Al docente picchiato a Foggia la solidarietà di Marcello Risi: “Restituire a scuola e insegnanti il ruolo delicatissimo e fondamentale nella società. Delegittimare la scuola vuol dire bruciare il futuro dei nostri figli”

13 Febbraio 2018 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Marcello Risi, candidato alla Camera

Ha creato sconcerto la notizia del prof. Pasquale Diana, vicepreside nella Scuola secondaria di I grado “L. Murialdo” di Foggia, aggredito e picchiato da un genitore perché aveva rimproverato il figlio, che all’uscita da scuola spingeva e rischiava di far cadere le compagne in fila davanti a lui. Il genitore è ora indagato con l’accusa di lesioni aggravate da aggressione a Pubblico Ufficiale, mentre il docente ha ricevuto la piena solidarietà di colleghi, studenti, cittadini, forze politiche e sociali.  

Al prof. Diana anche la solidarietà dell’avv. Marcello Risi, candidato alla Camera nel Collegio uninominale di Nardò.

“Un docente picchiato da un genitore a Foggia, a cui va il mio pensiero e la mia solidarietà – scrive Risi -. Qualche giorno fa una professoressa accoltellata in viso da uno studente. Scuole che vantano la scarsa presenza di disabili e bocciati. E tanti altri casi che non suscitano più lo scalpore che meriterebbero. Non è questa la scuola che vogliamo. Docenti ridotti a soldati in trincea, la scuola vista come guerra di contrapposizione nel ruolo educativo tra genitori sempre più assenti e figli sempre più legittimati alla violenza da una società che rema contro ogni forma di solidarietà e rispetto del prossimo. La violenza verbale finisce per generare azioni violente. Non è questo l’esempio che vogliamo e dobbiamo dare ai nostri ragazzi, che sono il futuro del nostro Paese. Bisogna restituire alla scuola e agli insegnanti l’importanza del ruolo delicatissimo e fondamentale che hanno nella società. Delegittimare la scuola vuol dire bruciare il futuro dei nostri figli”.

La Scuola di Foggia dove è avvenuta la brutale aggressione

Da segnalare l’esemplare reazione e il comportamento del prof. Diana dopo l’aggressione: “Non ho reagito – racconta – perché avevo gli occhi del figlio di chi mi stava aggredendo e dei miei ragazzi addosso. Noi abbiamo fatto tante lezioni sul rispetto delle regole e sul linguaggio non violento, reagendo avrei annullato tutto quello che avevo cercato di insegnare loro e non me lo sarei mai perdonato”.


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Pantaleo Gianfreda
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