Venti anni fa l’inaugurazione della nuova Chiesa Cristo Re
27 Novembre 2017In una piovosa domenica di venti anni fa, precisamente il 23 novembre 1997, il dotto e indimenticabile arcivescovo di Otranto (oggi arcivescovo di Bari) mons. Francesco Cacucci inaugurava solennemente la nuova Chiesa Cristo Re, sede della seconda parrocchia di Collepasso. Accanto a lui l’arcivescovo emerito mons. Vincenzo Franco, suo predecessore, il parroco don Oronzo Orlando, il parroco della Chiesa Matrice don Celestino Tedesco, tutti i sacerdoti di Collepasso (don Grazio e don Quintino Gianfreda, don Marco Guido, don Giuseppe Mengoli) ed altri numerosi sacerdoti diocesani, tra cui l’indimenticabile don Cesare Palma, per breve periodo viceparroco nel nostro paese tra gli anni ’50-‘60. Presente anche l’attuale parroco don Antonio Russo, allora “seminarista adulto”, che, tre anni prima, all’età di 50 anni, aveva deciso di abbandonare l’insegnamento e la direzione dell’Istituto Professionale per diventare sacerdote e frequentare gli studi filosofici e teologici a Roma. Presenti tutte le Autorità civili, compreso il sindaco Leonardo Malorgio, che aveva presentato le dimissioni pochi giorni prima (divenute poi irrevocabili alla scadenza dei termini) “a seguito – scriveva il “Quotidiano” del 21.11.1997 – delle dimissioni di Vito Perrone da vicesindaco”. Strano destino quello dell’Amministrazione Malorgio: “esalava l’ultimo respiro” cinque anni dopo la sua prima vittoria (dicembre 1992) proprio nel momento in cui iniziava a “vivere” un’opera che aveva contribuito in maniera determinante a far realizzare!
In quella piovosa domenica del 23 novembre 1997 la nuova Chiesa era stracolma di fedeli. Al termine dell’intensa e suggestiva cerimonia, cui faceva da “bella cornice” il nutrito e variegato coro diretto dal maestro Gianluigi Antonaci, i presenti furono tutti invitati a partecipare al ricco e festante buffet offerto nel contiguo Auditorium.
Voglio ricordare questo ventennale, che cade nell’indifferenza generale, per ricostruire brevemente alcune vicende emblematiche del nostro paese.
Mi spingono a farlo sia gli scritti dei “corifèi” dell’epoca che di altri successivi autori su questa e altre vicende degli ultimi decenni, spesso descritte in modo superficiale, parziale, omissivo, lacunoso e con un’ottica di parte e distorsiva. Di questo approssimativo metodo storiografico è, purtroppo, “epigono” l’amico geom. Orazio Antonaci, che pur ha vissuto molti eventi riportati nei suoi due pur apprezzati Almanacchi del 2014 e 2016 e in altre opere. Per la verità, Orazio non ha mai avuto la pretesa di essere uno storico o di averne il rigore, ma, piuttosto, un “narratore”. Non a caso ha titolato le sue due opere più ponderose “Almanacco collepassese (1 e 2)” con sottotitolo “Storia, storie e storielle del paese”… e si sa che la “Storia” è una cosa… le “storie” e le “storielle”, invece, un’altra.
Il presente articolo è solo un sunto di una più vasta e dettagliata ricostruzione delle tormentate vicende della costruzione della seconda Chiesa parrocchiale, che ho in animo di pubblicare nei prossimi mesi (o anni) insieme ad altre, rielaborate sulla base del mio “vissuto”, essendone stato testimone e protagonista, e supportate da rigorosa documentazione.
In nessuno degli scritti di Orazio, ad esempio, si fa mai lontano cenno al fatto che nella seconda metà del 1992 il Commissario prefettizio dott. Francesco Greco ed io fummo (ahinoi!) tra i veri “motori” della costruzione della nuova Chiesa, per la quale avevano fallito le precedenti amministrazioni democristiane. Non ho voluto né cercato mai riconoscimenti o gratificazioni, nonostante don Oronzo mi avesse scherzosamente promesso all’epoca un “busto di bronzo” per il mio indiscutibile impegno, ma la Storia, se è lecito definire tale vicende locali talora connotate da “piccinerie”, è “Madre e Maestra” che va sempre e comunque rispettata e onorata.
