Folla di fedeli per l’insediamento del Parroco della “Cristo Re” Don Antonio Tondi … “dalle api dovremmo apprendere laboriosità, sinodalità e rinascita”
1 Novembre 2024La sera di giovedì 31 ottobre, Festa liturgica di San Quintino, la Chiesa Cristo Re era colma di fedeli e i posti tutti occupati già dieci minuti prima che iniziasse la solenne celebrazione eucaristica del Vescovo e il rito del “possesso canonico” da parte del nuovo Parroco. Tanto da costringere il buon Luigi Fersini, il generoso, riservato e insostituibile collaboratore parrocchiale che presiede le “retrovie”, nella circostanza con la sua divisa da Sottufficiale di Marina in pensione, a procurare altre sedie, aiutato da qualche volontario, per permettere ai fedeli che continuavano ad affluire, soprattutto ai più anziani e bisognosi, di trovare posto. Qualcuno, nel corso della Messa, era persino seduto fuori il portone di ingresso della Chiesa.
Forse basterebbe questa semplice e significativa notizia di cronaca per far emergere il profondo legame, la stima e l’affetto che i fedeli della Parrocchia e tutti i cittadini di Collepasso nutrono verso il 35enne Don Antonio Tondi dopo i suoi iniziali e proficui quattro anni di Amministratore parrocchiale della Parrocchia Cristo Re, che ora gli hanno meritato la nomina a Parroco per (almeno) i prossimi nove anni.
Presenti genitori, fratello, sorella, parenti e amici di Don Antonio, oltre Autorità civili e militari e le associazioni, l’Arcivescovo P. Francesco Neri ha celebrato, insieme ad altri sacerdoti, la solenne liturgia eucaristica ed ha presieduto al rito “dell’ingresso e del possesso canonico” del neo Parroco, che prevede atti canonici formali di cui si è dato lettura all’inizio e al termine della cerimonia.
Molto bella e profonda, pur nella sua semplicità espressiva, comprensibile a tutti (almeno spero), l’omelia di Padre Neri, che ha focalizzato le sue parole sul tema della Misericordia, essenza del messaggio cristiano e tema molto caro a Papa Francesco, che l’8 dicembre 2015 e sino al 20 novembre 2016 volle indire il “Giubileo straordinario della Misericordia” (cliccare su articolo).
L’Arcivescovo francescano ha voluto tracciare per i presenti un “itinerario di Misericordia”, incentrato essenzialmente su tre punti, brevemente e analiticamente sviluppati nel corso dell’omelia (riporto le sue parole): 1) “Non fare del male a nessuno, non vendicarsi mai, non fare del male a chi ci ha fatto del male”; 2) “Riconoscere che l’altro è come me ed io sono come l’altro, un impasto di bene e di male, e che in ogni uomo c’è qualcosa di negativo, ma anche di positivo”; 3) “Prendere atto che è al mistero dell’amore materno che noi dobbiamo guardare”.
Certo un messaggio semplice e bello ma difficile in tempi così bui ad ogni livello, da quello internazionale, dove imperversano guerre ed odi, a quello locale, ma al quale ognuno ha il dovere di ispirarsi nella vita quotidiana, nel rapporto con gli altri e nell’educazione ai figli. Personalmente credo che senza la misericordia, l’argine della misericordia o, almeno, un pizzico di misericordia, la vita personale, interpersonale e sociale sarebbe una regressione irreversibile all’“homo homini lupus”… all’“uomo lupo per l’altro uomo”.
Al termine della celebrazione eucaristica e dopo le formalità di rito previste per la registrazione e sottoscrizione dell’atto di nomina di Don Antonio a Parroco della Parrocchia “Cristo Re dell’Universo”, sono intervenute Barbara Palumbo, a nome del Consiglio Pastorale, e la sindaca Laura Manta.
Infine, prima della torta finale nell’Auditorium parrocchiale, il neo Parroco Don Antonio Tondi ha svolto un breve, semplice e significativo discorso, spesso molto applaudito in alcuni passaggi, che ritengo doveroso riportare di seguito integralmente.
