“Il lupo perde il pelo ma non il vizio”: le eterne menzogne e manipolazioni di vecchi politicanti
7 Novembre 2021La “vicenda Mazzotta” continua ad “intossicare”, come era prevedibile, la vita politica ed amministrativa di Collepasso e sta assumendo toni grotteschi a causa di certe impudiche strumentalizzazioni e manipolazioni di qualche vecchio e barboso “politicante”, che, ricandidatosi sindaco anche quest’anno, ha subìto un’ulteriore, sonora e cocente sconfitta dopo quella del 2016.
Sconcerta, infatti, l’uso falsato e osceno, piegato strumentalmente ed in modo inappropriato a supporto di recenti polemiche politiche, di vecchie e documentate situazioni che portarono nel giugno 1992 all’autoscioglimento del Consiglio comunale, in cui la Democrazia Cristiana aveva la maggioranza assoluta (12 consiglieri su 20), dopo annose e ripetute vicende di delinquenza comune ed organizzata e di conniventi acquiescenze amministrative che avevano portato agli onori della cronaca il Comune di Collepasso, sospettato dalla Commissione parlamentare Antimafia di collusioni e condizionamenti mafiosi.
Su quei “terribili anni ’80-‘90” ho dedicato parte del mio libro “Storie di luoghi e di comunità” (pagg. 143-206), pubblicato nel settembre 2019, in cui ho riportato e documentato con rigore storico le tristi vicende di cronaca e amministrative di quegli anni. Ad esso rimando chi abbia rispetto della storia e intenda conoscere in dettaglio e documentalmente quelle vicende, che rappresentarono un brutto momento per Collepasso (in calce all’articolo pubblico, per chi volesse documentarsi, uno stralcio di quel capitolo).
Il nostro Comune, infatti, rischiava di essere sciolto per collusioni e inquinamenti mafiosi se il sindaco Luigi Longo, amministratore discusso, ma uomo di indubbia esperienza politica e amministrativa (esponente di primo piano della Dc locale sin dai primi anni ‘50, assessore comunale dal 1956 nonché sindaco anche nel periodo 1975-1978), non avesse compreso la gravità della situazione e avesse convinto anche i suoi a dimettersi, come andavo chiedendo da un anno in qualità di consigliere comunale di opposizione. Da quando, cioè, nel giugno 1991, la Commissione parlamentare Antimafia aveva avuto importanti incontri ed audizioni presso la Prefettura di Lecce, da cui emerse il “caso Collepasso”. Un “caso” reso ancor più clamoroso in quei giorni dalla cattura proprio a Collepasso, con ampio dispiegamento di Carabinieri “in terra e in aria”, del superlatitante della Sacra Corona Unita, il brindisino Salvatore Buccarella, che si era rifugiato e nascosto presso la casa-masseria di un noto pregiudicato locale, a due passi dal paese.
A conferma del rischio di scioglimento per collusioni mafiose, le dichiarazioni dell’on. Antonio Bargone, componente della Commissione Antimafia, nella seduta della Camera dei Deputati del 7 luglio 1992 nella replica al Sottosegretario Lenoci ad una sua (e di altri parlamentari) interrogazione sul “caso Collepasso”, in cui così si espresse: “Per quanto riguarda il consiglio comunale di Collepasso, prendo atto dell’autoscioglimento e, quindi, del fatto che il senso di responsabilità dei consiglieri comunali ha, in un certo modo, anticipato l’intervento da parte del Governo”.
Altro che “…quell’amministrazione si dimise per dimostrare all’intera Collepasso di essere pulita e di non c’entrare nulla con quelli che furono i vari sospetti legati invece all’amministrazione precedente”, come scrive Salvatore Perrone, eletto per la prima volta nel 1990 (31 anni fa) e ancora oggi consigliere comunale! Sia perché l’“amministrazione precedente” era sempre di “marca D.C.” e suoi esponenti continuavano a rivestire ruoli primari nell’amministrazione del sindaco Luigi Longo sia perché questi, concorde con l’opposizione di sinistra, volle evitare alla nostra comunità l’umiliazione di essere additata come “Comune mafioso” e subire l’onta dello scioglimento del Consiglio comunale.
Luigi Longo, che ho sempre combattuto e criticato per la sua responsabilità nello scempio urbanistico e edilizio del nostro Comune degli anni ’60-’70, in quell’occasione dimostrò di essere politico lungimirante, responsabile ed intelligente. Intelligenza, responsabilità e lungimiranza politiche che non è stato in grado, però, di trasmettere al suo “delfino” politico di allora. Proprio quel Salvatore Perrone, che, liberatosi poi dalla tutela dell’ex sindaco Longo, ha iniziato ad “intossicare” ininterrottamente la vita politica ed amministrativa di Collepasso, prima come sindaco e poi come consigliere di opposizione.