Orazio, ad esempio, ricostruisce “a volo d’uccello” tutta la vicenda, che pur conosce bene (all’epoca era il Responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale), e ne assegna il merito al Commissario dott. Romolo Gusella, che resse il Comune nell’agosto-novembre 1994 e rilasciò “la concessione edilizia n. 104 del 21 ottobre 1994”. Il bravo e compianto dott. Gusella non ebbe, in realtà, alcun significativo ruolo in una vicenda giunta al termine di lunghe “storielle”, di cui la concessione era solo atto finale dovuto. Nessun cenno, invece, viene fatto al Commissario dott. Francesco Greco (giugno 1992-gennaio 1993), che fu, invece, su mio input, il vero protagonista che avviò a soluzione l’annosa questione.
A questo punto è doveroso un breve excursus storico su una vicenda che affonda le radici alla fine degli anni ’70.
Nel 1978 fu l’arcivescovo mons. Nicola Riezzo, su sollecitazione dell’arciprete don Salvatore Miggiano, a “sposare” l’idea di una seconda parrocchia, ripresa dal successore mons. Vincenzo Franco, che nell’aprile 1983 ottenne il parere positivo dell’Amministrazione presieduta dal sindaco ins. Giuseppe Marzano. L’8 dicembre 1984 venne ufficialmente eretta la nuova Parrocchia nella sede provvisoria della Chiesa di San Francesco di via Bellini e don Celestino Tedesco, già viceparroco di don Salvatore, fu nominato primo Parroco.
La possibilità della costruzione di una nuova Chiesa divenne concreta nel 1985, in seguito alla decisione di don Quintino Gianfreda e dei fratelli Michele e Gino di donare un appezzamento di 60 are (metà in zona B e metà in zona agricola), in località “Tafuro”, prospiciente via Umberto I. Il 16 agosto e il 2 settembre 1985 l’arcivescovo mons. Franco ufficializzava al Comune la proposta progettuale. Nonostante le garanzie ottenute, il progetto non ebbe fortuna né seguito, soprattutto per le divisioni tra esponenti e correnti della Democrazia Cristiana, che governava il Comune, e anche per quelle interne alla stessa Parrocchia, che all’epoca subiva pure gli effetti di certe clamorose contrapposizioni tra parroco e viceparroco. Ricordo, tra le tante e contrastanti iniziative, un’infuocata assemblea tenutasi nella Palestra delle Scuole elementari, in cui emersero con evidenza tali profonde divisioni, strumentalmente “cavalcate” da alcuni esponenti D.C., che furono la causa principale dello stallo cui andò incontro per anni il progetto della nuova Chiesa.
La situazione parve sbloccarsi con l’Amministrazione di Luigi Longo, nominato sindaco dopo le elezioni del 1990, che affidò a Giovanni Filieri l’incarico di assessore all’Urbanistica. Questi divenne punto di riferimento e “garante” della Curia e del vescovo mons. Franco, con il quale intratteneva consolidati rapporti di familiarità.
La Curia e il Vescovo tornarono, pertanto, “alla carica” e il 31 gennaio 1991/prot. 447 presentarono al Comune un nuovo e “articolato progetto per la costruzione della Chiesa parrocchiale e dei locali di ministero pastorale”, accompagnato da una lettera firmata da mons. Vincenzo Franco e dal parroco don Oronzo Orlando. Il progetto, redatto dai tecnici arch. Ferdinando Marzano, ing. Luigi Puce e geom. Salvatore Paglialonga, prevedeva la costruzione della nuova Chiesa “sul prolungamento di via Umberto I, contrada Tafuro o Sant’Anna”. Quattro giorni dopo, il 4 febbraio, veniva convocata la Commissione edilizia, che espresse parere favorevole. Solo cinque mesi dopo, il 28 giugno 1991, veniva, però, convocato il Consiglio comunale che doveva esprimersi sul progetto. In quella seduta burrascosa per i noti fatti denunciati in quei giorni dalla Commissione parlamentare Antimafia, il Consiglio veniva chiamato a deliberare anche in merito all’istanza della Curia “in deroga” alla legge urbanistica. Va sottolineato che la costruzione della nuova Chiesa, come si evince dalla lettera della Curia, non era prevista nel luogo dove sorge attualmente, ma nell’angolazione opposta, verso via Umberto I, e la facciata dava su via F. Trizio (v. sottostante cartina).
