone a sindaco e di nuovi assessori: Cosimo Costantini (vicesindaco), Giuseppe Malerba, Paolo Menozzi e gli esterni Leonardo Malorgio e Donato Stifani. Fu tutto inutile. Dopo una mia (e di Vito Perrone) memorabile battaglia, tutti i consiglieri, eccetto uno, si convinsero che quel Consiglio era ormai giunto al termine e presentarono le dimissioni. Il sindaco Luigi Longo, assediato all’interno dalle divisioni della maggioranza e all’esterno dalle “polemiche sulla malavita”, aveva capito che quelle dimissioni rappresentavano il “male minore” per il Comune, che rischiava lo scioglimento del Consiglio da parte del Ministro dell’Interno per collusioni con la criminalità organizzata e un lungo commissariamento.

Testo e firme delle dimissioni del 16 giugno 1992

Il Consiglio comunale venne sciolto e nominato Commissario il dott. Francesco Greco.

“dossier Collepasso” del PDS, agosto 1992

Nell’agosto 1992 preparai un corposo “dossier Collepasso”, che distribuimmo come PDS tra i cittadini, in cui riportai tutti gli illuminanti ed eloquenti articoli della stampa provinciale sulle discusse e scottanti vicende degli ultimi due anni.

Era questo il contesto storico e politico in cui si svolsero le elezioni amministrative del 13-14 dicembre 1992.

Lavorai da subito con il mio partito per una lista unitaria e civica di sinistra, avendo come interlocutore Vito Perrone nel PSI e alcuni referenti della c.d. “società civile”. Con grande entusiasmo e coinvolgimento popolare, formammo la lista cui demmo il nome di “Alleanza Democratica” e individuammo il capolista nella figura di Leonardo Malorgio.

La D.C. venne commissariata e affidata a Tonio Tondo, che lavorò per un radicale rinnovamento del partito e della sua rappresentanza amministrativa. Nessuno degli uscenti fu ricandidato e capolista venne designato l’ins. Luigi Meli, un volto nuovo della politica collepassese.

Frontespizio del programma di Alleanza Democratica

Nelle elezioni del 13-14 dicembre, Alleanza Democratica per Collepasso ebbe un grande successo ed ottenne 2152 voti, pari al 49,14%. La Democrazia Cristiana, invece, perse quasi 20 punti rispetto al 1990 ed ottenne 1519 voti, pari al 34,69%.

Si votava ancora con il sistema proporzionale e le preferenze multiple (massimo 4). Altre quattro liste ottennero il seguente risultato: Rifondazione Comunista (capolista Gaetano Paglialonga) 71 voti (1,64%); Partito Repubblicano Italiano (capolista Giorgio Scarlino) 104 (2,38%); Movimento Sociale Italiano (capolista Domenico Manta) 513 (11,72%); persino la Lega Nord presentò una lista (composta da forestieri con capolista tal Nerio Antonini) ed ottenne 21 voti (0,48%). I votanti furono 4607 (voti validi 4380, schede bianche 71, schede nulle 156).

Alleanza Democratica ottenne la maggioranza assoluta con 11 consiglieri: Leonardo Malorgio ebbe 937 preferenze, Pantaleo Gianfreda 858, Vito Perrone 586, Mario Paglialonga 572, Antonio Emanuele 403, Oronzo Gianfreda 390, Vittorio Errico 390, Alfredo Gianfreda 384, Tommaso De Simone 363, Antonio Colazzo 358, Luigi Mazzotta 331 (1° dei non eletti Giuseppe Ria con 286 preferenze, cui seguiva il consigliere uscente Franco Giustizieri con 267).

Lista di Alleanza Democratica

Per la Democrazia Cristiana vennero eletti 7 consiglieri: Luigi Meli con 407 preferenze, Giuseppe Perrone 341, Assunta Monte 330, Vincenzo Ria 290, Maria Rosa Grasso 278, Massimo Sabato 271, Fernando Montagna 241 (1° dei non eletti Vitantonio Costa 232). Per il Movimento Sociale Italiano due: Domenico Manta 282, Antonio Rocco Sindaco 196 (1° dei non eletti Lucia Patrizia Curto). Le altre liste non ebbero alcun seggio (per il PRI il capolista Giorgio Scarlino ottenne 86 voti sui 104 dell’intera lista).

Lista della Democrazia Cristiana

Il primo Consiglio si svolse il 7 gennaio 1993 per l’esame delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità dei consiglieri e, come previsto allora dalla legge, per l’approvazione del Documento programmatico e la contestuale elezione di Sindaco e Giunta.

