25 aprile, 79° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Il monologo dello scrittore Antonio Scurati sul 25 aprile

25 aprile, 79° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Il monologo dello scrittore Antonio Scurati sul 25 aprile

24 Aprile 2024 Off Di Pantaleo Gianfreda
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Si commemora il 25 aprile il 79° anniversario della Liberazione d’Italia dalla dittatura e dalla barbarie nazifascista.

Anche a Collepasso si terrà nella mattinata la rituale commemorazione, secondo il programma predisposto dall’Amministrazione comunale.

Ritengo doveroso riportare, come già in tanti (singoli od organi di informazione) hanno fatto, il testo del monologo dello scrittore Antonio Scurati per il 25 Aprile, censurato dalla Rai e pubblicato in versione integrale sul sito di Repubblica.

Condivido in pieno le parole dello scrittore italiano, vincitore del Premio Strega 2019, come dovrebbe fare l’intera Italia democratica, antifascista per natura e Costituzione.

Proprio ieri, in occasione del convegno “Come sta la democrazia?”, organizzato dalla Fondazione Feltrinelli a Milano, Scurati ha detto:  “Io vi invito calorosamente ad andare in piazza il 25 aprile, perché torna a essere più che mai importante farlo ancora, è importante almeno quanto prima, perché io ho imparato un’ovvietà sulla mia pelle: di fronte al fascismo e all’autoritarismo, agli aspiranti autocrati o ai democratici autoritari, nessuno si salva da solo. Quando ci si trova al cospetto della violenza, della brutalità e volgarità estrema – ha aggiunto Scurati – ebbene la sola possibilità che abbiamo di contrastarla e prevalere è che le persone che usano idee, argomenti, opinioni, che non sono violente, restino unite e oppongano il numero alla forza, altrimenti preponderante della violenza”.

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Di seguito il testo integrale del monologo di Scurati, che doveva essere letto su Rai3 il 20 aprile nel corso del programma “Chesarà…” condotto da Serena Bortone, ma impedito assurdamente dalla censura operata dalla direzione filogovernativa della Rai.

La giornalista Serena Bortone e lo scrittore Antonio Scurati

Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.

Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.

Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.

In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.

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Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.

Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?

Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.

Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).

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Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.

 


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Pantaleo Gianfreda