La decisione positiva del Consiglio non era per niente acquisita e non era casuale la sua tardiva convocazione. Come si evince dai verbali consiliari, l’Amministrazione D.C., che poteva contare su una schiacciante maggioranza (12 consiglieri su 20), era divisa. A rafforzare queste divisioni erano, soprattutto, i pareri negativi del Segretario comunale dott. Vincenzo Specchia e dello stesso Tecnico comunale geom. Orazio Antonaci, che così esprimeva il suo parere negativo all’approvazione della deliberazione: “Fermo restando il parere favorevole espresso dalla C.C.E. (nda: Commissione Comunale Edilizia) in data 4.2.1991, si esprime parere sfavorevole in merito alla regolarità tecnica dell’atto in quanto il progettista arch. F. Marzano è incaricato anche della redazione del P.R.G., espletando un incarico in contrasto alle norme urbanistiche di cui all’art. 41-bis della legge 17.0.1942, n. 1150”.
Attorno a questi pareri negativi e all’interpretazione delle norme si svolse un lungo confronto nel Consiglio. Ai due pareri negativi si aggiungevano anche una pesante lettera anonima e una diffida dell’avv. Antonio Sindaco e familiari, che, confinanti con l’area dove veniva allocata la nuova Chiesa, si sentivano lesi nei loro diritti e interessi. Le stesse minoranze si dimostravano perplesse nell’approvare una deliberazione che riportava pareri negativi così “pesanti” (rimando la puntuale ricostruzione di quel Consiglio a future pubblicazioni). Dopo lungo e combattuto confronto, all’atto della votazione solo otto furono i voti favorevoli. Otto gli astenuti, che, dati l’impatto e la delicatezza dell’argomento, non si sentirono di esprimere voto contrario. Votarono a favore il sindaco Luigi Longo, Salvatore Perrone, Carlo Marra, Paolo Menozzi, Giovanni Filieri, Giuseppe Marzano, Francesco Ria, Domenico Sindaco (tutti D.C.), ma si astennero altri tre consiglieri D.C. (il capogruppo Silvano Errico, Pino Malerba e Silvia Antonaci) insieme a quattro consiglieri socialisti (Mario Paglialonga, Vito Perrone, Carmine Grasso e Franco Giustizieri) e al consigliere indipendente Antonio Campa. Assenti i consiglieri Gigi Mazzotta (PSI), Cosimo Costantini (DC), Tommaso De Simone (PCI) ed io per incompatibilità, in quanto l’opera era prevista su terreno di miei parenti.
Contro la deliberazione l’avv. Antonio Sindaco e i familiari (la sorella Giovanna e la madre Annita Costa) presentarono subito un lungo e motivato ricorso al Comitato di Controllo, che, nella seduta del 31 luglio, non approvò l’atto e decise di chiedere “chiarimenti” al Comune. Il ricorso fu notificato per conoscenza anche alla Procura della Repubblica e a tutti i consiglieri e i ricorrenti preannunciarono anche istanza al T.A.R. di annullamento della delibera. Le motivazioni addotte non erano del tutto infondate, se – fatto clamoroso! – l’Amministrazione decise di non fornire mai quei “chiarimenti” e di far decadere l’atto. Fa un certo effetto leggere oggi sul frontespizio di quella deliberazione (n. 26 del 28.6.91 “Art. 30 della L.R. N. 56/80. Concessione in deroga – Costruzione Chiesa parrocchiale e locali di Ministero pastorale”) la nota vergata in alto e di suo pugno dal competente funzionario comunale: “Decaduta per mancata risposta ai chiarimenti”.
Dopo tanto lavoro, tante attese e tante parole, la costruzione della nuova Chiesa “andava in fumo”. La superficialità, gli egoismi e le divisioni degli amministratori D.C. ne avevano decretato il de profundis. Vi contribuì anche l’evidente e controproducente strumentalizzazione di alcuni suoi esponenti, interessati solo a “prendersi meriti” esclusivi, in primis dell’assessore Giovanni Filieri, osteggiato e criticato ripetutamente dai suoi stessi compagni di partito.