Confesso di provare ormai pena e commiserazione umane, prima che politiche, per questo ultrasessantenne ornato di bianca peluria che le ha “sparate” e continua a “spararle” sempre “grosse” per conquistare visibilità e protagonismo che carenza di intelligenza politica gli impediscono di ottenere.
Egli stesso, in modo incoerente e confuso come nel suo stile, nella seduta del Consiglio comunale del 29 novembre 2018, nel replicare duramente ad un assessore ed in polemica con il sindaco Paolo Menozzi, affermava testualmente: “Non si dimentichi che Lei ha un Sindaco che in quegli anni di piombo faceva parte di un Consiglio comunale che doveva essere sciolto per reati di mafia”.
Facci capire, consigliere Perrone, “quell’amministrazione si dimise per dimostrare di essere pulita… eccetera eccetera…”, come scrivi oggi, o perché, come affermavi appena tre anni fa, il “Consiglio comunale doveva essere sciolto per reati di mafia”?!?
Riesci, almeno una volta, a sincronizzare il tuo cervello e dimostrare un minimo di coerenza nelle tue ripetute, contrastanti e confuse dichiarazioni?!?
Quali sarebbero, nel caso, i “reati di mafia” di cui si sarebbe macchiata un’Amministrazione appena insediata e composta quasi totalmente, con l’eccezione proprio del cons. Perrone e altri due, di facce completamente nuove sullo scenario politico collepassese?!?
Egli ripropone oggi agli attuali amministratori una “questione morale” in merito alla “vicenda Mazzotta”.
Nel caso, è lo stesso Ivan Mazzotta nominato assessore (e suo stretto e ininterrotto collaboratore) proprio da Salvatore Perrone nei sette infelici anni in cui fu sindaco (1998-2005)?!?
Istintivamente ci sarebbe da esclamare: “Da che pulpito viene la predica”! Proprio da chi da oltre vent’anni con la sua presenza sulla scena politica continua a rappresentare una grande e irrisolta “questione morale”, sulla quale non mi soffermo, essendo note (almeno ai meno giovani) e documentate le sue “spavalderie”.
Non ho mai sentito Salvatore Perrone, all’epoca dei terribili fatti degli anni ’80-’90, condannare, neppur timidamente, quei fenomeni di criminalità comune ed organizzata e di evidenti inquinamenti e influenze da parte di certi pregiudicati nei confronti di alcuni noti amministratori. Né, tanto meno, porre una “questione morale”. All’epoca, seppur su di lui (giovane consigliere neoeletto) non vi fossero sospetti di collusione, anche egli era silente e pauroso, come quasi tutti gli amministratori DC, che continuarono a tollerare anche nel periodo 1990-92 evidenti inquinamenti e intromissioni criminali nella vita politica ed amministrativa del paese.
Equiparare la situazione politica attuale e la pur grave “vicenda Mazzotta” a quella dei “terribili anni ’80-‘90”, che ebbe il suo culmine con l’autoscioglimento del Consiglio comunale del giugno 1992, è pura follia.
Sia chiaro. Ho scritto già a suo tempo sulla scandalosa candidatura di Ivan Mazzotta nella lista di Laura Manta “Collepasso impegno comune”, che ha poi vinto le elezioni amministrative.
Continuo a ritenere quella candidatura un grave errore politico, su cui ancora oggi, nonostante la netta vittoria di Laura Manta, qualcuno cerca maldestramente di “alzare polveroni” e speculare sia con strumentali post su facebook sia con ripetuti articoli sulla stampa locale (per tutti, cliccare su “Collepasso, Puglia Popolare e Italia Viva tornano a chiedere un approfondimento sulla questione dell’incandidabile: “Aggirata la legge Severino””).
È proprio vero… “il lupo perde il pelo ma non il vizio”!
Chi si era illuso che il 63enne Salvatore avesse messo “la testa a posto” si è dovuto ricredere. Si sbagliava chi pensava che il soggetto si fosse finalmente messo “l’anima in pace” dopo quest’ennesima bocciatura. In molti aspettavano da lui il dignitoso gesto di dimettersi, “ritirarsi a vita privata” e dare spazio alle “forze nuove e giovani” da lui tanto decantate (e strumentalizzate) in campagna elettorale.
Ritengo, altresì, deboli e risibili le “difese d’ufficio” fatte all’epoca ed oggi dall’avv. Laura Manta.
Invece di ammettere semplicemente ed onestamente il grave errore commesso, almeno oggi che riveste primarie responsabilità istituzionali, la sindaca continua di fatto a difendere quella scelta anche nel recente post su facebook, che solo in parte condivido, in risposta alle farneticazioni di Salvatore Perrone, arrivando persino a scrivere: “… credo che anche chi ha commesso nel passato un errore, se ha pagato il suo conto con la giustizia, meriti oggi rispetto”.
Che c’entra il “rispetto” dovuto ad ogni persona, anche la più malvagia, con una scelta politica inopportuna e censurabile?!?
