Uno “scoppiettante” don Celestino inaugura il “Presepe di Adolfo” nella Cappella dell’Immacolata
21 Dicembre 2018Non so se il piccolo evento “andato in onda” questa sera (giovedì 21 dicembre) sia rappresentato dall’inaugurazione e la benedizione del tradizionale Presepe, costruito come ogni anno dall’impeccabile e bravo Adolfo Mastria presso la Cappella dell’Immacolata, o dalle simpatiche e “scoppiettanti” esibizioni del “neoparroco-vicario” Don Celestino, “emerito” da alcuni anni e “rientrato in servizio” per “cause di forza maggiore”, essendo il più giovane titolare Don Oronzo, al quale auguriamo una completa e pronta guarigione, ancora degente presso l’Euroitalia per le note vicende.
Certo è che l’invidiabile vitalità del “quattro volte 21enne” e “diversamente giovane” sacerdote è una “malattia contagiosa”, di cui tutti vorrebbero essere “affetti”…
La breve cerimonia svoltasi nella Cappella dell’Immacolata ha visto la partecipazione, oltre dell’autore del Presepe e del “parroco f.f.”, del sindaco, dei rappresentanti di alcune associazioni (Pro Loco, Arma Carabinieri, Polizia di Stato, ecc.) e di un gruppo di cittadini, tra cui alcuni giovani.
Nel suo breve saluto don Celestino ha fatto riferimento, criticandone la forma ma non l’essenza, alle dichiarazioni del “collega” don Luca Favarin di Padova, che giorni fa ha invitato a non fare quest’anno il Presepe.
Aveva detto il prete padovano, attirandosi un coro di critiche (e di consensi): “Quest’anno non fare il presepe credo sia il più evangelico dei segni. Non farlo per rispetto del Vangelo e dei suoi valori, non farlo per rispetto dei poveri… Oggi fare il presepe è ipocrita. Il presepe è l’immagine di un profugo che cerca riparo e lo trova in una stalla. Esibire le statuette, facendosi magari il segno della croce davanti a Gesù bambino, quando poi nella vita di tutti i giorni si fa esattamente il contrario, ecco tutto questo lo trovo riprovevole”.
Ecco… don Celestino ha voluto richiamare i presenti al valore della coerenza cristiana, cui quel Bambino “profugo” nato in una stalla sollecita tutti, salvaguardando, al contempo, il valore profondo, la tradizione e il significato del Presepe per i cristiani.
Il “Presepe di Adolfo” può essere visitato ed ammirato per l’intero periodo natalizio.
Prima di chiudere, riporto e anticipo la significativa poesia in dialetto romanesco di Trilussa (1871-1950) “Er presepio“, che don Celestino ha detto di voler leggere nelle sue omelie di Natale perché tutti riflettano.
Er presepio
Ve ringrazio de core, brava gente,
pé ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa? Si poi v’odiate,
si de st’amore non capite gnente…
Pé st’amore sò nato e ce sò morto,
da secoli lo spargo dalla croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto, senza ascolto.
La gente fa er presepe e nun me sente;
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore.
Grazie, molto bello. Sì, il presepe può essere pure una tradizione, ma chi crede e vive la sua fede con coerenza, è un rivivere nella propria esistenza di oggi il mistero della nostra fede in un Dio che ci ama e per questo ci salva.