Il grande cuore di un carabiniere collepassese residente nel Bergamasco: “Covid 19, Marco Piscopo dipinge la solidarietà sul muro di casa”

13 Aprile 2020 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Marco Piscopo con il suo affresco

“Un affresco sul muro di casa, per non dimenticare il dolore della terra bergamasca nei giorni della pandemia”: inizia così un articolo che il giornale online primabergamo.it ha voluto dedicare ad un’iniziativa del nostro concittadino Marco Piscopo, carabiniere nel Bergamasco da 15 anni.

L’articolo (“Covid 19, Marco Piscopo dipinge la solidarietà sul muro di casa”) sottolinea il significato dell’affresco dipinto da Marco, “segno di solidarietà per chi soffre, un messaggio di incoraggiamento, un’ideale condivisione di speranza in questi giorni tanto tristi”.

Marco ha vissuto e sta vivendo direttamente, data anche la sua attività, “l’orrore” del terribile virus. I due Comuni bergamaschi epicentro del coronavirus, Alzano Lombardo e Nembro, sono a pochi chilometri dalla sua casa e dal luogo di lavoro.

Quelle immagini strazianti, continue e interminabili, di dolore e di morte non hanno lasciato indifferente il giovane e sensibile carabiniere. “Ho racchiuso in me il lutto ed il dolore che tante persone hanno subito in tutta Italia, specialmente nel Bergamasco – dice -. Avevo qualcosa dentro di me che dovevo esternare”.

Marco intento al suo lavoro

Ed in un pomeriggio di un mese fa ha iniziato per caso a “dare anima” su un muro della sua abitazione a quello che il cuore gli suggeriva.

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Il dipinto viene terminato il 10 aprile, quando Marco scrive soddisfatto su facebook: “Disegno terminato!!! Tanti mi hanno seguito e incoraggiato da quando forse per caso mi sono cimentato a realizzare quanto probabilmente mi portavo nel cuore e di ciò che sentivo e che sento ancora oggi per il brutto periodo che tutti stiamo attraversando! Questo disegno, molto simbolico, lo dedico di vero cuore e con le lacrime agli occhi a tutte quelle persone che purtroppo hanno già la cicatrice perché hanno subito lutti nelle proprie famiglie. A voi dedico di cuore questo mio piccolo e simbolico disegno. Tanti di voi sanno il tempo che con passione e amore ho dedicato. Tanti mi conoscono e sanno benissimo quanto io ci tenga a questa terra, cui sono grato e sempre lo sarò”. Aggiunge poi che la firma dell’“artista” (“Covid 19”) non è casuale, come non sono casuali i cinque gabbiani che simboleggiano i cinque Comuni della Valgandino (Gandino, Leffe, Peia, Cazzano Sant’Andrea e Casnigo), dove Marco vive e lavora, ringraziando, infine, il figlio primogenito Nicolò (“Lollo”),  che “con pazienza ha collaborato dandomi il suo piccolo contributo affinché il tutto si potesse realizzare”.

Il disegno è caratterizzato dai tre colori “di speranza” della bandiera italiana e dal colore nero, che incornicia il dipinto e “rappresenta il lutto che ci accomuna tutti quanti”. In rilievo è rappresentata Bergamo Alta e il pennone in alto a sinistra richiama il “Caminone” (il “Caminù”), una vecchia ciminiera industriale dismessa, ma ancora presente all’ingresso della valle.

Particolare del dipinto

“C’è anche un po’ del mio Salento nel disegno”, dice Marco.

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Gli aerei che si lanciano fiduciosi nel cielo dal tricolore sono, infatti, tre MB33CD del 212° Gruppo appartenente al 61° Stormo di stanza all’Aeroporto militare di Galatina.

Anche per questo Marco, quasi con pudore, mi chiede che il messaggio racchiuso nel suo disegno “giunga anche alla mia terra, dove c’è la mia gente”.

Un “sublime” (direbbe don Celestino) connubio di terre e di genti buone e solidali, quali sono sempre state quelle salentine e bergamasche. Non dimentichiamo che queste ultime hanno dato i natali al “Papa Buono” (proprio ieri la TV ha trasmesso l’omonimo film), il santo e grande Giovanni XXIII, vero antesignano ed ispiratore dell’attuale Pontefice.

Questi sentimenti di solidarietà e bontà, tipici del Salento e della Bergamasca, traspaiono con evidenza dal disegno e dal cuore di Marco, ultimo di una “covata” di quattro fratelli, quasi tutti impegnati nel volontariato (Pierluigi, il maggiore, è presidente della Fidas di Collepasso, Giorgio lavora come operaio al Nord e Danilo è presidente del Lecce Club di Oleggio in Piemonte).

I quattro fratelli Piscopo

Marco, che andò via giovanissimo da Collepasso (nel 2000 si arruolò nell’esercito e dal 2004 è nell’Arma), non ha mai reciso le radici con la sua terra e ritorna sempre (quest’anno coronavirus permettendo) nel suo paese, anche perché la moglie Eliana (dalla quale ha avuto i figli Nicolò e Daniele) è anche lei collepassese e permangono forti i legami con i genitori Elio ed Olga e con la splendida terra d’origine, oggi “in comunione” con l’altrettanto splendida, seppur oggi sofferente, terra di adozione.

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Un emblematico affresco quello di Marco… tassello di miriadi, piccole e mirabili storie che si intrecciano e si mescolano di umanità e solidarietà in questi tristi tempi di coronavirus…

Bravo, Marco!

Pantaleo Gianfreda


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