Il sindaco Leonardo Malorgio

Il nuovo sindaco Leonardo Malorgio e i nuovi assessori ottennero gli undici voti della maggioranza, l’astensione dei due consiglieri MSI e il voto contrario dei sette DC. I nuovi assessori eletti furono Pantaleo Gianfreda (vicesindaco e assessore Partecipazione, Informazione e Sicurezza dei cittadini), Vittorio Errico (Pubblica Istruzione, Cultura, Sport e Spettacolo), Mario Paglialonga (Lavori Pubblici e Urbanistica), Vito Perrone (Bilancio e Servizi sociali), Alfredo Gianfreda (Personale, Ambiente, Culto e Cimitero) e Antonio Emanuele (Programmazione, Finanze, Attività produttive). Su mia richiesta (per motivi che dirò), il Sindaco mi aveva affidato quelle innovative deleghe, che ebbero vasta eco sulla stampa, ma che furono oggetto di sarcasmo nell’intervento del capogruppo DC Luigi Meli: “… cosa significa “sicurezza dei cittadini”… forse il consigliere Gianfreda vuole fare lo sceriffo”, affermò. Risposi che “lo sceriffo l’ho fatto sulla mia pelle e lo farò anche in seguito per riportare ordine in questo Comune”. Il 14 gennaio il neo Sindaco prestò giuramento in Prefettura e la nuova Amministrazione entrò nel pieno delle sue funzioni, convocando il successivo Consiglio l’8 febbraio con 16 punti all’ordine del giorno, tra cui l’approvazione dell’attesa variante per la costruzione della nuova Chiesa Cristo Re ed “esame situazione Ordine pubblico in Collepasso”. Con quest’ultimo punto l’Amministrazione intendeva già dare un segnale forte per affrontare il problema dell’ordine pubblico e preparare la pubblica assemblea che si svolse il 13 febbraio nell’affollatissimo auditorium della Scuola elementare con la presenza del vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia on. Antonio Bargone, del Giudice Antimafia Francesco Mandoi, del sindaco di San Vito dei Normanni Rosa Stanisci (colpita da attentati mafiosi e poi eletta senatrice nel 1994) e del Comandante dei Vigili Antonio Malerba.

Di seguito alcune immagini di cittadini intervenuti a quell’affollatissima assemblea.

Quei primi mesi di attività amministrativa furono esaltanti sotto ogni profilo. Tra l’altro videro la stretta e proficua collaborazione tra Amministrazione, Magistratura e Carabinieri per arginare la criminalità e sensibilizzare i cittadini. Ricordo ancora con stima e gratitudine l’azione incisiva del validissimo e stimatissimo Comandante della Compagnia di Casarano Domenico Punzi e di alcuni suoi collaboratori, come il mar.llo Giannuzzi ed altri. E’ indubbio che il merito maggiore di quella prima Amministrazione fu di salvare Collepasso dalla morsa della criminalità organizzata.

Quel primo ed esaltante periodo meriterebbe una trattazione a parte. Poi, purtroppo, prevalsero gelosie, invidie, rivalità, personalismi, contrasti e anche “trame” che portarono al decadimento (etico prima che politico) e al fallimento di quell’esaltante esperienza e poi di quella successiva.

Il primo “colpo di grazia” fu dato dall’assessore Mario Paglialonga (socialista), che si dimise polemicamente dalla carica di consigliere il 26 luglio 1994 e determinò la caduta dell’Amministrazione. Il 31 luglio, infatti, si dimisero tutti i 9 consiglieri di opposizione e, grazie alle dimissioni determinanti del Paglialonga, il Consiglio venne sciolto. Il Prefetto nominò commissario il dott. Romolo Gusella.

Il “vecchio” aveva prevalso e il passato tentava di ritornare. Paglialonga, già vicesindaco nell’amministrazione DC-PSI di Silvano Errico ed assessore ai LL.PP. e Urbanistica con l’Amministrazione Malorgio, aveva grande considerazione di sé (aveva chiesto la carica di vicesindaco) e una certa insofferenza verso il “nuovo corso”. Pertanto, era “facile preda” delle sue ambizioni e risentimenti, ma anche di chi “tesseva trame” contro l’Amministrazione. Tra questi il geom. Orazio Antonaci, responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale, che ebbe un ruolo centrale nell’opposizione verso la nuova Amministrazione e il sindaco Malorgio (anche per i pessimi rapporti personali tra i due per certe “oscure vicende” tra il fratello arch. Isaia e il tecnico) e rappresentava il “perno” del vecchio sistema di potere democristiano. Paglialonga, tra l’altro, essendo assessore al ramo, intratteneva rapporti quotidiani con l’Ufficio tecnico. La DC, all’apparenza rinnovata, non si era mai ripresa dalla cocente sconfitta e dimostrava livore, ottusità e chiusura verso i “tempi nuovi”. Il capogruppo Meli, digiuno di politica e di amministrazione, era “nelle mani” dell’amico Orazio Antonaci, che ispirava le sue avverse iniziative amministrative.

