“Hai fattu 100 anni?”… “cusì tdìciane!”: Chiara Elia al traguardo centenario

“Hai fattu 100 anni?”… “cusì tdìciane!”: Chiara Elia al traguardo centenario

18 Aprile 2021 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Chiara Elia in un’espressiva foto di alcuni anni fa

A chi le chiedeva… “hai fattu 100 anni?”… la signora Chiara ha risposto… “cusì tdìciane!”.

Una risposta tranquilla e, al contempo, “mitica” che racchiude il senso del traguardo centenario e della vita di questa donna vissuta nei “miti e riti” antichi dei “lari domestici” (la casa), della famiglia, del lavoro, della religione, rimettendosi sempre alla volontà imperscrutabile di quel Dio-Provvidenza, che Chiara ha sempre umilmente venerato e servito.

Chiara oggi, a 100 anni

Come fa Alessando Manzoni nei “Promessi sposi”, la Provvidenza è sempre associata alla figura degli umili. Renzo e Lucia, ad esempio, nella loro concezione elementare ed ingenua, identificano virtù e felicità nella Provvidenza, che interviene infallibilmente a difendere e premiare i buoni, se si rispetta la volontà di Dio, e punire i malvagi, se, invece, si va contro la sua volontà.

L’umile e laboriosa Chiara ha sempre rispettato la “volontà di Dio”, si è sempre messa a “disposizione della Provvidenza” ed ogni sera, molto religiosa, seguiva i “riti” officiati dal parroco don Oronzo Orlando nella Chiesa “Cristo Re”, prossima alla sua abitazione.

“Casa-famiglia-lavoro-chiesa”: in questo perfetto quadrilatero si è svolta la vita centenaria di Chiara, almeno sino a quando la salute glielo ha permesso. Oggi, acciaccata e sofferente, viene assistita dalle devote figlie. Sintomatica l’espressione di una di queste, Antonia, che, parlando di mamma Chiara e papà Ernesto, dice… “Nnu’ scìane a ‘ddhruveddhri...”.

Una bella foto giovanile di Chiara

In questa espressione dialettale e tradizionale è condensata la vita antica di umili e laboriosi antenati (nonni, nonne, bisavoli, trisavoli, ecc.) della nostra comunità… “nnu’ scìane a ‘ddhruveddhri...”!

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Il luogo più lontano dalla propria casa era spesso la campagna, dove Chiara Elia, nata il 15 aprile 1921, si recava quasi tutti i giorni con il mite marito Ernesto Fersini (classe 1915), sposato il 23 aprile 1942, pochi giorni dopo il suo 21° compleanno. Un matrimonio nel pieno della drammatica e sanguinosa Seconda Guerra Mondiale, che strappò subito il giovane marito dal talamo coniugale e lo “buttò”, come centinaia di migliaia di giovani, tra cannoni e mitraglie nella maledetta guerra voluta da malvagi governanti.

Chiara Elia ed Ernesto Fersini nel giorno del matrimonio (23 aprile 1942)

Ernesto fu fortunato e dopo tre anni tornò a casa sano e salvo… e nel grembo della moglie “sbocciò” varie volte la vita. Cinque figli nell’arco di 13 anni: Giuseppe (1946), Salvatore (1947), Antonia (1952), Anna (1956) e Michele (1959). Cinque figli da mantenere con il duro e quotidiano lavoro della campagna.

Ernesto e Chiara in occasione del 50° anniversario di matrimonio (aprile 1992) con il parroco don Celestino Tedesco

Lu tabaccu” ha dominato, come per la maggioranza dei contadini collepassesi (e salentini) del ‘900, la vita lavorativa di Chiara ed Ernesto, quasi sino alla morte di quest’ultimo, avvenuta il 18 giugno 1998.

Lu saccu te lu tabaccu” issato sul portapacchi posteriore, Chiara sul tubo del telaio, Ernesto pedalava dalla campagna con la sua immancabile bicicletta. Un “fermo-immagine”, nel ricordo di tanti, della bicicletta ed Ernesto, che, per integrare il reddito familiare, andava anche “a sciurnata” in tempo di vendemmia o raccolta delle ulive. Come Chiara, per tanti anni tabacchina presso “lu magazzinu te l’Àncora e te lu Danieli” nei periodi autunno-invernali. Come migliaia di lavoratrici agricole (quasi sempre giovani madri) disseminate nei vari magazzini di tabacco di Collepasso e provincia, sfruttate e spesso ritrovatesi, al momento della pensione, con un “pugno di mosche in mano”, prive o quasi delle auspicate “marchette” (così venivano chiamati i contributi) sul libretto di lavoro.

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Storie antiche, ma sempre attuali, di sfruttamento del lavoro femminile.

Chiara con il marito Ernesto e l’omonima nipote Chiara

Come nelle migliori tradizioni familiari, Chiara è stata “tuttofare” in casa e in cucina. Le tradizioni culinarie erano la sua passione, soprattutto la pasta “fatta a casa”. Anni fa, ancora nel pieno delle forze, un nipote le chiese di preparare un po’ di “spaselle” di pasta da portare in Germania, dove ha un ristorante, per i suoi clienti, soprattutto italiani. Chiara non si tirò indietro e con energia cominciò a “schianàre” pasta “a tutto spiano”.

Mi piace pubblicare, nell’immagine sottostante, una sequenza di foto scattate nell’occasione (da cui ho tratto la bella foto del titolo), in cui risalta l’immagine di questa donna riservata, ma decisa, attiva e piena di energia.

La centenaria Chiara è paradigma vivente di uomini e donne umili che sono stati “nerbo e sostanza” della nostra comunità. Storie di vita da raccontare soprattutto ai nostri giovani, ai quali parrà impossibile che uomini e donne dalle mani callose e dalla schiena spezzata abbiano potuto attraversare e superare difficoltà insormontabili e raggiungere persino il mitico traguardo dei 100 anni. Come Chiara Elia. Come altri due centenari, Maria Guarini e Antonio Longo, in questo primo scorcio di anno 2021 ancora funestato dalla pandemia. Come Francesco Antonaci, che si avvia verso i 102 anni (è nato il 24 ottobre 1919). E anche come Armenia Cadura, nata il 15 gennaio 1920, che è venuta a mancare proprio ieri.

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Querce robuste e frondose, strati di roccia su cui sono costruite le solide fondamenta di una comunità di saldi principi (nonostante fisiologiche ed immancabili “sbavature”), che riconosce in Chiara e in altri vegliardi le madri e i padri “nobili” di noi tutti.

Auguri, “Grande Madre” Chiara!

Pantaleo Gianfreda


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