25 marzo 1957: 60 anni fa nasceva l’Europa con i Trattati di Roma. Costruire gli Stati Uniti d’Europa

25 Marzo 2017 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Il 25 marzo 1957, a Roma, nella “Sala Orazi e Curiazi” del Campidoglio, vennero firmati i Trattati costitutivi della Comunità Economica Europea (CEE). Furono sei i Paesi “fondatori”: Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Per l’Italia firmarono il Presidente del Consiglio Antonio Segni, poi divenuto Presidente della Repubblica, ed il Ministro degli Esteri Gaetano Martino. 

Oggi a Roma, nella stessa Sala del Campidoglio, gli attuali 27 Paesi dell’Unione Europea, pur con tutti i problemi sul tappeto (v. Brexit ed altro), si incontrano per festeggiare i 60 anni dell’atto di nascita dell’Europa e firmare una nuova dichiarazione che rilanci l’idea dell’unità europea.

Un rilancio che oggi appare tanto più necessario e obbligato di fronte al risorgere dei nazionalismi e dei populismi. Gli stessi che diedero vita nel secolo scorso alle terribili guerre e alle dittature naziste e fasciste che provocarono distruzioni e stragi immani.

Si dice che l’uomo abbia spesso la “memoria corta”, che la storia insegni poco e che i rischi di nuovi totalitarismi siano sempre alle porte. E’ quello che sembra stia accadendo anche oggi di fronte alla miopia e all’arrembaggio di incontrollati populismi e nazionalismi, alla pochezza di tanti attori della politica europea, alle chiusure culturali e politiche di fronte ai ricorrenti fenomeni, sempre presenti nella storia dell’uomo, delle migrazioni di popoli oppressi da guerre e miseria.

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Ecco perché è necessario un rilancio vero dell’idea europea, basata non solo su un’unione economica, ma su un’unione effettiva e politica degli Stati europei, rilanciando l’idea di Altiero Spinelli ed Enrico Rossi (e prima di Giuseppe Mazzini) di una Federazione degli Stati Europei sul modello degli Stati Uniti d’America.

Furono i tragici eventi europei del Novecento a porre seriamente le basi dell’europeismo, “codificate” nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi con il “Manifesto di Ventotene” (l’isola dove i due erano al confino). Secondo Spinelli e Rossi, il solo cambiamento veramente rivoluzionario, l’unico che avrebbe garantito all’Europa una pace duratura, sarebbe stato proprio l’abolizione delle sovranità nazionali e la loro sostituzione con una federazione di soggetti dotati di pari diritti e uguali doveri.

Solidarietà è l’antidoto più efficace ai moderni populismi”, ha detto ieri Papa Francesco, parlando ai Capi di Stato e governo dei Paesi Ue, ricevuti in Vaticano alla vigilia della celebrazione per i 60 anni del Trattato di Roma, invitando a costruire “società autenticamente laiche”.

Trovo illuminanti le parole di Francesco nel rilanciare gli elementi costitutivi di quel “progetto comune” sottoscritto sessant’anni fa, ma oggi in crisi. Elementi che il Papa riassume in cinque pilastri: “Centralità dell’uomo, solidarietà fattiva, apertura al mondo, perseguimento della pace e dello sviluppo, apertura al futuro“.

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Secondo Bergoglio, la solidarietà rappresenta “l’antidoto più efficace ai moderni populismi”, la risposta alle “spinte centrifughe” e il perno sul quale far crescere la “capacità di aprirsi agli altri”.

In questo senso l’Unione Europea, nelle parole del Papa, “a differenza di un essere umano di sessant’anni, non ha davanti a sé un’inevitabile vecchiaia, ma la possibilità di una nuova giovinezza“. Il successo, però, è legato alla capacità di “discernere la via di un nuovo umanesimo europeo, fatto di ideali e concretezza“. Si tratta di “edificare società autenticamente laiche, scevre da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto l’oriundo e l’autoctono, il credente e il non credente“. Si tratta, inoltre, di “investire nello sviluppo e nella pace”. Ma “lo sviluppo non è dato da un insieme di tecniche produttive“, esso, dice Francesco, “riguarda tutto l’essere umano: la dignità del suo lavoro, condizioni di vita adeguate, la possibilità di accedere all’istruzione e alle necessarie cure mediche“. Francesco cita Paolo VI: “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace“, ma ammonisce: “Non c’è vera pace quando ci sono persone emarginate o costrette a vivere nella miseria. Non c’è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un salario dignitoso. non c’è pace nelle periferie delle nostre città, nelle quali dilagano droga e violenza“.

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La mancanza odierna di veri leader politici europei – come erano ieri Adenauer, De Gasperi, Schuman, Spinelli e tanti altri – ci costringono oggi ad “aggrapparci” alle illuminanti parole dell’unico vero grande leader morale e anche “politico” (in senso autentico), cui oggi il mondo può guardare: Francesco. Le sue parole disegnano e indicano un cammino, cui oggi l’Europa deve guardare per continuare a garantire anni di pace e di libertà anche alle generazioni future.

Questo disegno non può che essere un rilancio vero e stretegico dell’idea europeista e il cammino verso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa.

Pantaleo Gianfreda


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