Alla fine di quel Consiglio, la Giunta presentò le dimissioni in seguito ai clamorosi fatti, di cui erano pieni i giornali di quei giorni, contrassegnati da vicende traumatiche anche per la (apparentemente) tranquilla comunità collepassese. Cinque giorni prima, il 23 giugno, dopo un clamoroso blitz dei Carabinieri nella casa-masseria alla periferia del paese di un noto pregiudicato, era stato catturato il mesagnese Salvatore Buccarella, pericoloso latitante della Sacra Corona Unita. Il 25 giugno la Commissione parlamentare Antimafia, in una conferenza-stampa tenuta presso la Prefettura per denunciare i “tentacoli” della malavita in cinque Amministrazioni della provincia, aveva rivelato che Collepasso era tra i cinque Comuni coinvolti e a rischio di scioglimento del Consiglio. Nonostante ciò, quella Amministrazione venne ricomposta e durò ancora un altro anno senza mai più riprendere l’argomento della costruzione della nuova Chiesa. Esattamente un anno dopo, però, il 18 giugno 1992, dopo una decisa battaglia delle opposizioni e per evitare il persistente rischio (e lo smacco) di scioglimento del Consiglio per le vicende denunciate dalla Commissione Antimafia l’anno prima, tutti i consiglieri (eccetto uno) presentarono le dimissioni e il Consiglio venne sciolto. Il “Prefetto di ferro” dott. Vittorio Stelo, che aveva fatto della legalità e della lotta alla Sacra Corona Unita i capisaldi della sua azione, nominò commissario il dott. Francesco Greco, giovane e valente funzionario salernitano distaccato alla Prefettura di Lecce.
Il Commissario era intenzionato a “fare pulizia” e dare una svolta alla gestione del Comune. Gli erano ben note le battaglie da me condotte contro i fenomeni criminosi presenti a Collepasso e le debolezze dimostrate dalle diverse Amministrazioni D.C. (e non solo) contro tali fenomeni, di cui erano state talora succubi e persino vittime. Queste circostanze favorirono una proficua collaborazione e, con il tempo, anche una sincera amicizia tra me e il dott. Greco. I nostri rapporti diventarono abituali. Un giorno gli prospettai la pluriennale e irrisolta vicenda della nuova Chiesa. Gli dissi che solo lui, dati i poteri commissariali (un Commissario è Organo monocratico che racchiude in sé le funzioni di Sindaco, Giunta e Consiglio), poteva risolvere l’annosa vicenda, considerato che la costruzione della nuova Chiesa era, comunque, attesa da larga parte della popolazione e che le opere connesse (campetti sportivi, luoghi di ritrovo e di socializzazione, ecc.) potevano rappresentare una risposta a tante problematiche sociali e giovanili. Il Commissario si dimostrò subito disponibile ad affrontare il problema. Ci recammo ben due volte ad Otranto a parlare con don Quintino, nella duplice veste di donante e responsabile della Curia. Per la verità, mi spingeva anche la grande stima che avevo per zio Grazio, grande Uomo di cultura e Sacerdote, favorevole alla nuova Parrocchia, che venti anni prima aveva generosamente donato quasi due ettari di terreno edificatorio al centro del paese per la costruzione di un asilo e, successivamente, dell’Oasi delle Suore di Ivrea. Nel secondo incontro, più operativo, in cui si definirono i vari passaggi e le modifiche da apportare al precedente progetto, era presente anche lo stesso Responsabile dell’Ufficio Tecnico geom. Orazio Antonaci.
In seguito a questi approcci informali, la Curia diede il via all’elaborazione del nuovo progetto, sempre a firma degli stessi tecnici, che venne presentato al Comune a metà dicembre 1992 con modifiche rispetto a quello del gennaio 1991. La localizzazione della nuova Chiesa veniva spostata dov’è attualmente, grazie sempre ad una donazione di 60 are di terreno dei fratelli Quintino e Luigi Gianfreda. Una “donazione”, per la verità, eccessivamente enfatizzata, trattandosi questa volta di un’area completamente agricola di limitato valore venale e commerciale e considerato che, per permettere l’apertura di tutta la strada sino a via Umberto I, il “cugino Gino” pretese poi dal Comune, con mio (e non solo) sommo sconcerto, la somma di £. 2.417.400 per la cessione di 948 mq di terreno agricolo di sua proprietà, “bonariamente” conteggiati in £. 2.550 al mq (per accelerare i tempi ed evitare la procedura espropriativa), liquidati con Delib. G.C. n. 309 del 18.5.1998. Per la realizzazione dell’intero tratto stradale (quello prospiciente solo la Chiesa fu ceduto gratuitamente dai fratelli Gianfreda) tra via Arc. Molloni e via Umberto I, il Comune stanziò la somma di £. 69.500.000.