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Ricordo, tra le tante, l’acerrima battaglia e i ripetuti ricorsi dei consiglieri DC, con la regìa del Tecnico comunale, contro la nuova Zona Industriale, per il cui rilancio l’Amministrazione era riuscita ad ottenere dalla Regione, a fine dicembre 1993, un finanziamento di £ 2.140.000.000 (Del. G.R. 6196/ 30.12.1993), grazie al mio intenso impegno e ad un’operazione politico-amministrativa che non esito oggi a definire “da manuale”. In quella zona industriale, dopo le opere realizzate, si insedieranno poi, oltre le aziende locali, molte della vicina Casarano, carente di lotti industriali, finanziate dal Patto territoriale per il manifatturiero.

Sconvolgente fu poi, dopo la “tranquillità” dei primi mesi, l’esperienza amministrativa successiva alle elezioni del 20 novembre 1994, in cui si votò per la prima volta con il sistema maggioritario e l’elezione diretta del sindaco.

Alleanza Democratica, seppur con difficoltà, riconquistò l’Amministrazione con il 45,9% (2076 voti) e la rielezione di Leonardo Malorgio contro la lista “Patto per Collepasso” che prese il 41,0% (1853 voti) con Grazio Longo candidato sindaco (l’uscente Luigi Meli, candidatosi come consigliere, prese solo 81 voti di preferenza e non venne rieletto).

Quella seconda esperienza amministrativa fu traumatica e connotata da scontri interni, crisi continue, deterioramento dei rapporti personali e persino da reciproche denunce. Leonardo Malorgio aveva “perso la bussola” e in soli tre anni cambiò ben quattro vicesindaci (prima io, poi Uccio Pino e Vito Perrone, infine Tonino Gianfreda). Io ed altri due consiglieri (Uccio Pino e Silvia Antonaci) decidemmo, infine, di passare all’opposizione. L’Amministrazione si avviò poi al suo inevitabile esaurimento.

Nel novembre 1997, dopo le dimissioni di Vito Perrone, il sindaco Malorgio “gettò la spugna” e presentò le sue dimissioni, che diventarono irrevocabili dopo i “canonici” 20 giorni previsti per legge. L’allentamento e il venir meno dei valori originari di trasparenza, moralità e legalità, per cui mi ero da sempre battuto, fu letale e determinò la conclusione di quell’esperienza, che, pur avendo svolto in certi periodi un ruolo egregio ed innovativo, rappresenta storicamente la “vera e grande occasione mancata” non solo per la sinistra ma per l’intera comunità collepassese.

Avrei da scrivere parecchio, ma mi fermo qui, non senza aver espresso prima alcune considerazioni personali.

Pur guardando ormai con distacco a quei periodi, oggi mi chiedo come mai io stesso abbia commesso tanti errori e ingenuità. Frutto – voglio ribadirlo – di passione politica (forse eccessiva), amore verso il mio paese, generosità, ma anche di scarsa propensione a pazientare e comprendere limiti e miserie (ma anche “attese”) degli uomini. Mi sono sempre illuso che tutti fossero animati dall’uguale mia passione e dall’esclusiva volontà di risolvere i problemi, sottovalutando, invece, meschinità, miserie e ambizioni umane. E’ stato il maggiore difetto nella mia azione politica locale e provinciale, che mi ha impedito di “fare carriera” politica e di considerare legittima tale ambizione. La mia maledetta formazione seminaristica aveva fatto, invece, maturare e sedimentare in me il principio (poco politico e un po’ integralista) che l’ambizione personale fosse “peccato”, cui bisognava contrapporre “ambizioni collettive”, altruismo, generosità e impegno personali per il bene comune (… ahhh, tornassi indietro!). Questo mi ha fatto commettere errori incredibili e ingenui.

