A dieci anni dalla “grande vergogna”: i ricordi e le testimonianze dell’ex assessore Francesco Ria
2 Maggio 2017Mi scrive Francesco Ria: “Ti allego un po’ di considerazioni che ho scritto in seguito al tuo articolo sui dieci anni dagli incatenamenti contro l’impianto Italgest”.
Francesco era all’epoca assessore alle Politiche Energetiche e Giovanili, uno dei più convinti sostenitori dell’impianto, protagonista e testimone attivo di quelle vicende, che molti oggi vorrebbero “rimuovere” dalla memoria collettiva della nostra comunità. Il 24enne assessore era una delle giovani promesse della politica collepassese e salentina. Poi ha deciso di andare via, come tanti altri giovani. Attualmente risiede negli Stati Uniti, dove è Fisico medico presso la Duke University Center di Durhnam (North Carolina).
Pubblico le sue considerazioni, a circa un anno dal convegno organizzato il 6 aprile 2016 dall’associazione “Donne Insieme Mina Venuti” (di cui era socia attiva l’amata madre Grazia, recentemente scomparsa) con il patrocinio del Comune di Collepasso sul tema: “Fisica in Medicina: Rischi ed Opportunità nella Moderna Radiologia”, in cui Francesco fu da tutti apprezzato relatore … succede che i nostri giovani e le nostre menti migliori siano molto apprezzati quando … non sono più a Collepasso…, dove, invece, in quei giorni dell’aprile 2007 Francesco fu fatto oggetto (insieme a chi scrive) degli attacchi più feroci e incredibili … il vituperato “fisichello” di allora si è preso oggi la sua rivincita come apprezzato “Fisico medico” di una prestigiosa Università americana. (p. gianfreda)
Caro Pantaleo,
ho pensato per qualche giorno se valesse la pena ritornare sul tuo articolo ai dieci anni dalle pubbliche proteste riguardanti l’impianto di energia a biocombustibile che poteva essere realizzato a Collepasso. Non mi va di immischiarmi nelle beghe politiche collepassesi, stau tantu bbonu a ddhrunca stau, dovrei fare nomi e non sempre mi va di discutere con tutti: sono nella fortunata posizione di non fare più politica e di poter scegliere i miei interlocutori e ti assicuro che è un bel vivere. Poi, un pensiero è balzato alla mia mente e mi ha spinto a buttare giù i miei pensieri sull’argomento. Il contorto ragionamento è riassumibile in cinque parole: ma ce me ne ‘mporta?!! In fin dei conti, sono stato testimone diretto di uno di quei momenti che gli esperti definiscono “microstoria” e mi fa piacere condividere con chi ha voglia di leggere ciò che ricordo. Credo ci sia qualche episodio da aggiungere a quelli che hai raccontato. E in questo modo ognuno potrà farsi un’opinione. Soprattutto, a distanza di un decennio sarà possibile valutare l’evoluzione sociale ed economica di Collepasso anche alla luce delle scelte che si fecero in quei giorni. Mi è comodo procede per punti.
- Innanzitutto mi preme ricordare le posizioni del gruppo di maggioranza. Mesi prima aveva già abbandonato la maggioranza, per ragioni di partito, Roberto Nuzzo. Marta Sindaco uscì a causa di questa vicenda e alcuni componenti del gruppo consiliare avevano dei rapporti di dialogo con i fuoriusciti. Antonio Ciccardi in modo particolare. Nulla di strano, ovvio, normale dialettica politica. Tonino Gianfreda, dopo aver studiato il progetto, era favorevole all’impianto, ma comunque aderiva allo stesso partito di Ciccardi e questo consigliava prudenza. Stessa prudenza adottata anche da Pasquale De Simone. Tu, Monica Marra, Gigi Frassanito, Pompeo Sedile, Francesca Galignani ed io eravamo i più convinti sostenitori.
- Opposizione. Di Paolo Menozzi, favorevole all’inizio, hai detto tu, nel suo gruppo c’erano Maria Rosa Grasso e Ivan Mazzotta se non erro. Luigi Felline lesse il progetto con me e ricordo la sua frase pronunciata nell’ufficio segreteria del Comune: “Francesco, questa volta sono dalla vostra parte”. Cambiarono idea tutti. Salvatore Perrone era contrario sin dall’inizio.
