Il dolore della comunità, una Chiesa stracolma, tanti giovani, le note di Vasco e le parole di Don Antonio nell’ultimo saluto a Giuseppe, “ragazzo dolce, educato, solare e rispettoso”

Il dolore della comunità, una Chiesa stracolma, tanti giovani, le note di Vasco e le parole di Don Antonio nell’ultimo saluto a Giuseppe, “ragazzo dolce, educato, solare e rispettoso”

19 Agosto 2024 0 Di Pantaleo Gianfreda
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Pippi, l’anziano “patriarca” della famiglia, incrollabile come una roccia, aveva gli occhi ormai inariditi dopo tanto dolore, incastonati in quel fisico “scolpito” da una lunga vita di lavoro dedicata alla terra.

Amava la terra anche il diletto nipote Giuseppe, che portava il suo nome, morto a soli 23 anni.

Un amore ereditato certamente dal nonno.

In un’epoca in cui tutti i giovani, con rare eccezioni, fuggono dalla terra, Giuseppe aveva scelto l’agricoltura, il contatto con la natura, la cura dell’ambiente. Da due-tre anni lavorava in una piccola impresa locale di manutenzione del verde e poi curava le sue campagne.

Chissà quante volte l’anziano nonno si sarà chiesto “… perché lui e non io… perché questa morte assurda a soli 23 anni?!?”.

“…non so perché si muoia in un modo così assurdo”, ha detto con umiltà e umanità anche il giovane parroco Don Antonio Tondi nel corso della sua breve e intensa omelia in una Chiesa gremita di fedeli, molti dei quali costretti a rimanere all’esterno, in cui risuonava “il dolore di un’intera comunità”.

Seduto nell’ultimo posto accanto al portone di ingresso, ho visto entrare in Chiesa decine e decine (forse centinaia) di giovani e giovanissimi. Tanti rimasti fuori. Una forte testimonianza di fratellanza e solidarietà delle giovani generazioni dopo l’imprevisto e mortale “naufragio” di un amico e coetaneo (non scriveva Plutarco che “la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto”?).

Le note di Vasco Rossi, il cantautore preferito da Giuseppe, riempivano l’ammutolito silenzio dei presenti al momento dell’ingresso della salma in Chiesa e poi alla sua uscita, quando tanti palloncini bianchi si sono protesi verso il cielo insieme alle note del mitico Blasco.

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Ha colpito tutti la dignità, la riservatezza, la compostezza della famiglia, silenziosa ed attonita nel suo dolore. Del padre Antonio, che nel febbraio di quaranta anni fa rimase vittima di un gravissimo incidente stradale, di mamma Rosaria, della sorella Sara, del nonno Pippi, dei tanti zii/e, cugini/e, familiari e amici.

D’altronde, lo stesso Giuseppe, a detta di tutti, era un ragazzo estremamente riservato.

I familiari del giovane defunto (in primo piano, la madre e la sorella)

Di fronte alla morte di un giovane sono tanti gli interrogativi che ognuno di noi si pone. Impotente.

Lo stesso Don Antonio ha confessato: “Come vostro pastore vorrei darvi una risposta ma devo essere onesto nel dirvi che non ce l’ho, che non so perché si muoia in un modo così assurdo”.

Il giovane parroco ha espresso in modo semplice e magistrale i sentimenti dell’intera comunità con un’omelia connotata da profonda umanità e altrettanta fede.

La riporto di seguito integralmente per sottoporla alla lettura e alla riflessione dei lettori.

Don Antonio nel corso della sua omelia

Fratelli e sorelle, è difficile per noi oggi essere qui. Anzi non vorremmo esserci. Non vorremmo esserci ad accompagnare questo giovane figlio della nostra terra, a tentare di consolare il dolore immenso dei suoi genitori e di tutti quelli che lo piangono con il cuore spezzato, incredulo e smarrito. In questa nostra chiesa stiamo vivendo un momento assurdo in cui, nel silenzio, risuona il dolore di un’intera comunità che si unisce a quello profondissimo di Rosaria che ha visto suo figlio non far ritorno a casa e di Antonio che ha visto infrangersi i sogni di bene e di futuro, un dolore il nostro che si unisce a quello dei familiari, degli amici e di tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere e apprezzare la sua bontà d’animo.

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Dal vostro sguardo addolorato sembra emergere una domanda: perché è successo?  Come è potuto accedere che un giovane onesto e innocente come Giuseppe morisse in questo modo? Come vostro pastore vorrei darvi una risposta ma devo essere onesto nel dirvi che non ce l’ho, che non so perché si muoia in un modo così assurdo. Mi sento soltanto di condividere con voi una certezza nata in me nella preghiera. Purtroppo nessuno può cancellare quanto accaduto e davanti alla morte di Giuseppe non abbiamo altre parole in cui confidare se non quelle che ci vengono dal Vangelo di Gesù, le cui pagine annunciano, ancora una volta, una notizia inaudita: la Risurrezione. È questa la verità che vorrei comunicarvi. Oggi, l’unico orizzonte che può strapparci dalla disperazione è la Pasqua del Signore, la certezza che questo nostro amico, nel momento in cui ha chiuso gli occhi alla luce terrena, li ha riaperti immediatamente alla luce di Dio, incrociando il suo sguardo paterno e materno insieme.

Giuseppe è nato di nuovo, in una vita non diversa ma altra, non sporcata dal peccato, ma totalmente immersa nell’Amore. La vita non è solo questione di tempo ma anche e soprattutto di profondità, la vita non è solo durata ma anche e soprattutto intensità. E Giuseppe la sua esistenza l’ha vissuta intensamente, pienamente, sempre attratto dalle cose belle; in modo particolare lasciandosi sedurre dalla bellezza della natura e del creato. Amava tantissimo la campagna e, seppur così giovane, ha mostrato a tutti di essere un grande lavoratore.

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In questo modo, Giuseppe ha dato una testimonianza concreta alla nostra comunità. Ragazzo dolce, educato, solare e rispettoso, aveva una parola buona per tutti. Il suo sorriso spontaneo era immagine di una profonda serenità interiore. Nella sua umiltà e riservatezza è stato un ragazzo affabile, che voleva bene e si faceva voler bene, come dimostrano le tante persone qui presenti. Piange molto chi ama molto. Giuseppe ha ricevuto tanto amore e, ora, questo amore lo ricambierà pregando per noi!

Vorrei concludere questo mio semplice pensiero richiamando il testo di una canzone del cantante che Giuseppe adorava, Vasco Rossi. La canzone si intitola “Stammi vicino”. Così ascoltiamo: “Stammi vicino e ogni cosa vedrai che col tempo tutto si aggiusterà”. Stacci vicino Giuseppe. La tua famiglia, i tuoi amici hanno ancora bisogno di te. Te lo chiedo da amico, cuore a cuore, come se fossimo soli io e te: con la discrezione che hanno gli angeli custodi, aiutali ad affrontare il momento presente e le difficoltà della vita, fa sentire che possono ancora contare su un aiuto dal Cielo.

Ciao Giuseppe: non so quando, non so come, non so dove, ma so che ci rivedremo perché l’amore è più forte della morte. E chi ama non muore mai!

Grazie della tua vita e pace a te. Amen.

Giuseppe Russo, scomparso a 23 anni

Ciao, Giuseppe!

Pantaleo Gianfreda


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Pantaleo Gianfreda