Come qualche vecchio amico mi ripete spesso, il 1992 fu anche l’“occasione mancata” per porre la mia candidatura a sindaco. Non lo feci per quella distorta formazione che mi spingeva a porre in secondo piano la mia persona, a lavorare per il bene comune e valorizzare nuove forze della società civile capaci di dare una svolta al Comune.

Eppure, sin dall’inizio avevo avuto segnali premonitori e alcuni “inquietanti”, ma anche consigli spassionati, che avevo ripetutamente ignorato e sui quali sempre soprasseduto in favore di quello che ritenevo il primario “bene comune”.

Potrei raccontare tanti episodi. Mi limito a rivelarne solo alcuni dopo tanti anni, noti a pochissimi.

Il Commissario prefettizio dott. Francesco Greco cercò di convincermi che dovevo essere io il candidato sindaco, motivando questa convinzione. Per opportunità e riservatezza non riporto giudizi, che in seguito mi apparvero “chiaroveggenti”, ed espressioni colorite che espresse quando, invece, gli comunicai che altri era il candidato sindaco.

Quando poi nel corso della campagna elettorale venne a Collepasso per un comizio, Massimo D’Alema mi esternò le sue perplessità circa la lista unitaria da me caldeggiata e voluta. Difesi la mia/nostra scelta, che aveva ricevuto il plauso pubblico dei segretari provinciali PDS e PSI Antonio Rotundo e Gianni Scognamillo. D’Alema era convinto che una lista di partito da me capeggiata avrebbe avuto un ottimo risultato. Probabilmente aveva ragione e forse le cose sarebbero andate diversamente, considerate le congiunte crisi nazionali di DC e PSI. Io, però, tralasciando opportunità personali, ero convinto che a livello locale, soprattutto nei piccoli centri, contassero le persone di buona volontà che volevano il cambiamento più che i partiti (che dovevano sostenere questo cambiamento) e che occorresse promuovere esponenti della società civile. Oltretutto, la legge elettorale allora in discussione nel Parlamento per i Comuni ipotizzava l’elezione diretta del sindaco e il maggioritario secco nei Comuni inferiori a 10.000 abitanti. A Collepasso avevamo precorso i tempi e l’anno successivo, in un comizio tenuto a Galatina per le elezioni amministrative con il nuovo sistema elettorale, D’Alema ci citò come esempio di unità e di intelligenza politica.

C’è poi un episodio che ricordo nitidamente, avvenuto subito dopo la vittoria di Alleanza Democratica, “premonitore” di quello che sarebbe poi successo in quell’esperienza e anche in quelle successive e più recenti.

Era stato convocato un incontro nella sede di Alleanza Democratica (in piazza, a lato del Municipio) per definire gli incarichi. Considerati le preferenze personali e il mio indubbio e primario impegno, appariva scontata la mia nomina a vicesindaco. Prima dell’inizio della riunione mi allontanai per acquistare le sigarette nel vicino “tabacchinu te lu Napuli”. Mi avviavo velocemente al ritorno, quando, proprio all’uscita del tabaccaio, si materializzarono due consiglieri neoeletti (ambedue socialisti). Mi fermarono. Con un certo imbarazzo, uno di costoro “andò subito al dunque” e disse: “Sai, Pantaleo, abbiamo pensato che forse sarebbe meglio che sia Mario il vicesindaco e non tu!”. Rimasi di sasso. “Perché? – replicai -. I risultati elettorali sono chiari”. “Sì, hai ragione, ma Mario è più qualificato di te!”, rispose. Imbarazzato, ebbi solo la forza di replicare ancora uno sconcertato “perché?” e balbettare: “In che senso?!?”. “Perché Mario è laureato e tu no!” (!!!), replicò senza pudore. Rimasi basito! L’”ambasciatore” era Vito Perrone, terzo degli eletti con 586 preferenze (contro le mie 858). L’altro Mario Paglialonga, quarto con 572 ed unico dei consiglieri ad aver perso consensi rispetto alle precedenti elezioni, che pretendeva ugualmente di fare il vicesindaco! Un fatto sconcertante e sintomatico che pesò sui successivi avvenimenti. Per ritorsione, i due (ed altri) si opposero strenuamente all’assegnazione a me di deleghe “forti”. “Inventai” per me e proposi a Leonardo che fu d’accordo, sebbene apparisse già ambiguo e succube di una “setta” assai aggressiva (i “Grandi sacerdoti” li definì negli anni successivi un segretario comunale), le deleghe alla “Partecipazione, Informazione e Sicurezza dei cittadini”, apparentemente “senza potere reale”, ma che nei fatti si dimostrarono più incisive ed innovative per caratterizzare la nuova Amministrazione ed ebbero vasta eco sulla stampa.

