… e Sara uscì finalmente “a riveder le stelle” e “le cose belle che porta ’l ciel”…

21 Giugno 2020 Off Di Pantaleo Gianfreda
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È già un “fiore” di donna, bella e matura… per me, però, è (e sarà) solo “la piccola Sara”… sarà per quel “visino” ancora “fanciullino”… sarà perché, in certi terribili momenti, ci siamo tutti “sentiti Sara” e abbiamo vissuto con lei momenti di “trepida attesa”… quasi fosse nostra figlia, nipote, sorella, familiare!

Oggi Sara sta bene e il suo bel sorriso, nella foto postata nel titolo, appare emblematico e liberatorio, un osanna alla ritrovata “pienezza di vita”, un inno alla giovinezza e alla felicità.

Perché Sara, dopo aver “girovagato” per quasi cinquanta giorni nella “selva oscura” di terrificanti gironi infernali, è uscita finalmente “fuori dall’inferno” a “riveder le stelle” e “le cose belle che porta ’l ciel”, come “canta” il Sommo Poeta nella “Divina Commedia” al termine del suo viaggio nell’Inferno.

Da tempo volevo scrivere di Sara e della sua terribile esperienza, conclusasi fortunatamente bene, iniziata esattamente tre mesi fa, il 21 marzo, proprio il giorno del suo (non festeggiato) compleanno.

Quel giorno di inizio primavera fu per Sara l’inizio del suo più cupo inverno, quando, nella ormai nota Rsa di Soleto, dove lei lavora da quattro anni come Oss, fu rilevata la presenza del Covid-19 in alcuni anziani ospiti.

Per precauzione e per tutelare i suoi familiari (papà Giuseppe, mamma Adele e la sorella Valentina), Sara decide di rinchiudersi subito solitaria ed isolata nella sua stanzetta. Ne uscirà dopo 47 giorni.

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In quei primi momenti, ricorda Sara, “la paura principale non era la consapevolezza di aver contratto un virus sconosciuto, bensì il timore di poter aver contagiato anche il resto della mia famiglia”.

Una famiglia meravigliosa che sarà sempre trepidante accanto a lei, seppur costretta a pochi metri di distanza sotto lo stesso tetto.  

Sara con la sorella Valentina

Avverte, infatti, subito i primi sintomi… “febbricola” costante un po’ oltre i 37 gradi, dolori articolari alle gambe e nella zona lombare, annullamento dell’olfatto e del gusto…

… è l’inizio del calvario! 

Eppure Sara cerca di affrontare con coraggio l’imprevista e drammatica situazione.

Quando la vita ti mette di fronte ad una sfida – dice -, dopo aver razionalizzato paura ed incredulità, la miglior cosa da fare è affrontarla con ogni mezzo a disposizione e con la consapevolezza che ci vorrà del tempo per vincere la guerra”.

… notte e giorno in contatto telefonico con il suo medico… le cure che apparivano refrattarie a sconfiggere il virus… il desco depositato dall’apprensiva madre sullo scalino antistante la sua invalicabile “cameretta-lazzaretto”… “Non poter avere la vicinanza fisica della propria famiglia rendeva tutto più difficile”, ricorda Sara…  l’ansia, la paura, il terrore sempre più incombenti di non farcela… sin quasi a perdere il respiro, a sentirsi soffocare… l’irrefrenabile voglia di respirare aria pura e libera, rendersi invisibile, volare via sulle “ali della libertà”… quel “118” del 7 aprile che la preleva, senza nemmeno poter vedere i suoi cari, e la trasborda nell’Ospedale di Galatina… anche lì sola, in totale isolamento… la Tac che la rassicura sulla tenuta dei suoi polmoni… le analisi incoraggianti… costretta, però, al ricovero per ricevere le cure e la terapia anche con l’ormai nota “eparina”… “nella sfortuna ho avuto la fortuna di non aver manifestato gravi sintomi, ma stando nel reparto di malattie infettive a Galatina, circondata da personale sempre attento e disponibile, ho visto star male persone di ogni età, anche giovani e padri di famiglia”, ricorda Sara… rimarrà a Galatina sino al 23 aprile… poi tornerà a casa… altri 15 giorni di isolamento… senza genitori e sorella accanto (anche loro giornalmente monitorati dall’Asl), ma sempre vicini (e costretti alla distanza)… poi, l’ultimo tampone il 6 maggio… il giorno dopo, la fatidica e liberatoria risposta… finalmente sana… finalmente libera… di corsa giù per le scale ad abbracciare genitori e sorella!

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47 giorni di un lungo e infinito calvario, 47 giorni di isolamento, di paure, di disperazione, di speranze e, poi, finalmente, la “vita riagguantata”!

Sara ha vinto la sua battaglia, ha sconfitto il terribile virus ed è tornata felice alla vita normale di giovane e laboriosa donna piena di vita, di sogni e di speranze.

Presto – dice – riprenderò il mio lavoro per poter avere la possibilità di continuare a fare quello che ho sempre fatto e aiutare chi ne ha bisogno, con l’augurio per tutti di uscire fuori da questo periodo nero e poter continuare a vivere le nostre vite senza la paura di un qualcosa di sconosciuto e invisibile che ha modificato per mesi le nostre vite”.

Sara, felice e rilassata, si gode oggi il nostro meraviglioso mare con la cugina Miriam

Una nuova, bella e gratificante sorpresa già “bussa alla porta” della sua vita e mi auguro che la “buona novella” le permetterà di dimenticare presto il brutto periodo trascorso e guardare con soddisfazione e orgoglio al suo futuro di donna e di operatrice socio-sanitaria.

“C’è sempre una luce in fondo al tunnel”, questo ci insegna la giovane, bella e coraggiosa Sara, che ammonisce: “Il Covid-19 non è una semplice influenza e il recupero non è così semplice… Ancora oggi io sono alle prese con problemi a livello muscolare, che sto pian piano risolvendo con l’aiuto di personale qualificato. Questo ci deve far capire che bisogna sì ricominciare a tornare alla normalità, ma non sottovalutare i rischi di questo brutto virus, che è ancora presente tra noi”.

Sara “the Winner”

Una preziosa lezione per tutti, anche per quei mistificatori (pochi, in verità!) che continuano a vaneggiare sull’inesistenza del virus.

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Grazie, Sara, per la tua testimonianza e per la forza ed il coraggio che hai dimostrato! Un abbraccio da parte dell’intera tua comunità!

Auguri (anche per la “buona novella”) e ad maiora, Sara!

Pantaleo Gianfreda


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