Antonio Longo, 100 anni e lo sguardo sempre sul futuro… “centu anni… e cci’ ssuntu”?!?
29 Marzo 2021Dopo Maria Guarini, 100 anni la settimana scorsa, nuovo genetliaco centenario a Collepasso.
Si tratta di Antonio Longo, classe 1921, che ha compiuto 100 anni il 27 marzo.
“Centu anni… e cci’ ssuntu?!?”: in questa sua espressione c’è tutta la filosofia di vita di questo vegliardo, ci sono l’ottimismo innato, lo sguardo sempre proiettato sul futuro, il “panta rei” eracliteo del “tutto scorre” e “tutto cambia”, la saggezza di un antico detto contadino – “mundu era, mundu ete e mundu sarà” – nell’accezione non solo fatalista, ma, soprattutto, in quella, profonda e saggia, di chi sa affrontare attivamente la vita “come viene”, senza ambasce e con tranquillità, cogliendo il meglio che essa offre “nella situazione data”.
Se un uomo ha affrontato quasi tutto il “secolo terribile”, qual è stato quello finale del secondo millennio, ed ha “segnato” la sua età più verde, come tanti della sua generazione, di alcuni degli eventi più inquietanti di quel secolo – la guerra, la prigionia, la profonda crisi economica e sociale postbellica, il duro lavoro nelle campagne, ecc. – e arriva oggi al traguardo dei 100 anni… qualche motivo ci sarà! Non solo di natura fisica. Anche (forse soprattutto) di “tempra” psicologica e di capacità (innata o “forgiata” nel tempo) di “vivere la vita” senza badare al tempo che scorre… d’altronde, “centu anni… cci’ ssuntu”?!?
A 20 anni, nel 1941, Antonio “andò alla guerra”. Da Palermo salpò gagliardo e “garibaldino” verso l’Africa, ammaliato, come tantissimi in quegli anni, dalle ambizioni imperiali del Duce. Venne poi fatto prigioniero dagli inglesi, che lo deportarono, dopo una navigazione di quindici giorni, in un campo di prigionia a Liverpool, nel Nord-Est dell’Inghilterra. Caso volle che in quel campo fosse prigioniero un altro collepassese, Francesco Bellisario, la cui compagnia rese meno duro quell’indesiderato soggiorno, che gli permise, comunque, di apprendere un po’ la lingua inglese.
Tornò a Collepasso “sano e salvo” nel 1946 e si dedicò alla campagna. Il padre Paolino e la madre Giuseppa Meleleo possedevano terreni che garantivano una certa tranquillità economica alla famiglia e davano anche lavoro ad altri, soprattutto nel periodo della vendemmia. Non solo il lavoro agricolo al centro della sua vita, ma anche l’impegno come cittadino attivo al servizio della comunità.
In quei duri anni postbellici fu necessario l’impegno di tutti per ricostruire l’Italia e Uccio Longo, che aveva un alto senso civico e sociale, non si tirò indietro.
Di ispirazione cattolica e popolare, si impegnò nella Democrazia Cristiana, perno politico della ricostruzione italiana del Dopoguerra. Generoso e sensibile verso le categorie più deboli, fu designato consigliere dell’Eca, Ente comunale di assistenza, un ente molto importante sino agli anni ’70, che forniva contributi economici e alimentari ai più bisognosi. Fu componente attivo del sindacato Cisl locale (all’epoca diretto da Giovannino Errico, che coadiuvava spesso nelle diverse pratiche assistenziali) e provinciale. Credeva nella cooperazione e contribuì alla costituzione di cooperative agricole nel nostro Comune, quali la “Cantina sociale Acli”, di cui fu anche consigliere di Amministrazione, e la coop. “Madonna delle Grazie”. Fu, naturalmente, anche membro attivo dell’Azione Cattolica sotto la direzione dell’energico e amato arciprete don Salvatore Miggiano. Fu proprio grazie a quest’ultimo che conobbe la moglie Assunta Miggiano, originaria di Cerfignano e cugina di don Salvatore, che sposò nel dicembre 1955. I due hanno avuto un solo figlio, Franco, ben noto a Collepasso (è avvocato e Giudice di pace, oltre ad essere stato amministratore comunale).