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Alla luce di questa vicenda meschina, oggi molti comprenderanno meglio gli avvenimenti politici degli anni successivi (e di quelli più recenti). Io non volli capirlo né trarre le dovute conseguenze e continuai ad operare come se nulla fosse successo. E pensare che non ero risultato il primo degli eletti solo per mia generosa scelta! Nel corso della campagna elettorale, infatti, si era diffusa la convinzione che avrei preso più preferenze di Leonardo Malorgio. Un giorno un suo parente sollecitò un mio parente di favorire un incontro con me. Mi chiesero di “dare una mano” a Leonardo e far confluire anche su di lui le preferenze mie e del partito di cui ero segretario per “non correre il rischio” di delegittimare il capolista. Non ebbi difficoltà ad accettare (senza chiedere nulla in cambio): io e tutta la sezione del PDS portammo il n. 1 in tutte le case. E’ a tutti noto come poi venne ripagata nel tempo la mia generosità e il mio impegno dallo stesso Leonardo e dagli altri!

Guarda caso, però, Mario Paglialonga e Vito Perrone saranno poi i due “storici carnefici” di Leonardo Malorgio e delle sue amministrazioni! Il primo, con le dimissioni del 26.7.1994/prot. 4332, provocò la caduta della prima. Il secondo, con le dimissioni presentate il 10.11.1997/prot. 6931, provocò la caduta della seconda, costringendo pochi giorni dopo il “decotto” Leonardo Malorgio a presentare le sue da sindaco, essendo venuto meno alla risicata maggioranza il voto determinante di Perrone (io ed altri eravamo all’opposizione già da tempo), che, visti inutili e boicottati i suoi tentativi di ricomposizione dell’alleanza, aveva deciso di abbandonare al suo destino un sindaco ormai “fuori controllo” e autoreferenziale, che agiva in modo inconsulto e testardo, succube di alcuni “Grandi sacerdoti”… senza chiesa.

Il vero punto di rottura tra me e Leonardo Malorgio avvenne su un tema qualificante quale il Piano Regolatore Generale, tra i cui tecnici incaricati c’era il fratello Isaia, nominato “in quota Luigi Longo” con delib. C.C. n. 43 del 28.7.1986. I quattro tecnici incaricati avevano ripetutamente dimostrato, oltre i ritardi, la loro inadeguatezza e chiesi la loro revoca, anche per salvaguardare la trasparenza amministrativa, considerando inopportuno che fosse il fratello del Sindaco a redigere il Piano Regolatore. La vicenda meriterebbe un approfondimento. La cito qui solo per riportare un episodio che mi lasciò sconcertato. Leonardo condivideva (almeno apparentemente) le mie riserve e i miei giudizi critici sui tecnici… “… ma, Pantaleo – mi disse un giorno in occasione di un nostro confronto sulla vexata quaestio -, mio fratello ha bisogno di quei 30 milioni di parcella per farsi la casa…”. Quello fu uno dei “momenti topici” in cui percepì che l’esperienza di Alleanza Democratica era finita e che i princìpi di trasparenza, legalità e moralità per cui avevamo lottato e vinto erano stati traditi, se si subordinavano interessi familiari e personali agli interessi generali. Purtroppo in quel sindaco, scelto come esponente della “società civile” (che grande errore!), e in quella Amministrazione si evidenziarono spesso e sempre più gli elementi devastanti della “doppia morale”, tipici di quella politica che, invece, noi (almeno io) volevamo contrastare e combattere.

C’è poi un episodio ancor più sconcertante che avvenne subito dopo l’elezione della seconda Amministrazione, allorché, dopo un mio comizio di ringraziamento per conto del mio partito, il sindaco Malorgio e l’assessore Perrone mi informarono di una loro incauta e pericolosa iniziativa, al fine (mi dissero, giustificandosi) anche di salvaguardare la mia persona dalle minacce di morte (a me note) da parte di noti criminali. Rimasi esterrefatto. Minacciai le mie immediate dimissioni da vicesindaco e di rendere pubblica l’inenarrabile e inqualificabile vicenda… ma su questo gravissimo episodio “stendo un velo pietoso” per coprire molti miei dubbi (e alcune certezze) inquietanti!