Il 22 dicembre la Commissione edilizia espresse parere favorevole al progetto.
Nel frattempo, il 13-14 dicembre, le elezioni amministrative avevano visto vincente la lista di Alleanza Democratica, capeggiata da Leonardo Malorgio, alla cui formazione e successo avevo contribuito, risultando il maggior suffragato dopo il capolista. La nuova Amministrazione si insediò il successivo 7 gennaio, ma il Commissario rimase nel pieno delle sue funzioni sino al 14 gennaio, data in cui il neo eletto Sindaco prestò giuramento in Prefettura (così prevedeva la legge in quegli anni). Dopo il parere della Commissione edilizia, al fine di accelerare i tempi, chiesi al dott. Greco che fosse lui, che si era attivato in maniera così seria ed encomiabile, ad approvare definitivamente il progetto. Mi rispose che era giusto, invece, che i meriti andassero alla nuova Amministrazione (di cui sarei stato vicesindaco), considerato il mio determinante ruolo nella vicenda, e che, pertanto, fosse il nuovo Consiglio ad approvare il progetto.
L’argomento venne, infatti, portato come primo atto qualificante dell’Amministrazione nella prima seduta utile del nuovo Consiglio, tenutasi l’8 febbraio 1993. L’argomento (“Variante al P.D.F. ai sensi dell’art. 1 della Legge 3.1.78 n. 1 – da “Zona E-Verde Agricolo” ad “Area a servizi per il culto”. Approvazione progetto costruzione Chiesa parrocchiale e locali di Ministero pastorale”), corredato dai pareri positivi del Tecnico comunale geom. Orazio Antonaci e del Segretario comunale dott. Luigi Stomaci, venne approvato all’unanimità dei presenti, sia maggioranza (Leonardo Malorgio, Mario Paglialonga, Vittorio Errico, Oronzo Gianfreda, Alfredo Gianfreda, Tommaso De Simone, Antonio Colazzo, Luigi Mazzotta) che opposizione (Luigi Meli, Giuseppe Perrone, Assunta Monte, Vincenzo Ria, Maria Rosa Grasso, Massimo Sabato, Fernando Montagna, Domenico Manta, Rocco Antonio Sindaco), mentre erano assenti Vito Perrone ed Antonio Emanuele, allontanatisi nel corso della seduta, ed io, allontanatomi ad inizio seduta per incompatibilità, trattandosi di atto concernente miei parenti.
Dopo quasi un decennio, la vicenda della costruzione della nuova Chiesa era finalmente giunta al suo epilogo e anche la lunga “attesa” della comunità parrocchiale aveva finalmente il suo “Natale”. Il voto unanime del Consiglio dimostrava che il Commissario dott. Greco aveva imboccato la strada giusta, anche da un punto di vista dell’iter amministrativo, per pervenire ad un “comune sentire”, pur con alcuni prevedibili “distinguo” da parte dei consiglieri di opposizione. Il cons. Manta, capogruppo M.S.I., ad esempio, pur preannunciando il voto favorevole suo e del cons. Sindaco “in quanto cattolici”, rilevava un po’ polemicamente che “attualmente, due Chiese e due Parrocchie in Collepasso sono troppe, anche perché si sa benissimo come si è arrivati a tale determinazione”, mentre i conss. Sabato e Perrone G. (D.C.) sottolineavano “la circostanza che il Commissario, pur potendolo fare, perché pronto, non ha approvato il progetto lasciando l’incombenza a questo Consiglio comunale”.
Nella stessa seduta, al precedente punto all’o.d.g., il Consiglio conferì al dott. Francesco Greco “un encomio solenne per l’opera svolta in favore della cittadinanza e dell’Ente Comune” con il voto della sola maggioranza, l’astensione un po’ polemica e meschina dei 7 consiglieri D.C. e l’inatteso e incomprensibile voto contrario dei 2 consiglieri M.S.I.
