I 100 anni di Otilia Malerba, “Aracne” dalle mani d’oro e archivio vivente della Collepasso del ‘900
9 Maggio 2022Ammirando alcuni ricami di Otilia, mi è venuto in mente il mito di Aracne, la giovane fanciulla dell’antica regione greca della Lidia, nell’Asia Minore, che possedeva una straordinaria abilità nel ricamo. Le sue tele erano così belle da fare invidia alla dea Atena, tessitrice dell’Olimpo, che la fanciulla sfidò in duello. La gara durò giorni e notti, ma, alla fine, le tele di Aracne apparvero superiori per bellezza e vivacità. Rosa dall’invidia e dalla vendetta, la dea condannò, allora, Aracne a tessere per tutta la vita filando con la bocca sotto forma di ragno.
Otilia non ha mai sfidato la Divinità, anzi è stata sempre devotamente e religiosamente al suo servizio, ed ha attraversato quasi tutto il Novecento e gli albori di questo Millennio ricamando e tessendo pazientemente e in pace le sue tele, che hanno adornato e continuano ad adornare ed impreziosire luoghi religiosi e privati.
La fama di Otilia-Aracne è ancora impressa nella memoria di tante persone e molti ricordano la sua abilità e passione per quei ricami quasi tutti a sfondo religioso, intessuti per adornare altari, sacrestie, cimiteri, conventi, semplici abitazioni private o segnare appuntamenti religiosi (Comunioni, Cresime, Matrimoni) e anniversari della vita.
Alcuni di quei tanti ricami saranno esposti e ammirati questa sera, lunedì 9 maggio, presso il Salone parrocchiale della Chiesa “Cristo Re”, dove Otilia è attesa, alle 19.00, per la S. Messa e per rendere grazie a Dio per averle fatto raggiungere un traguardo importante: 100 anni di vita.
Otilia Malerba è nata, infatti, a Collepasso il 9 maggio 1922, ed ha attraversato il suo secolo intessendo con cura la “buona ragnatela” della sua vita, dedicata alla famiglia, al lavoro, alla religione e a ai suoi preziosi ricami, alcuni dei quali “adornano” anche questo articolo.
Otilia è arzilla e felice per il traguardo raggiunto, ha l’occhio vispo e una parlantina irrefrenabile, nonostante l’ictus del luglio scorso abbia un po’ offuscato i suoi ricordi e creato qualche “babele” nella memoria e nelle sue parole. La figlia Rosalba mi racconta un fatto curioso. Subito dopo l’ictus parlava e “diceva messa” solo in un confuso latino. Poi ha ripreso a parlare in italiano e, infine, è tornata all’avito dialetto.
Rosalba, per la verità, mi sollecita da tempo a raccogliere le vive testimonianze della madre e i racconti di un tempo che fu, in gran parte ancora presente nella sua memoria, vero archivio storico-mnemonico-orale, i cui files, pur un po’ compromessi, sono ancora oggi conservati nel suo personale e virtuale hard disk.
Ne ho la prova quando vado a trovarla per scrivere questo articolo.
Otilia abita “ad un tiro di schioppo” da casa mia, ma non la vedevo da anni, anche perché, oltre che “chiusa e ‘chiesa’ in casa”, pensavo, data l’età, fosse malandata e malridotta. Invece, mi trovo di fronte una vecchietta vivace, lucida, che appare, nonostante l’età, persino più in forma rispetto agli anni passati. Migliorata come il buon vino quando invecchia. Quel vino che marito e fratelli producevano nell’ampia e monumentale cantina sottostante l’abitazione, che il suocero Giovanni aveva stranamente lasciato “in comunione” ai figli perché ognuno producesse il suo vino.
Dice di ricordare persino quando sono nato (1951). “Nui erane te casa alli nonni e alli genitori toi”, dice, “e me ricordu quandu nascisti tie percé le zie toi, la Maria e l’Uccia, vinnera me chiamane dopo quarche giurnu… ‘veni a casa te lu Pascalinu’, me tissera, ‘e bbiti quantu è bbeddhru lu piccinnu ca’ è natu’!”. Così dice lei, solleticando un po’ la mia senile vanità!