- Nel loro volantino i medici, firmarono da professionisti, ma scrissero da politici.
- A favore dell’impianto intervennero il prof. Zurlini, allora Presidente del Corso di Laurea in Scienze Ambientali dell’Università di Lecce, due ricercatori dell’ENEA, l’allora preside di Ingegneria prof. Laforgia, l’allora Rettore dell’Università prof. Limone. Venne a Collepasso anche l’assessore regionale alle Politiche Energetiche Michele Losappio.
- Contro il progetto non intervenne nessuno che non fosse parte politica in causa. Cercarono di far venire a Collepasso il dott. Serravezza. Lo incontrai a Casarano, gli portai il progetto. Un suo tecnico di fiducia lo studiò per ore e poi disse: “Dottore, qui è tutto apposto”. Allora invitai Serravezza a venire a parlare a favore dell’impianto. Rispose: “Poiché avevo già dato un’adesione al comitato contro la centrale, a questo punto preferisco non partecipare ad alcun dibattito”.
- Il Prefetto di allora, di cui fortunatamente non ricordo il nome, si dimostrò assolutamente inadeguato. Nonostante esponenti del comitato contro l’impianto si presentarono ad un incontro con lui vestendo la divisa militare (sta vviti cu che gente tenine a che fare….?!), scelse apertamente di sostenere una parte politica rispetto ad un’altra. Comportamento quantomeno inusuale per un Prefetto.
- Tutto ciò che discutevamo in gruppo consiliare in tempo reale veniva comunicato all’altra parte politica. Marta Sindaco partecipò alle riunioni del gruppo consiliare anche quando le posizioni del padre erano chiare. E anche dopo la sua fuoriuscita, chi della maggioranza cercava il dialogo con il suo partito (me pare ca tandu stine all’UDEUR…), comunque trasmetteva informazioni. Fu clamoroso il caso di un pubblico dibattito organizzato da Salvatore Perrone per una domenica pomeriggio. Il sabato, in una riunione del gruppo consiliare, decidiamo che il giorno dopo avremmo partecipato al dibattito per esprimere le nostre posizioni. Due minuti dopo, nel manifesto che pubblicizzava l’iniziativa di Perrone, la parola “dibattito” venne sostituita con “comizio”. Mi si dirà: è la politica. No, questo è essere meschini.
- L’incatenamento avvenne subito dopo il nostro manifesto con il quale esprimevamo la volontà di accettare la proposta dell’opposizione di istituire un referendum consultivo. Quindi, gli incatenati, del referendum se ne fregavano allegramente.
- Le forze dell’ordine si erano dimostrate assolutamente di parte. Quando delinquenti e bulletti politici interrompevano i lavori del Consiglio Comunale, era presente persino l’allora Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Casarano, il Presidente del Consiglio Comunale agì responsabilmente. Sarebbe stato inopportuno e traumatico per la comunità chiedere l’allontanamento o l’arresto di qualcuno (fossi stato alla Presidenza, li avrei fatti sculacciare come meritavano, ma non è detto che tutti debbano necessariamente condividere la mia follia). Dai tutori dell’ordine ci si attendeva una maggiore difesa della dignità del Consiglio Comunale.
- Altro episodio. Durante l’incatenamento, alcuni ragazzi prepararono uno striscione di sostegno all’Amministrazione comunale e lo esposero dalla sede di Rifondazione Comunista allora accanto alla Torre dell’orologio. Fui avvicinato da due funzionari della DIGOS che mi fecero notare la cosa e dissero: “Dì ai ragazzi che se fanno casino qualcuno ce lo portiamo in questura”. Risposi che, prima di tutto quella era una sede di partito e come tale dovevano rispettarla. E in secondo luogo che da tre giorni stavano tollerando un’occupazione abusiva del palazzo municipale e che fermare dei ragazzi per uno striscione mi sembrava assolutamente inopportuno.
- Per domenica 22 aprile, avevamo richiesto di utilizzare la piazza per un comizio della maggioranza. La piazza era occupata dagli incatenati. Il Dirigente della DIGOS di Lecce, nell’ufficio del Sindaco, ci disse che ovviamente avevamo il diritto ad avere lo spazio che ci era stato concesso e che, qualora richiesto, erano pronti a sgomberare la piazza. Ci guardammo negli occhi con il Sindaco, c’eri anche tu, non ricordo chi altri. Decidemmo di agire da responsabili amministratori di una comunità e rinunciammo al nostro diritto. Sgomberare la piazza voleva dire arresti e denunce. I tanti militari presenti tra gli occupanti di allora farebbero bene a non dimenticare il nostro senso di responsabilità.