Ricordo, infine (ma i ricordi e le vicende da raccontare sarebbero tantissime), quando in uno degli ultimi Consigli si doveva definire il costo dei suoli della Zona industriale, i cui lavori di urbanizzazione erano stati completati. Io e Uccio Pino ci battevamo dall’opposizione, trovando in verità sponde sensibili nella maggioranza, perché il costo fosse basso e competitivo. Questo poteva essere possibile grazie ai finanziamenti regionali che avevano permesso la realizzazione delle opere di urbanizzazione a totale carico della Regione. Benché sembrassero quasi a tutti logiche e fondate le mie richieste, il sindaco Malorgio non voleva accoglierle. Solo per una “questione di punta” personale nei miei confronti e per “non darmela vinta”. Visto lo stallo delle posizioni, ad un certo punto ci fu una sospensione del Consiglio, mirata soprattutto a cercare una “sponda” nell’opposizione di centrodestra. I Consigli si tenevano allora nell’auditorium della Scuola elementare, privo di una saletta riservata. Gli incontri avvenivano, pertanto, in maniera informale nello stesso auditorium. Mi trovavo casualmente a passare accanto al gruppo, quando sentì (ricordo come fosse oggi) il sindaco Malorgio, che non si era accorto di me, sostenere rivolto a Salvatore Perrone ed altri: “Datemi una mano e non diamola vinta a Pantaleo… tanto la prossima volta sarete voi a vincere e i meriti della nuova zona industriale andranno tutti a voi!”.

Oggi si può obiettivamente (e storicamente) sostenere che Salvatore Perrone, eletto sindaco nelle successive elezioni, è stato “figliato” da Leonardo Malorgio (e dai suoi ultimi “mohicani”), il “frutto proibito” dei tradimenti, degli sbandamenti e dei fallimenti dell’esperienza di Alleanza Democratica, che, nata e volata sulle splendide e appassionanti note del “Nessun dorma…” della Turandot pucciniana, sprofondò anzitempo in un tetro e sinistro de profundis

A ripercorrere gli eventi di questi ultimi decenni, confrontandoli anche con quelli più recenti, c’è un “filo logico” che lega fatti e personaggi diversi della politica collepassese di destra, centro e sinistra, che in varie forme hanno sempre contrastato – chi apertamente, chi subdolamente (in molti) – e spesso diffamato il mio genuino impegno politico.

La mia età e la mia esperienza mi inducono oggi a guardare con distacco certi eventi e tentare di “storicizzarli” perché i cittadini conoscano le vere vicende di questi anni, spesso deformate e manipolate in modo vergognoso contro di me, e ne facciano tesoro per le loro future scelte civiche. Se avessi sufficiente tempo e forze… ne avrei di “storie e storielle” da raccontare, soprattutto per far conoscere ai cittadini la versione vera di tante “storie e storielle” propalate da altri!

E’ stato veramente un peccato che una bella esperienza, frutto di una iniziale e forte volontà collettiva di riscatto, cambiamento e modernità, che tante attese e speranze aveva suscitato nei primi anni ’90, sia poi finita così miseramente. Purtroppo, invidie, meschinità, personalismi, pettegolezzi, rivalità sono “pane quotidiano” della politica “paesana” (e sempre più anche di quella nazionale) a discapito delle attese e dei problemi veri dei cittadini, “nutrimento e vita” per tanti piccoli politicanti che si agitano come minuscoli “lillipuziani” che si ritengono giganti.

E’ indubbio che la D.C., oltre ai tanti errori, abbia avuto grandi meriti e grandi uomini nel corso della sua storia. In quegli anni ’80-‘90, però, il ruolo storico della D.C. era ormai in fase di esaurimento, travolto da malgoverno, degenerazioni e corruzioni che ne decretarono la scomparsa. Anche a Collepasso la sua funzione si era esaurita. E si guardava con fiducia a nuovi e diversi protagonisti politici. Purtroppo, questi fallirono quasi subito, travolti non da scandali, ma da personalismi e meschinità. Questo fallimento ha dato la possibilità a “figli e nipotini” di quella D.C., che negli anni ’80-inizio ’90 aveva portato allo sbando e gettato nell’ignominia il nostro Comune, di riprendere saldamente in mano (persino con alcuni dei protagonisti di quello stesso periodo) il potere nelle elezioni del 1998 e, dopo la parentesi amministrativa 2006-11, di conservarlo ancora integro in quest’”anno del Signore” 2017 che volge al termine… 

Pantaleo Gianfreda


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