La confessione del figlio del prof. Leo: “Gli ho dato fuoco e poi ho cucinato la pasta”

30 Maggio 2019 Off Di Pantaleo Gianfreda
Spread the love

Il padre Antonio

“Stavamo litigando come spesso accadeva. Mi ha cacciato via, mi ha detto di andarmene da casa, come era solito dirmi da tempo. Eravamo in cucina dove lui stava preparando il pranzo e aveva un fornello accesso. Avevo in mano una bottiglietta di alcol con la quale mi stavo disinfettando una ferita. Quando mi ha detto così gli ho spruzzato l’alcol addosso. Poi ho visto il fuoco”.

Vittorio Leo, l’agente immobiliare di 48 anni accusato di aver bruciato vivo il padre, ha confessato più o meno con queste parole quanto accaduto ieri mattina nell’abitazione di famiglia a Collepasso, in Salento. Dopo l’interrogatorio è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario del padre Antonio, insegnate in pensione di 89 anni. L’anziano, dopo essere stato avvolto dal fuoco, è corso in bagno per raggiungere la doccia nel disperato tentativo di spegnere le fiamme che lo avvolgevano. Non ce l’ha fatta.

Il figlio è stato interrogato fino a notte fonda, alla presenza del suo difensore, Simone Potente. Ancora sotto choc, il 48enne ha reso dichiarazioni piene di “non ricordo” e con continui riferimenti ai momenti di “panico” vissuti. Al pm Luigi Mastroniani ha spiegato che si è trattato di un incidente. Ha riferito di aver spruzzato il padre con l’alcol e di aver visto subito dopo una fiammata levarsi dal fornello della cucina.

Il figlio Vittorio

“Dopo la morte di mio padre – ha aggiunto – ho prima lavato tutto il pavimento, poi ho cucinato della pasta con del ragù, non perché avessi fame ma per smorzare la tensione che avevo addosso”. L’uomo ha detto anche che dopo la morte del genitore ha staccato il telefono e i quadri elettrici dell’appartamento per evitare che potesse citofonare qualcuno, ed ha aperto un pò le tapparelle “per far andare via il fumo e l’odore acre”.

LEGGI ANCHE  Domenica 16 ottobre riapre “Palazzo Flora Bistrot & Rooms”

Ha poi aggiunto di aver distrutto nel camino la bottiglia da litro di alcol spruzzata sul padre: “Non potevo vederla perché mi ricordava la morte di papà”, ha ammesso. Al magistrato ha ripetuto che non voleva uccidere il genitore, definito un uomo dal carattere scontroso, dai modi rudi, solitario e chiuso, che era solito inveire e gridare. Si sarebbe trattato – si è giustificato – di un raptus, un gesto di stizza indotto dalle parole pronunciate con astio dal genitore che a suo dire non lo avrebbe mai accettato preferendogli la sorella che lavora a Roma.

Secondo l’uomo, il padre non gli aveva mai perdonato di aver interrotto gli studi di ingegneria per un lavoro, l’intermediazione immobiliare online, giudicato poco onorabile.

Fonte: bari.repubblica.it, 30.5.19


Spread the love
avatar dell'autore
Pantaleo Gianfreda