“Il 4 ottobre 2020 – ha detto Don Antonio – per chiamata di Mons. Donato Negro, amato padre, e accompagnato da Mons. Giuseppe Mengoli, sostenuto dall’affetto sincero della mia famiglia, entravo, emozionato, in mezzo a voi in qualità di amministratore. Oggi, un altro padre, il vescovo Francesco, mi dona la gioia di diventare vostro parroco. La ringrazio per la fiducia, l’affetto e la carità che ci unisce. Può contare sempre sulla mia disponibilità e sulla mia obbedienza.
Quel giorno mi accompagnavano anche i miei genitori e la mia famiglia, che in questi anni è stata sempre al mio fianco, come le parole che mi hanno sempre insegnato… sacrificio e semplicità… e li ringrazio per questo.
Sono trascorsi più di quattro anni, un tempo proficuo in cui abbiamo vissuto un’esperienza profondissima di Dio e di Chiesa. Dal primo giorno, ho chiesto l’aiuto di Cristo Re dell’Universo, a cui la nostra chiesa è dedicata, per proteggere ciascuno, per donare pace e salute ad ogni famiglia, in particolare a chi sta affrontando il calvario della malattia e della sofferenza, per guidare i giovani nelle scelte fondamentali della vita, in modo particolare quella di chi fa discernimento vocazionale nel nostro seminario, per illuminare della sua luce i nostri cuori affinché possiamo camminare sempre nella volontà del Padre.
Vi ringrazio perché sento che, per mezzo dell’aiuto di ciascuno, la nostra comunità è viva: per la fede che testimonia ogni giorno negli ambiti differenti in cui opera, per la carità operosa che spinge ad aprire il cuore ai bisogni delle periferie, per la speranza che orienta i nostri passi verso il regno.
È doveroso ricordare tutti coloro che, appena giunto qui, mi hanno accolto, sostenuto moralmente e non solo. Oggi alcune di queste persone non sono con noi, ma il loro contributo offerto per la crescita spirituale, pastorale e culturale della comunità, non è possibile dimenticarlo.
In modo particolare Don Quintino, che è stato anche Vicario generale, che nei primi anni del mio ministero ad Otranto mi ha aiutato tanto, e poi, quando sono venuto qui, il fratello di don Quintino, il dott. Gino Gianfreda, morto improvvisamente due anni fa. Hanno donato il terreno su cui sorge questa Chiesa e quindi era doveroso ringraziarli.
Un sentito e affettuoso saluto rivolgo anche a coloro che, per motivi di lavoro o di salute, sono lontani dalla loro famiglia di origine e, conseguentemente, dalla comunità. Ci sentiamo spesso, percepisco in loro tanta nostalgia, ma sono convinto che, grazie alla preghiera e all’amicizia, tutte le distanze possono essere colmate. Dice Alfa, cantante della Generazione Zeta, che “c’è un filo rosso che ci unisce” e questo filo rosso è Gesù. Nonostante la distanza siamo tutti uniti.
Vorrei condividere una gioia che mi accompagna, cioè di aver amministrato tanti battesimi, inaspettatamente, ben 164. Che questo seme porti luce e speranza a tutta la comunità.
Ho voluto indossare questa casula che, sullo stolone centrale, porta ricamate delle api. Da questi piccoli insetti dovremmo apprendere la laboriosità, la sinodalità e la rinascita. Le api sono simbolo di instancabile lavoro organizzato nella condivisione. Esse per costruire il favo o per ripararlo uniscono le loro zampe a catena e, in tal modo, assicurano la produzione del miele e della cera a beneficio di tutti. Le api rappresentano un valido esempio per noi: lavorare insieme, con impegno e sacrificio, per rafforzare la vita della nostra comunità.
Concludo – ha detto infine Don Antonio – con una citazione dotta. Un famoso poeta italiano, Giacomo Leopardi, apriva il suo capolavoro “L’infinito” con: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle…”. Prendendo in prestito, modificando le sue parole, così vorrei cominciare questo percorso: “Sempre caro mi è questo vivo Colle…passo”!
Grazie a tutti! Vi voglio bene!”.
… anche noi, Don Antonio!
Buon cammino pastorale, Don Antonio… ad maiora et meliora semper!
Pantaleo Gianfreda