Otilia, invece, nasce cento anni fa in via Generale Giardino, dove abitano il padre Silvestro e la madre Grazia Bello e dove continuerà poi ad abitare il fratello Luigi e la moglie Gina (“lu Cici Malerba” e “mescia Gina”). Ad appena duecento metri, al 5 “te la via te Parabita”, abitavano lo zio Giovanni, la moglie Maria Petruzzi e i figli, tra i quali Giulio ed Ernesto, due anni più piccolo di Otilia, i due cugini che segneranno il destino della sua vita.
… ma andiamo per gradi, seppur sintetici… perché ci sarebbe tanto da raccontare sulla vita di questa donna!
Bambina, Otilia trascorre la sua infanzia tra Castro, Otranto e Uggiano La Chiesa, dove viene mandata dai genitori per “fare compagnia” a parenti stretti, tuttora residenti in quei paesi. È proprio qui, soprattutto Otranto, che comincia a frequentare le suore che l’avviano all’arte del ricamo. Un’arte diffusissima nei nostri paesi nel secolo scorso e oggi, purtroppo, assai “residuale”. Otilia si rivela “Aracne-nata”, si appassiona e impara presto e bene a ricamare. Tant’è che, tornata ventenne a Collepasso, apre una “scuola” di ricamo molto frequentata. Rosalba dice che sua madre ha insegnato ricamo “a mezza Collepasso”.
Nel frattempo – erano i tempi dello “storico” arciprete don Salvatore Miggiano – frequenta assiduamente la Parrocchia (come, all’epoca, tutte le ragazze di famiglie di “sani principi” morali e religiosi) e diventa “zelatrice” dell’“Associazione dell’Immacolata”, una specie di “confraternita” che raccoglieva quanti avevano parenti defunti od “opzionavano” un loculo nella storica Cappella dell’Immacolata del Cimitero. In un vecchio quaderno a righi con copertina nera, che tuttora conserva, ha riportato per quasi trenta anni – dal 1946 (114 soci) al 1974 (circa 50) – tutti i versamenti.
Aveva, insomma, come dice la figlia Rosalba, un forte “legame con la Chiesa in tutte le sue forme spirituali e materiali, ne conosceva persino gli intrighi” (come, per la verità, storicamente, tutta la famiglia Malerba).
In occasione dei suoi 100 anni, Otilia ha voluto donare alla Parrocchia “Cristo Re” un calice, che forse simboleggia emblematicamente il “calice” della sua vita, le “cose” dolci e quelle amare che lei ha “bevuto” e offerto a Dio in serena religiosità, rassegnazione e amore.
Intenta a far apprendere l’arte del ricamo alle “piccole donne” di Collepasso, ricamare lei stessa e frequentare “chiese, preti, monaci e monache” – i “monaci cercantini scalzi” facevano tappa in casa sua per rifocillarsi; uno in particolare, tal fra’ Pacifico, un sant’uomo, si fermava per lavarsi i piedi e pregare. Don Marco Guido era assiduo della sua casa -, Otilia aveva poco tempo per l’amore.
“Ne piacìa”, però, come ha recentemente confidato, il cugino Giulio. Un gran bel ragazzo, come dicono tutt’oggi i parenti, vittima di una brutta storia del periodo bellico, ancora viva nel ricordo della vasta famiglia Malerba e raccontatami dal nipote Vito Vantaggiato.
Giulio, chiamato alle armi nel corso della seconda guerra mondiale, come tutti i giovani dell’epoca, era stato catturato dall’esercito anglo-americano e condotto prigioniero in una località degli Stati Uniti. Mentre, però, si avviava a piedi verso il campo di prigionia con centinaia di altri commilitoni italiani, notò per terra delle bucce di patate. Stremato dalla fame, si chinò per raccoglierle e mangiarle. Non si accorse, però, del soldato americano dietro le sue spalle che, temendo forse qualcosa d’altro, estrasse subito la pistola e lo fulminò con un colpo alla nuca. Giulio rimase in quella terra straniera e per lui mortale.
Quando la ferale notizia venne comunicata (un po’ “annacquata”, data la crudele e fatale circostanza), grande fu la disperazione della famiglia e di tutte le famiglie Malerba. Tra Ernesto, forse a conoscenza dei sentimenti della cugina verso il fratello più grande, e Otilia si avviò quel naturale processo di “reciproca consolazione” tra giovani parenti, che con il tempo portò l’una nelle braccia dell’altro.
Ernesto e Otilia si sposarono il 27 aprile 1952.