Essendo la localizzazione della struttura in area agricola e, pertanto, in variante al Programma di Fabbricazione, il progetto doveva essere necessariamente approvato prima dal Consiglio e poi dalla Regione, che provvide con atto deliberativo di Giunta n. 3159 del 18 maggio 1994.
Sorvolo su altre conseguenti vicende amministrative, che portarono poi alla concessione edilizia nell’ottobre 1994 e, a novembre dello stesso anno, all’inizio dei lavori, affidati all’impresa Mazzeo di Caprarica di Lecce, dopo la posa della prima pietra ad opera dell’arcivescovo mons. Cacucci, avvenuta nella piovosa domenica 12 novembre 1994.
La costruzione della nuova Chiesa venne completata in soli tre anni e pochi giorni prima della sua inaugurazione fu oggetto di una “variante in corso d’opera”. L’originario computo metrico prevedeva una spesa pari a complessive £. 2.562.950.656, che si rivelarono insufficienti per realizzare l’opera e si ricorse, pertanto, ad alcune economie. Rispetto al progetto originario non venne costruito, ad esempio, il campanile e vennero apportate altre modifiche. In un bilancio pubblicato sul bollettino parrocchiale “Insieme” del Natale 1997, al 20 dicembre 1997 risultavano, sotto la voce “Costruzione Nuova Chiesa”, spese per £. 2.807.623.004 ed entrate per £. 2.013.270.000 con un disavanzo di cassa di £. 794.351.004. Le entrate erano costituite, sino a quella data, dal contributo C.E.I. per £. 1.050.000.000 (rivenienti dall’8 per mille), della Diocesi per £. 200.000.000 e da fondi raccolti dalla Parrocchia per £. 763.270.000.
Per finire, ci sarebbero da fare molte considerazioni sull’intera vicenda. Considerazioni che rimando a scritti successivi e che riguardano tante generosità, ma anche tante meschinità (alcune delle quali rimaste “scolpite”), uomini e cose, attese e fallimenti, speculazioni varie (alcune delle quali “abortite” sul nascere), “purezze” ed “alchimie”, santità e diavolerie… ma tutto ciò, purtroppo, è nella natura dell’essere umano, mentre la Chiesa è stata realizzata ad maiorem Dei (e non hominis) gloriam e, pertanto, nella sua infinita Misericordia, il buon Dio avrà avuto comprensione per le “manchevolezze” degli uomini e gioia nel vedere il suo Tempio colmo di fedeli nel giorno della sua inaugurazione.
Diciamo che oggi la nuova Chiesa svolge con decoro il suo ruolo di culto religioso e di aggregazione sociale ed è un punto di riferimento per tanti fedeli e giovani volenterosi.
Una considerazione non posso, però, rimandare, data la sua pregnante attualità. La Chiesa “nuova” appare oggi, a soli 20 anni dall’inaugurazione, già “vecchia” e “malandata”. La Parrocchia è stata costretta a programmare seri interventi finanziari e manutentivi, che dovrebbero iniziare in primavera. Tralasciando gli scantinati-“piscine”, che non sono immediatamente visibili, quei muri esterni, impregnati di umidità dalle fondamenta e lungo tutte le facciate, sono un “pugno” che rende percepibile anche all’occhio più distratto un precoce stato di degrado, che si protrae da tempo.
Né mi soffermo, al momento, su altre inquietanti circostanze e considerazioni, più “terrene” e poco “celesti”, che hanno mortificato e in parte svilito e deluso il mio appassionato e spassionato impegno (non certo “dovuto”, almeno nella fase del Commissariamento del Comune, essendo io solo un semplice cittadino) per la realizzazione dell’opera.
Non mi resta oggi che sperare in un futuro e in una comunità migliori e, nella ricorrenza di questo ventennale, fare gli auguri ed esprimere al buon parroco don Antonio Russo e ai suoi collaboratori stima e considerazione per il loro odierno impegno pastorale e sociale e ai precedenti parroci don Oronzo Orlando e don Celestino Tedesco (senza dimenticare la “buona memoria” di don Salvatore Miggiano) un doveroso riconoscimento per il loro costante impegno nella realizzazione dell’opera.
Pantaleo Gianfreda
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