Domenica 16 luglio, ore 20.00, Largo Municipio, presentazione di “Paese mio…”. La mia Introduzione al libro e la Presentazione di Salvatore Marra

12 Luglio 2017 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Domenica 16 luglio, alle ore 20.00, in Largo Municipio, verrà presentato il mio libro “Paese mio…” (Cronache, considerazioni, curiosità e personaggi di una piccola comunità salentina nel decennio 2001-2011).

L’iniziativa, promossa da Sentieri Salentini a.p.s. e patrocinata dal Comune di Collepasso, è presieduta e coordinata da Luigi Frassanito (Docente in pensione). Dopo i saluti del sindaco Paolo Menozzi, interventi di Salvatore Marra (Storico e autore della Presentazione del libro), Filomena Giannelli (Dirigente scolastica), Matteo Lisi (Studente, vincitore del Premio di Giornalismo “Aldo Bello”), Beatrice Piccinno (Universitaria), Stefano Minerva (Sindaco di Gallipoli) e, infine, dell’autore.

Previsti brevi intermezzi con musica e canzoni di Gigi Marra.

Invito tutti a partecipare.

Di seguito pubblico la mia Introduzione al libro e la Presentazione di Salvatore Marra, che ringrazio ancora.

Introduzione

Il mio paese, Collepasso, “giace” nel grembo della collina di Sant’Eleuterio, la più alta del Salento, da cui lo sguardo si immerge estasiato nel nitido Jonio, sorvola l’Adriatico e accarezza i profili della Terra delle Aquile. Una collina onorata e rispettata nell’antichità, spesso violentata e deturpata nella modernità. Un luogo di storia e preistoria. Con le sue Veneri, le vestigia basiliane, i suoi reperti, i furneddrhi e i muretti a secco, gli ulivi e la macchia mediterranea, i suoi odori intensi, i colori vivaci e luminosi, l’orografia sinuosa ed intrigante. Un “tesoro” paesaggistico, ambientale, storico e culturale di inestimabile valore.

Nel grembo della collina, Collepasso si distende con il suo parco territorio lungo la “meridiana” che collega Gallipoli ad Otranto. Dove il “passo” da/verso il “colle” è obbligato per percorrere il breve tragitto che separa l’occidente e l’oriente dei due mari salentini, figli del Mediterraneo, “genitore” di civiltà, storie e culture millenarie e “padre dolente” di tante umanità sofferenti.

Essere al confine, ad un passaggio obbligato, su una riva, vicino ad una frontiera ha rappresentato storicamente una grande opportunità per tante comunità. Spesso ha sviluppato apertura, dialogo, commerci, scambi di cose, persone e culture. Un’opportunità che Collepasso non ha potuto/saputo cogliere (tante le motivazioni, di cui solo alcune emergono dagli scritti che seguono) per creare e implementare una rete di scambi economici, culturali e sociali. Per inserirsi, ad esempio, in alcuni dei settori strategici attualmente più importanti per il Salento, quali, ad esempio, il turismo, l’ospitalità, la cultura, l’enogastronomia.

Ho raccolto in questo libro cronache, considerazioni, curiosità e personaggi riguardanti un periodo della vita del mio paese. Si tratta di articoli del primo decennio di questo millennio (2001-2011) tratti (e molti rielaborati) dai blog collepasso.it e infocollepasso.it e dal periodico inform@zione locale (ed altri), da me curati. Sono quasi tutti miei scritti, ma vi ho aggiunto anche di amici che hanno collaborato alle mie iniziative editoriali e alcuni articoli della stampa provinciale che ho pubblicato sui miei “fogli” cartacei e virtuali.

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Data la gran mole di scritti, la selezione è stata laboriosa. Infine, ne ho scelto alcuni, che riporto seguendo l’ordine cronologico di pubblicazione. Il risultato è una “miscellanea” che intende stimolare e rinvigorire la memoria comunitaria.

I “fotogrammi” che scorrono danno, infatti, volto e vita a tanti protagonisti e vicende. Alcuni familiari. Altri più sfumati. Taluni, più recenti, hanno fortemente segnato la “memoria collettiva”. Altri debordano dal decennio considerato e affondano le radici nella breve storia e nelle “storie” del paese. Tanti – giovani e adulti – potranno rivivere momenti della loro vita. Tutti pascere (nel)la “mnemosi” di una comunità dalle ancor fragili radici.

Alcune vicende mi hanno coinvolto direttamente, essendo stato impegnato in primarie funzioni pubbliche nel quinquennio 2006-2011. Pertanto, cronista e protagonista talora si confondono. Confido nella benevolenza dei lettori.

Il titolo del libro mi riporta alla voce struggente di José Feliciano: “Paese mio che stai sulla collina…”.  Una nenia colma di amarezza e di dolore, ma anche di amore e di speranza.

Pantaleo Gianfreda

Presentazione

In questa corposa pubblicazione, Pantaleo Gianfreda raccoglie e presenta numerosi suoi interventi e altri articoli di autori diversi, già apparsi su vari media nel decennio compreso tra il 2001 e il 2011, aventi tutti per oggetto cronache, considerazioni, curiosità, personaggi collepassesi, com’è chiaramente specificato nel sottotitolo, e persino alcune spigolature lessicali.

Per tale sua natura composita, essa sfugge ad una precisa collocazione nella tradizionale tipologia dei generi letterari, rivelandosi un’ampia miscellanea il cui motivo unificatore e ispiratore non è celebrativo, ma scaturisce e si identifica con una sorta di pathos dell’appartenenza, come velatamente traspare dal titolo “Paese mio…”.