Ernesto, tornato dalla guerra “sano e salvo”, esercitava la professione di barbiere “sotta la chiazziceddhra”, dove aveva rilevato l’attività da “mesciu Romeu Braj”. Era riuscito, a differenza del fratello, a salvarsi dagli orrori della guerra con un escamotage. Non amava imbracciare le armi e odiava la guerra. Prese, pertanto, ad “arruffianarsi” il barbiere di campo per fare anche lui “barba e capelli”, tant’è che divenne suo aiutante e non conobbe la prima linea. A Collepasso esercitò come barbiere sino agli anni ’70. Poi tornò a fare il contadino.
Otilia, invece, subito dopo il matrimonio, aveva lasciato l’attività “te mescia te ricamu” e aperto un bazar presso l’abitazione di via Roma, dove svolgeva una florida attività commerciale. Chiuse il negozio e vendette la licenza a metà anni ’60, dopo un grave furto subìto proprio il giorno della Madonna delle Grazie.
Riprese il suo amato ricamo che proseguì negli anni (alcuni ricami sono recenti), anche quando accompagnava il marito in campagna. Lui lavorava la terra. Lei ricamava.
Nel frattempo, i coniugi Malerba avevano avuto la prima figlia, Maria Grazia, che morì a soli otto mesi. Vennero, poi, Roberto e Rosalba. Il primo, agrotecnico, sempre legatissimo alla madre, sposato con Maria Grazia (lo stesso nome – guarda caso! – della sorella maggiore prematuramente scomparsa); la seconda “involatasi” in quel di Genova per fare l’assistente sociale e costruire la sua famiglia.
Il lento e inesorabile scorrere del tempo costringe, però, anche ad assistere inermi a sofferenze e lutti.
Otilia rimane vedova il 24 gennaio 2010, quando muore l’amato marito Ernesto. Avevano solennemente festeggiato le nozze d’oro il 27 aprile 2002, attorniati da figli, nipoti, parenti. Ernesto era un brav’uomo, un bravo marito, un bravo padre, un nonno affettuoso ed ha lasciato un grande vuoto nella vita di Otilia.
Uno strazio infinito le procurò, poi, l’improvvisa scomparsa del dilettissimo figlio Roberto, “fulminato” in auto da un infarto il 23 aprile 2014, all’età di 59 anni, lasciando la moglie e i tre figli Ernesto, Federico, Rita. Per lui mamma Otilia ha voluto comporre e firmare, alla veneranda età di 92 anni, una delle sue ultime tele, depositata sull’altare della Cappella dove è sepolto l’amato figlio.
Eppure Otilia, donna profondamente religiosa e rispettosa della volontà di Dio, ha voluto ornare uno dei suoi ricami floreali con una reverente a grata invocazione all’Altissimo: “Ti ringrazio o Signore della vita mia”!
Una vita intensa, vissuta, pur con tutte le difficoltà e le “spine”, nell’amore di Dio e della famiglia, su cui ci sarebbe da stendere ancora pagine e pagine.
Cento anni vissuti “con i sani sensi” hanno molto da dire e raccontare. Cento anni intensi e ancora vivaci, che potrebbero essere “sorgente” di conoscenza per le nuove generazioni, radici profonde e robuste su cui verdeggiano “fronde” e reggono valori antichi e pur così attuali.
“Ha vissuto onestamente offrendo alla Chiesa decine di paramenti sacri che ha ricamato con tanta passione e amore e che desidera insistentemente che vengano utilizzate nelle cerimonie ecclesiastiche – dice commossa la figlia Rosalba -. Prima delle elezioni di ottobre avevo chiesto al nuovo sindaco di prendere un concreto impegno di protezione di tutte le persone fragili con cura e attenzione”.
Così conclude Rosalba, facendosi fedele interprete dei sentimenti della madre: “Il 9 maggio di questo anno noi non vogliamo che Putin scateni la guerra mondiale, ma che l’umanità tutta riesca a far scoppiare la Pace mondiale. Questo è il più bel regalo”.
Pace, fraternità, amore: questo il messaggio che ci trasmette Otilia, che oggi compie 100 anni!
Auguri, grande Otilia!
Pantaleo Gianfreda
Auguroni Otilia Fam Paglialonga Antonio
Bravo Pantaleo , ti sei mmortalatu ! ( come si dice)Lo meritava un articolo la nostra cara Otilia grande donna anche se piccola di statura ! Tantissimi Auguri di vero cuore ❤️🌹🌹🌹