“Fermiamo la violenza. Riprendiamo per mano la Pace”: presidio a Lecce (27 ottobre, ore 17-19, Porta Napoli)

“Fermiamo la violenza. Riprendiamo per mano la Pace”: presidio a Lecce (27 ottobre, ore 17-19, Porta Napoli)

26 Ottobre 2023 Off Di Pantaleo Gianfreda
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“Rete Salento Per La Pace”, aderendo all’appello nazionale, organizza per venerdì 27 ottobre, a Lecce (Porta Napoli), dalle ore 17.00 alle 19.00, un Presidio per la Pace.

Una “Giornata della Pace” in Italia, con cattolici e laici uniti nella richiesta di porre fine alla violenza in Israele e Palestina. Ispirati da Papa Francesco.

Partendo dal documento messo a punto da Amnesty, le tante organizzazioni che già si erano mobilitate contro la guerra in Ucraina, rilanciano la loro azione per una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese. Venerdì 27 ottobre in tutta Italia sarà la giornata della pace. Il mondo cattolico e quello laico uniti per chiedere lo stop alle violenze in Palestina e in Israele. Se papa Francesco ha indetto una giornata di digiuno, preghiera e penitenza, le associazioni laiche e cattoliche di Rete pace e disarmo hanno annunciato di fare proprio in quella giornata marce silenziose per la pace. “Israele-Palestina: fermiamo la violenza, riprendiamo per mano la Pace”, recita il documento di Rete pace e disarmo appoggiati da Acli, Cgil e Arci e tante altre associazioni nazionali e sul territorio. L’iniziativa si articolerà sul territorio con l’obiettivo di far manifestare insieme israeliani e palestinesi.

Come nel caso dell’Ucraina, la giornata del 27 potrebbe poi avere presto un seguito con una manifestazione nazionale a Roma a novembre.

Di seguito l’appello nazionale

L’attuale escalation di violenza in Israele e in Palestina è senza precedenti.

Sono già migliaia le vittime civili da entrambe le parti e la situazione umanitaria è drammatica.

Condanniamo inequivocabilmente gli attacchi perpetrati da Hamas in Israele: i crimini di guerra compiuti da Hamas e altri gruppi armati, le uccisioni sommarie di civili, i rapimenti e il lancio indiscriminato di razzi verso Israele non sono giustificabili in nessuna circostanza.

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Allo stesso tempo, nella striscia di Gaza, stiamo assistendo a una delle più disperate crisi umanitarie, che sta colpendo più di 2 milioni di persone, che già erano sottoposte al blocco illegale da parte di Israele, iniziato nel 2007.

Il 9 ottobre, le autorità israeliane hanno annunciato l’assedio totale di Gaza, bloccando l’ingresso di cibo, carburante e assistenza umanitaria e interrompendo la fornitura di acqua ed elettricità, nel mezzo di una massiccia campagna di bombardamenti.

Successivamente, il 13 ottobre, l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione della parte nord e centrale della Striscia e di Gaza City, verso sud, un ordine che può essere considerato alla stregua di un trasferimento forzato della popolazione civile e che costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario.

Inoltre, Israele ha ordinato anche l’evacuazione dei 24 ospedali – una richiesta inaccettabile, che ha messo in pericolo i civili e in particolare i più fragili, come donne incinte, bambini, disabili e malati – e, come dimostrato da alcuni video verificati da Amnesty International, su un attacco che ha provocato vittime civili lungo la strada Salah-Al Deen, non ha garantito la sicurezza delle vie di fuga indicate per andare verso sud.

Ciò dimostra ancora una volta come i civili di Gaza non siano al sicuro in nessun luogo.

Questa crisi umanitaria avrà conseguenze su larga scala.

I gruppi armati Palestinesi di Hamas hanno commesso crimini di guerra e i responsabili devono essere assicurati alla giustizia, ma la punizione non può e non deve essere estesa collettivamente a tutti i civili di Gaza.

Secondo dati ufficiali, dal 7 ottobre sarebbero state uccise almeno 1400 persone in Israele e 2.670 persone nella Striscia di Gaza, mentre i feriti ammonterebbero a circa 3.621 in Israele e a 9.600 nella Striscia di Gaza.

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Inoltre – anche se meno noto a livello mediatico – nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est, sarebbero stati uccisi almeno 61 palestinesi e 1.230 persone sarebbero state ferite da forze israeliane e coloni. Molte di queste vittime sono – ancora una volta – civili.

A questi numeri vanno aggiunti i 15 giornaliste e giornalisti che sono morti nello svolgimento del proprio lavoro.

Ed è proprio pensando anche a loro che è necessario che il conflitto in corso venga raccontato attraverso notizie verificate, con l’utilizzo di un linguaggio corretto che non alimenti odio, antisemitismo o islamofobia.

Questa crisi non è scoppiata all’improvviso.

Israele ha una lunga storia di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, tra cui l’imposizione, impunita per decenni, di un sistema di oppressione e discriminazione che Amnesty International, Human Rights Watch e B’Tselem hanno sostenuto essere un regime di apartheid.

Anche le numerose violazione crimini di guerra commessi dai gruppi armati e dalle forze di sicurezza palestinesi sono rimasti impuniti.

Il pervasivo clima di impunità ha minato la fiducia nelle regole e nei principi del diritto internazionale, in primo luogo nell’umanità, come dimostrato dalla violenza senza precedenti contro i civili in Israele e dagli attacchi implacabili che hanno annientato intere famiglie a Gaza.

La società civile ha il dovere di rimettere al centro della discussione l’importanza del diritto internazionale e la necessità di alzare la voce per difendere la dignità e i diritti umani di tutte le persone coinvolte nel conflitto.

Pertanto, per dare una risposta a questa grave crisi, chiediamo a gran voce al governo italiano di:

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• esercitare pressioni sullo Stato d’Israele affinché ponga fine all’assedio totale della Striscia di Gaza, assicurando l’accesso a cibo, acqua, carburante, forniture mediche, elettricità e aiuti umanitari per tutta la popolazione;

• invitare tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario in ottemperanza delle Convenzioni di Ginevra e, in particolare, i divieti di attacchi contro civili ed obiettivi civili, di attacchi indiscriminati e sproporzionati, di punizioni collettive, di presa di ostaggi e di rapimento di civili, che possono costituire crimini internazionali;

• chiedere con forza a tutte le parti in conflitto di astenersi dal condurre operazioni militari che possano pregiudicare l’accesso sicuro ad assistenza umanitaria e cure mediche da parte dei civili;

• sostenere inequivocabilmente e incondizionatamente il lavoro della Corte Penale Internazionale, di cui l’Italia è parte, che nel 2021 ha aperto un’indagine formale sulla situazione nello Stato di Palestina, riguardante i crimini di competenza della Corte, commessi a partire dal giugno 2014;

• astenersi dal fornire armi a tutti gli attori del conflitto e chiedere agli altri Stati di fare altrettanto.

È urgente e necessaria un’azione da parte dell’Italia, dell’Unione europea e della comunità internazionale tutta per chiedere il rispetto senza eccezioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.

I firmatari: Amnesty International Italia, AOI – Cooperazione e Solidarietà internazionale, ARCI, Articolo 21, Assisi Pace Giusta, CISS, COCIS – Coordinamento delle Organizzazioni non governative per la cooperazione allo sviluppo COSPE, CRIC – Centro Regionale d’Intervento per la Cooperazione ETS, EducAid, Ipri – Istituto italiano ricerca per la pace rete corpi civili di Pace


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