- Un amico, una delle persone a me più care, era tra chi protestava. Non ha mai fatto politica, è un semplice cittadino animato da sano spirito democratico e di partecipazione. Decidemmo di passare assieme la sera di sabato 21 aprile. Con un altro amico andammo a Lecce a farci due birre. Il giorno dopo ognuno riprese il proprio posto: lui a protestare, io a difendere le posizioni dell’Amministrazione comunale. Quando gli ideali sono puri, quando non ci sono secondi fini, si può condividere di tutto. La gente che toglie il saluto per cause politiche è veramente ridicola.
Questi i fatti. Non inventati. Avevo 24 anni e il cervello mi funzionava ancora.
Cosa emerge? L’intera vicenda fu una grande strumentalizzazione. Si cercò di dare una spallata all’Amministrazione. Si diffusero notizie e paure infondate tra i cittadini. C’è una parte della politica collepassese che ha sempre fatto la sua fortuna sulle prepotenze e sui soprusi e non riusciva a sopportare un’Amministrazione che aveva posto tutti i cittadini allo stesso livello di fronte alle regole democratiche. Ad alcuni giorni dalla pubblicazione, solo un commento compare accanto al tuo articolo e questo la dice lunga sul livello di paura che c’è ancora a Collepasso. Nessuno si sente libero di esprimere un giudizio o un punto di vista. Il clientelismo e il familismo imperano. Ma non più per un posto di lavoro, come ai tempi d’oro della prima repubblica. Ora si è costretti a chiedere favori per cose ben più spicciole.
Nello scenario descritto, credo che il vero miracolo in quella vicenda fu quello di rimanere in carica come amministrazione. Una battaglia politica si può perdere o si può vincere, ma altri tre anni di legalità, giustizia e buona amministrazione per Collepasso siamo riusciti a garantirli. Credi a me: degli incatenati, solo una minima parte era davvero contraria all’impianto. Gli altri, colsero solo l’occasione per cercare di mandarci a casa. E gli bruciò non poco non esserci riusciti.
Quanto a me, tutta la vicenda mi mise di fronte ad alcune realtà. Come in un vecchio detto popolare, scoprì che, quando si dissolve la neve, emerge sempre il vero spessore delle persone. Alcuni cercavano il dialogo con gli oppositori (lo feci anch’io), nulla di strano. Altri si vendevano e assumevano atteggiamenti da mendicanti politici, sperando di poter un giorno emergere come punto di incontro tra le due fazioni. Sogni di grandezza fatti da nani politici. Altri ancora dissero di essere favorevoli al progetto e dopo due minuti cambiarono idea senza nemmeno provare imbarazzo. Ancora una volta: non è politica questa. I voltafaccia ci sono sempre stati, ma qui stiamo parlando di comportamenti infantili.
Sai cosa dispiace di tutto questo? Che Collepasso perse un’occasione. Forse l’impianto non si sarebbe realizzato comunque, il referendum avrebbe deciso. Ma confrontarsi da persone civili avrebbe fatto conoscere Collepasso, avrebbe fatto crescere Collepasso. Altre realtà si sarebbero accorte del paese e forse avrebbero proposto altri investimenti. Invece hanno prevalso i piccoli interessi personali e la delinquenza politica.
Francesco Ria
“Statte in America” qua già ci bastano quelli che abbiamo nei nostri centri sociali
Al di là di beghe personali sui fatti di dieci anni fa, risulta che sia stata svolta una tesi di laurea sul caso collepassese da parte di Giuseppe Castellana, facoltà di Lettere e Filosofia.
Ma l’amministrazione di Collepasso è mai riuscita a fare qualcosa per i cittadini che, anzicché costringerli a recarsi all’estero o al norditallia, poteva creare le premesse per farli lavorare nel proprio luogo di origine??
Caro Francesco e meno male che non hanno fatto la centrale, con il rischio di far progredire il villaggio e mandare a pu****ane il Mario Project
Sempre in gamba.Un caro saluto ed un forte abbraccio a te ed a Francesco. Raffaele Romano