Straordinario e indissolubile il rapporto che ha sempre legato padre e figlio, ancor più intensificatosi dopo la morte della moglie e madre Assunta. I due continuano a convivere insieme nella casa avita, dove a pian terreno abita il padre (assistito premurosamente dalla badante Luisa, dal figlio e dalla devota nuora Livia Fersini) e al primo piano Franco e famiglia. Una famiglia meravigliosa, temprata dagli insegnamenti e dagli esempi di nonno Antonio, adorato dai nipoti (tutti maschi) Antonio (il promettente primogenito non poteva che chiamarsi così), Giovanni e Paolo e dal pronipote Marco, un vivace italo-“espagnolito”, “frutto” simbolico e simbiotico di quella visione aperta, intelligente e cosmopolita di nonno/bisnonno Antonio.
Uccio Longo, infatti, è stato sempre persona attiva, socievole, curiosa, ottimista, illuminata, intelligente, luminosa. Anch’io lo ricordo, in età più verde e quando la “chiazziceddhra” e la “chiazza” erano veramente luogo di incontro e di “logos” (parola), ma anche di arguzie e burle, con il viso da sor-riso, sempre “te aria” e pronto alla battuta, persino pedagogico e istruttivo, seppur talora insofferente per certe rozze “ignorantaggini” dei suoi coetanei interlocutori. “Ne cuntu e nnu’ capiscene nenszi”, si lamentava talora.
Perché l’Ucciu Longu è stato una persona colta. Una cultura “autodidatta”, frutto di innata curiosità e voglia di sapere, conoscere, apprendere. In anni adulti, ha frequentato persino un corso di dattilografia. Ha conseguito solo la quinta elementare, un traguardo riservato a pochi negli anni ’20-’40 del secolo scorso (all’epoca era già una fortuna imparare a leggere e scrivere e frequentare la prima, al massimo seconda, elementare). Al piccolo Antonio piaceva molto la scuola. Sino a quando la vista glielo ha permesso, ha letto tantissimo, dicono, orgogliosi di lui, Franco, Livia e i nipoti, che mi indicano la sua piccola biblioteca. Ha letto di tutto: scritture e testi sacri, libri di ogni genere, giornali. Soprattutto, ha avuto una grande passione: il vocabolario italiano.
È bello sapere, nel corso del corrente “anno dantesco” (700° anniversario della morte del Sommo Poeta, fondatore della lingua italiana), che il centenario Antonio Longo ha amato il vocabolario italiano, che ha sempre letto e consultato. Il vocabolario è il “luogo delle parole”, la “fabbrica” che costruisce, modella e fa incontrare le parole giuste per comunicare, scrivere, comprendersi tra esseri umani.
Anche questo significativo particolare fa capire la persona straordinaria e di vivace intelligenza che è stato ed è Uccio Longo, uomo con radici sempre ben piantate nella sua terra (non solo in senso metaforico… sino a tre anni fa andava tutti i giorni a curare la sua campagna, a “Santu Sumà”), ma con la mente feconda e aperta al mondo. Certo, la sua antica vivacità e “luminosità” sembrano oggi “luci” intermittenti nei guizzi fecondi dei suoi occhi ormai spenti, sebbene fuochi, seppur fatui, si accendono se si preme “l’interruttore” che fa illuminare ricordi che proiettano immagini talora nitide, talora confuse, sfumate e oniriche della sua vita sinora centenaria… ma diciamoci la verità… “centu anni… cci’ ssuntu”?!?
Grande Uccio… tanti auguri e lunga vita!
Pantaleo Gianfreda
Sono rimasto commosso e orgoglioso nella lettura del resoconto della vita di Uccio Longo, un parente insieme ai suoi genitori, zii Paolino e zia Pippi(Giuseppa), che ho vissuto per tanti anni in uno dei più bei periodi della mia vita.
Sono grato a te Pantaleo per avermi fatto rivivere tempi felici, anche con Don Salvatore e Don Cesare, i miei fari religiosi della mia fanciullezza, e sono ritornato al tempo dei miei tanti zii e zie LONGO, una grande famiglia composta da 9 figli( 2 maschi e due femmine ) tutti amabili e altrettanto importanti per chi l’ha conosciuti. Grazie Grazie.