“Sognavano una casa, una donna, un lavoro”. I dieci giovani collepassesi dispersi nelle steppe del Don
6 Aprile 2017In diciassette, più fortunati, riuscirono a far ritorno a Collepasso e riabbracciare i propri cari.
Dei nostri ragazzi, per lo più contadini, sballottati nella lontanissima e sconosciuta piana del fiume Don in Ucraina, Luigi Malorgio (classe 1920), già noto agli Annali anche come Partigiano delle Brigate Garibaldi, è l’unico ancora in vita e risiede a Salsomaggiore.
Gli altri, che abbiamo avuto la possibilità di conoscere sulle panchine della Villa comunale, pian piano ci hanno lasciato carichi di testimonianze e racconti, che oggi è bene non vadano dispersi.
Per questo motivo, in continuità con altre manifestazioni sui Partigiani e sui Deportati del nostro paese, organizzate negli anni passati, si è tenuta, lunedì 3 aprile, a cura dell’ANPI provinciale e con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale, la presentazione del libro “FRONTE RUSSO – C’ERAVAMO ANCHE NOI” di Marcello Quaranta, ex docente nel Liceo Capece di Maglie.
Nell’accogliente cornice della Sala Consiliare, un cospicuo pubblico, fra cui una decina di figli e nipoti di reduci o dispersi su quel fronte bellico, ha partecipato con grande interesse agli interventi del sindaco Paolo Menozzi, del sottoscritto (conduttore per conto dell’ANPI) e dell’autore del ponderoso lavoro di ricerca.
Ai lati della platea erano presenti, ben illustrate, diverse planimetrie dei movimenti delle nostre truppe, della tragica ritirata, nonché la dislocazione dei campi di prigionia russi.
Il professor Marcello Quaranta ha narrato con notevole commozione l’avventura, fortunatamente a lieto fine, di suo padre Mario, le lettere inviate alla sua famiglia, i racconti per lunghi anni di quella infausta, assurda spedizione, il movente, dopo la morte del genitore, alla ricerca storica sulle vicende dei 1869 soldati di Lecce e provincia, facenti parte dell’ARMIR (Armata Italiana in Russia).
E’ venuto, quindi, fuori dalle stampe (Grafiche Giorgiani) un ricco volume, con testimonianze originali e a volte inedite sui diversi aspetti della spedizione, prima del CSIR (Corpo di Spedizione in Russia) e poi dell’ARMIR, nelle gelate lande dell’Ucraina e nella più grave impreparazione per vettovagliamento e armamenti.
Impossibile elencare in questa sede le molte rievocazioni e i nomi dei nostri conterranei contenuti nel testo; per tutto valga la poesia dialettale, dal forte contenuto pacifista, di Nicola De Donno (1920-2004), ex Preside del Liceo Capece, anch’egli partecipante con il grado di tenente:
SURDATU MORTU ALLA RUSSIA
Quanta mbrazzavi terra bbandunatu
cu le do’ razze a croce, e russu an frunte
lu fiuru de la morte, aimè surdatu
de na Patria vantata su lle punte
de bbajunetta! Ma a lla steppa spùntene
l’erbe de sempre, e pparu àe caminatu
ogne acqua allu mare, e pparu àe munte
sta chiarità de celu curuddatu
le mille minne de la terra. Gnenti
àve la fàuce de la Metitora
mparatu a cci a mmurire. Stannu ancora
cu lla Croce an viduta e ll’armamenti
an core de lu munnu li putenti,
cechi, e lla ngordità se li ddivora.
Alternati agli interventi, sono stati proiettati brevi filmati d’epoca e il video molto coinvolgente “… e la neve cadeva” dell’Orchestra Katty Piva (youtube).
Infine, il momento clou della serata in onore dei nostri caduti è stata l’esibizione, facendola girare fra i presenti, della piastrina di riconoscimento del bersagliere Vito Antonio Paglialonga (classe 1914), ritrovata nel sottosuolo russo nel 2011 e consegnata alla figlia Teresa, presente in sala con il marito Giulio Moscatello e i due figli, nata proprio in coincidenza con la morte del genitore nel 1942.
In veste di simbolico testimone, onde evitare il naturale oblìo del tempo, sono stati invitati anche i componenti del Consiglio Comunale “baby”, i quali, pur già tredicenni, a causa della “riforma” dei programmi nella scuola dell’obbligo, ascoltavano per la prima volta la narrazione di eventi così tragici della nostra storia.
COMBATTENTI COLLEPASSESI CADUTI SUL FRONTE RUSSO
Luigi CADURA, Luigi COLUCCIA, Giuseppe CONTINI, Leonardo Domenico DE PASCALIS, Antonio GRASSO, Arturo MELE, Vito Antonio PAGLIALONGA, Antonio PELLEGRINO, Vincenzo RIA, Luigi SPONZIELLO.
COMBATTENTI COLLEPASSESI RITORNATI IN PATRIA
Donato GRASSO, Giuseppe LONGO, Eliseo MALORGIO, Luigi MALORGIO, Mario MANDORINO, Giovanni MARROCCO, Salvatore MASCIULLO, Antonio PAGLIALONGA di Gaetano, Antonio PAGLIALONGA di Vincenzo, Giovanni PAGLIALONGA, Carmine PELLEGRINO, Rocco RIA, Antonio SANSO’, Vito SANTANTONIO, Luigi SGARRA, Arturo SINDACO, Vittorio SPICCHIARELLI.
Giuseppe Lagna
Ha perfettamente ragione, Lorena; avere usato il termine “combattenti” è stata un mia autentica “gaffe“, oltretutto in chiaro contrasto con il taglio e il titolo dell’articolo.
Affiorano ricordi di caldi pomeriggi di agosto trascorsi ad ascoltare racconti che di certo allora non potevo comprendere, vista la mia fanciullesca età.