Prima di tutto ha mancato di “rispetto” verso Ivan Mazzotta proprio chi lo ha inserito in una lista che doveva rappresentare il rinnovamento della politica e del metodo politico, facendo indignare le persone oneste e “buttandolo nelle fauci” delle opposizioni, come era prevedibile, e costringendo il soggetto e familiari a “rinnovare indicibile dolore” (“Infandum, regina, iubes renovare dolorem” – “Tu mi costringi, o regina, a rinnovare un indicibile dolore”, Virgilio, Eneide).
“Sbagliare è umano” anche in politica. Riconoscere di aver sbagliato è atto di grande saggezza ed umiltà. Anche perché Ivan Mazzotta, pur “candidato nella mia lista per sole 24 ore vista la sua repentina rinuncia” (come scrive Laura Manta), non solo ha continuato ugualmente a fare campagna elettorale da candidato, nonostante la formale rinuncia, cercando preferenze per la sua persona (ottenendone persino 102 … una vera vergogna!), ma non è stato mai sconfessato dalla candidata sindaco in questa sua azione elettoralistica né lui ha avuto la sensibilità ed il buon senso di astenersi dal fare propaganda elettorale. Anzi, in più occasioni si è mostrato spavaldamente in giro, sia nel corso della campagna elettorale che il giorno delle elezioni, dimostrando in questo modo di non aver compreso il grave errore personale che lo ha portato alla condanna per fatti legati a personaggi mafiosi, il danno che arrecava alla sua lista e alla candidata sindaco e, soprattutto, dimostrando di non aver ancora veramente “pagato il suo conto con la giustizia”, con lui abbastanza clemente, essendo stato condannato solo a 1 anno e quattro mesi per essere stato corrotto da un personaggio malavitoso e mafioso, invece dei 4 anni richiesti dal P.M., oltretutto con pena sospesa e non menzione (il ché ha creato i noti equivoci circa la sua candidabilità e, al contempo, però, se ho ben capito, anche la sua ineleggibilità… “misteri” delle leggi italiane… poteva essere candidato, ma non eletto!). A differenza, però, di qualche altro ingenuo e meno fortunato nostro giovane compaesano, che oggi sta pagando realmente “il suo conto con la giustizia” nelle patrie galere!
Diciamoci la verità. C’è tanta ipocrisia da una e dall’altra parte. Certo, con “dosi” diverse (macroscopica e metodica quella di Salvatore Perrone, “infantile” quella di Laura Manta, che ha reagito come il “bambino beccato con le mani nella marmellata”)… ma l’ipocrisia rimane. E questo non è un buon viatico per questo nuovo quinquennio amministrativo, cui mi auguro la sindaca riesca ad imprimere una “sterzata” sia nel riconoscere certi errori (e impedire ulteriori strumentalizzazioni) sia anche nei rapporti con certo tipo di opposizione, che farebbe bene ad ignorare completamente (“lu purpu ccu l’acqua soa se coce”), lasciandola “abbaiare alla luna”, perché rappresenta il peggio della vecchia, disastrosa e devastante politica collepassese, definitivamente condannata dal voto popolare del 3-4 ottobre, nonostante certi illusori vaneggiamenti e certi “starnazzamenti” da “oche (e ochette) del Campidoglio”.
Equiparare la pur grave “vicenda Mazzotta” ai gravissimi e criminali fatti dei “terribili anni ’80-‘90” che portarono all’autoscioglimento del Consiglio comunale nel giugno 1992 e chiedere persino lo scioglimento di un Consiglio appena eletto è pura follia e ottusa ignoranza e dimostra tutta intera l’incoerenza e la strumentalità di Salvatore Perrone e di tanti suoi giovani, ingenui e creduloni candidati, che farebbero bene a ripassarsi un po’ di storia locale degli ultimi decenni (regalo il mio libro ben volentieri a costoro e a tutti i giovani candidati, eletti e non, di tutte le liste).
In ogni cosa, anche di natura politica, ci vuole “misura”. “Strafare” e sproloquiare porta con il tempo a non essere credibili. Almeno questa minima “lezione di vita” avrebbe dovuto apprendere Salvatore Perrone dopo due consecutive “batoste” elettorali nella sfrenata ambizione di tornare a rivestire la carica di sindaco.
“Nihil nimis (cupere)”, “Non desiderare nulla di troppo”, dicevano i latini.
Ed Orazio ha consegnato il “modus” (la “misura”) a due versi rimasti proverbiali: “Est modus in rebus; sunt certi denique fines, / quos ultra citraque nequit consistere rectum” – “Tutto ha una misura; vi sono infine limiti ben definiti, / di qua e di là dai quali il giusto non può esistere”.
Qualcuno capirà?!?
Pantaleo Gianfreda
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Commissione antimafia a Lecce e autoscioglimento del Consiglio
(da “Storie di luoghi e di comunità”)