Esulando da un dettagliato vaglio di quanto nel presente volume viene esposto, che certamente non costituisce una trattazione organica ed esaustiva dei fatti avvenuti in Collepasso nel decennio preso in esame, ma propone squarci di vita paesana nella loro immediatezza e vivacità, mi limito a segnalare le sensazioni avvertite, enucleando alcune tematiche che mi sembrano preminenti.

Di grande interesse si rivelano quei testi che salvano dall’oblio alcuni personaggi “storici” della comunità, autentici monumenti nella loro significativa ordinarietà, che la “grande” storia spesso accantona, relegandoli semmai al ruolo di oscuri protagonisti di quella  storia che, con malcelata sufficienza, viene qualificata come “locale”. In realtà si tratta della storia “in micro”, rivalutata, specie in area anglosassone, come storia di vissuti, che registra il fluire dell’esistenza nel suo brusìo e nei suoi sussulti, contrasta l’anonimato della massificazione, ispira ed anima l’épos della quotidianità.

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Puntuale e commossa risulta l’attenzione alla vetustà, che ineluttabilmente trascolora ma che non subisce l’annichilimento della memoria e degli affetti, e al dolore per le tragedie che, numerose in quegli anni, si abbatterono su diverse famiglie sconvolgendone la serenità.

Un primo piano viene riservato al protagonismo giovanile, puntualmente segnalato nelle numerose lusinghiere affermazioni ottenute in vari ambiti, a livello sia individuale che di gruppo. È una chiara dimostrazione delle potenzialità dei giovani collepassesi meritevoli di sostegno e di incoraggiamento.

Rilevante poi – e non poteva essere altrimenti – lo spazio dedicato alla celebrazione del primo centenario dell’approvazione della legge n. 319 del 6 giugno 1907, istitutiva dell’autonomia di Collepasso. Si è trattato di un evento di straordinaria importanza per il nostro Comune, celebrato nel 2007 con un programma intenso di apprezzate iniziative e di estesa partecipazione. 

Una segnalazione particolare merita, inoltre, il dettagliato resoconto del gemellaggio tra Collepasso e la cittadina spagnola di Betanzos in quanto, a mio giudizio, documenta la riscoperta,  da parte di un piccolo comune, della mediterraneità, vocazione naturale della nostra Penisola, in special modo della Puglia e del Salento, spesso trascurata a livelli decisionali ben più alti, se non del tutto ignorata.

Diversi testi trattano alcune vicende che hanno visto l’Autore personalmente coinvolto, specie in qualità di esponente politico e di amministratore comunale. In questo caso – ed egli stesso ne è consapevole – è estremamente difficile sfuggire al trasporto emotivo, in quanto cronista e protagonista appunto si confondono. Sono testi che risentono della forte animosità e della contrapposizione di quel momento storico e che legittimano l’opinabilità valutativa. 

Scorrendo queste pagine, mi sono chiesto perché Pantaleo Gianfreda abbia deciso di ripubblicare notizie già precedentemente e ampiamente diffuse. Si potrebbe pensare che la decisione sia scaturita dall’esigenza di superare la frammentarietà racchiudendo il vasto materiale in un volume cartaceo, preservandolo, in tal modo, anche dai rischi della facile consunzione della custodia mediatica. Ma c’è qualcosa di più profondo che mi è parso di avvertire.

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Noi siamo una comunità giovane. Il 12 luglio del 1835, l’arcivescovo di Otranto mons. Vincenzo Andrea Grande, che per la prima volta si recava in visita nel villaggio di Collepasso, registrava la presenza di 300 anime residenti. Da allora, il nostro paese è notevolmente cresciuto. Il suo è stato un cammino davvero straordinario, a tratti persino entusiasmante, non solo sul piano demografico ed economico, ma soprattutto su quello della coesione sociale, considerato che tutte le nostre famiglie sono frutto di flussi immigratori da paesi diversi. Ma esso è stato anche segnato, quasi come una costante, da una deleteria e riaffiorante aspra competitività tra le opposte parti politiche, che spesso è degenerata persino in scontri sul piano personale. Abbiamo bisogno di pensare – meglio di ripensare – il nostro passato. Il tempo non è puro kronos, semplice inesorabile meccanico fluire. Il tempo è anche altro. È un “percorso” attraverso il quale ci compiamo. Se ci guardiamo dentro, in profondità, possiamo ammettere che il cammino vero della vita e quello della storia, se la vita e la storia hanno un senso alto, consiste nel varcare alcune soglie. Nell’essere, cioè, capaci di andare oltre il limite. È la grande opportunità concessaci, per cui quello che siamo oggi non eravamo ieri e possiamo divenire speranza di domani. È un dinamismo sbloccante e traboccante di ripartenze, che determina il progredire, il camminare in positivo verso mete di bene condiviso.

Alla luce di queste considerazioni e cogliendo l’animus che, quasi in filigrana, pervade l’Introduzione, che a me sembra proiettare una luce nuova fornendo una chiave di lettura inedita, questo libro varca i confini della contingenza storica. Intendo dire che “Paese mio…” in qualche modo si destoricizza per divenire luogo dell’anima, nostalgica proiezione interiore di ciò che poteva essere e non è stato, in cui il pòlemos si stempera e schiude orizzonti di una prospettiva nuova, catartica direi, non esplicitata ma intuibile, rasserenatrice sul duplice versante della soggettività e della comunitarietà, aliena dal conformismo appiattente e sorretta dallo spirito del bene comune e della ricerca dell’unità come valore primario, superiore a quello di parte.

È l’invito-appello rivolto in particolare ai giovani, presente nella dedica del volume, ad essere protagonisti di “primavera”, di novità di vita, cioè, e d’impegno pubblico, per la costruzione di una comunità migliore.

Salvatore Marra


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