“I nostri piedi nudi, feriti, congelati affondavano nelle neve gelida che appariva senza fine. Dalla Russia tornammo a casa, con le nostre scarpe legate tra loro e appese al collo. Non avevamo altro.”
“Ma come hai fatto, Zio, a tornare a piedi dalla Russia fino a Collepasso?” .
Ogni risposta allora mi appariva incomprensibile e forse un po’ anche adesso.
Ma la Guerra è proprio così: incomprensibile.
Rocco Ria (Zio materno del quale conservo molti ricordi) riuscì fortunatamente a far ritorno a casa, si sposò e condusse una vita felice.
A me non piace ricordarlo come un “combattente”, perché del combattente Lui (come i tanti altri giovani italiani e collepassesi) non credo avesse nulla. Non conosceva armi che non fossero gli utensili per prendersi cura della campagna, delle piante che doveva far germogliare e dei frutti dei quali si doveva sfamare.
Giusto e doveroso, però, custodire e tramandare memoria di quella terribile pagina della nostra storia che ha visto come protagonisti inconsapevoli proprio loro: i nostri nonni, zii e amici.
Antonio,
conosco il tuo interesse per la storia e il notevole livello di conoscenza dei fatti, ma ho da riprenderti per il termine “orde” utilizzato per definire l’Armata Rossa, poichè vocabolo intriso di significato negativo proprio nei termini di disordine e indisciplina.
E non mi sembra assolutamente pertinente ad un esercito di popolo, che difese fin troppo eroicamente e con immani perdite il proprio suolo (Stalingrado docet).
Ti saluto.
Un ricordo in onore delle migliaia di soldati italiani morte e dispersi in terra di Russia.
– La tragedia di oltre 230 mila italiani durante la seconda guerra mondiale. Privi di armi moderne e di equipaggiamento adatto, quei ragazzi combatterono con grande valore e dignità. Poi dovettero soccombere alla forza d’urto dell’esercito sovietico. E cominciò il martirio della ritirata….Orde di sovietici si riversarono con incredibile violenza contro il fronte nemico che disordinatamente tentava di uscire da quell’inferno. Ma più i nostri arrancavano tra la neve e il ghiaccio in una ritirata che non sembrava non avere mai fine, più si sfinivano nel fisico e nel morale e agli incalzanti assalti russi, nulla potevano più opporre se non la fuga disperata. Il 2° corpo d’armata era completamente annientato e altre divisioni arretrando precipitosamente riuscirono a creare una linea di alcuni chilometri più a sud. Gli obiettivi dei russi erano il bacino industriale del Donetz e l’accerchiamento delle truppe italo-tedesche sul fiume Don(il tragico Don degli italiani…) che supportavano l’8° armata che assediava Stalingrado.
La maggioranza dei fanti della divisione Cosseria e della Ravenna e più ancora quelli della Vicenza ai quali erano stati assegnati in linea di principio compiti di retrovia, facevano pena purtroppo a vederli. Avevano infatti scarponcelli nostrani di tipo leggero, molti avevano in testa dei semplici passamontagna di maglia di lana autarchica, ossia indumenti atti a proteggere dal freddo dell’inverno italiano, non certo quello russo con 40° gradi sotto zero. Sul fronte del Don avvenne lo sfondamento definitivo e anche il corpo d’Armata Alpino, ultimo baluardo italiano, si arrese e si sfasciò. Ma dovette aspettare a lungo, fermo nella sua posizione, perché l’ordine di ripiegamento tardava ad arrivare. E’ evidente e palese che gli alti comandi tedeschi pensarono di rastrellare e di intralciare l’avanzata dei bolschevichi lasciandosi alle spalle, indietro di giornate di marcia le divisioni italiane. Dunque è sicuro che questi alleati scomodi germanici, quando ordinarono agli alpini di iniziare la ritirata, non poterono non essere consapevoli di emanare una sentenza di morte contro le decine di migliaia di uomini che costituirono il meglio dello C.S.I.R ( Corpo di spedizione italiano in Russia) prima e dell’’A.R.M.I.R (Armata Italiana in Russia) dopo. Gli Ungheresi e i Rumeni invece inseguiti dai cosacchi del Don infischiandosene degli ordini se la davano a gambe.
In piena ritirata a Nikolajewka ci fu una sanguinosa battaglia per lo sfondamento dell’ultimo sbarramento dei bolschevichi russi. Il ruolo maggiore lo svolsero gli alpini della Tridentina con gli aiuti della divisione alpina Julia con i fanti della Cunese e gli artiglieri della Val Pusteria. Isba per isba si riuscì a penetrare attraverso le difese sovietiche dei russi, dopodiché fu un’unica tirata verso la libertà. L’andare della colonna italiana verso la salvezza sembrava un fiume, un fiume del quale ciascun soldato italiano era un inconscia goccia o onda.
Dei 230 mila uomini inviati in Russia, 30 mila furono rimpatriati perché feriti o congelati, i superstiti furono 115 mila. Mancarono all’appello 85 mila uomini di cui 10 mila furono restituiti dall’U.R.S.S.. Il totale effettivo delle perdite ammontò a 75 mila uomini. R.I.P.
P.S. Per la cronaca a Isbuscenskij presso un’ ansa del fiume Don sul fronte orientale russo, il 24 Agosto 1942 ci fu l’ultima carica di cavalleria della storia degli eserciti effettuata con i cavalli. Essa fu condotta da unità dell’allora Regio Esercito e vide protagonista il Reggimento “ Savoia Cavalleria”. L’azione coraggiosa quanto audace, aveva contribuito all’allentamento della pressione dell’offensiva russa ed aveva consentito il riordino delle postazioni italiane. Onore a loro!