10 giugno 1940, l’Italia entra in guerra: il ricordo delle centinaia di giovani collepassesi nella seconda catastrofe mondiale
9 Giugno 2020Sono trascorsi meno di due anni dalla commemorazione del Centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, la “Grande Guerra” (4 novembre 1918), ed eccoci ancora a ricordare un’altra data, oltremodo infausta per il nostro popolo: l’entrata in guerra dell’Italia, dichiarata dal Governo di Benito Mussolini il 10 giugno 1940, ottant’anni fa.
Ha ragione lo storico Eric Hobsbawm nel suo “Il secolo breve” a ritenere le due guerre mondiali come un unicum di conflitti civili europei, pronti ad incendiare il pianeta ad appena un ventennio di distanza uno dall’altro.
Contando Collepasso poco più di duemila abitanti (forse tremila con la politica fascista delle famiglie numerose), centinaia di nostri giovani concittadini dovettero, come i loro genitori o fratelli maggiori nel 1915, abbandonare gli affetti più cari verso un’avventura per molti senza ritorno.
Tanti figli perduti nella follia delle armi: 9 nei Balcani, 3 in Africa, 10 in Russia, 5 nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico, 3 in territorio italiano; altri dopo l’8 settembre, per ferite o malattie, in campi di prigionia, nei campi di concentramento o nella Resistenza.
Furono, infatti, ben ottantanove i militari internati nei campi di lavoro nazisti (tra i quali, ancora vivente, Giuseppe “Pippi” Marzano, ex falegname) e quattordici partigiani o patrioti combattenti (in vita l’ex maresciallo dei Carabinieri Luigi Verardi).
“Cinque di marzo del Quarantatré, nel fango le armate del Duce e del Re, gli Alpini che muoiono, traditi lungo il Don”: questo lo sconsolante andamento bellico del nostro Esercito, allo sbaraglio e senza adeguati mezzi.
“Grandi promesse, la Patria e l’Impero, sempre più donne vestite di nero, allarmi che suonano, in macerie le città”: questo il micidiale esito del progetto fascista, velleitario imperialismo straccione.
Dopo tanti anni accade che nella nostra cittadina, in preda a fortissima crisi socio-demografica, manchi l’elenco dei Caduti 1940/45 sul Monumento ai Caduti in piazza Nassiria, trasferito da piazzetta Malta anni fa, e nessuno abbia finora pensato di provvedere.
Resiste, invece, in un angolino della Chiesa Madre la scritta incisa sul muro (sopravvissuta a diversi restauri), “10.6.1940 XVIII”, che mi ispirò nel 2013 il fantasioso articoletto “Pensieri intorno a una data incisa in Chiesa Madre” (cliccare sul titolo per leggere), pubblicato su questo sito, in cui interrogavo i lettori su chi avesse potuto compiere un’azione simile, in un’era di diffuso analfabetismo.
Quesito forse risolto da Orazio Antonaci nel suo “Almanacco Collepassese” dell’ottobre 2014, in cui scrive: “L’unica cosa certa è che in quel periodo la parrocchia era retta da don Lorenzo Manta, notoriamente conosciuto simpatizzante del fascismo e, pertanto, si potrebbe ipotizzare un suo benevolo consenso per l’ignoto incisore di quella data” (…“se non lui medesimo”, chioso io).
Per altro verso, fa bella mostra sul Palazzo Municipale, nell’Ufficio del Sindaco, l’Attestato di Socio Onorario dell’ANPI (a firma dell’allora Presidente nazionale, Arrigo Boldrini “Bulow”), ottenuto dal Comune di Collepasso nel 1983, per il contributo di suoi partigiani alla Guerra di Liberazione (1943/45).
Che ne direste, infine, cari concittadini, se finalmente si togliesse la cittadinanza onoraria conferita all’epoca dal nostro Comune ai tre esponenti del Ventennio fascista, Benito Mussolini, Achille Starace e Aldo Palmentola, per gli alti de-meriti conseguiti nella Storia? Sarebbe ora!
Giuseppe Lagna