“Don Celestino, uomo ricco di umanità, capace di essere padre e fratello, spiritoso, gioioso nel donare”: il saluto del Vescovo e dell’intera comunità

“Don Celestino, uomo ricco di umanità, capace di essere padre e fratello, spiritoso, gioioso nel donare”: il saluto del Vescovo e dell’intera comunità

31 Gennaio 2025 1 Di Pantaleo Gianfreda

Sono innamorato di Collepasso… tutta la vita mia addhrai stave”, diceva don Celestino nel congedarmi dopo l’ultima intervista che gli feci in occasione del suo 90° compleanno.

Un “innamoramento” ricambiato dalla sua comunità che gli ha tributato con intensità e mestizia l’onore e la riconoscenza che meritano i Giusti al momento della “definitiva dipartita” per l’Eternità.

Tantissimi hanno voluto tributare a don Celestino l’estremo saluto nella veglia funebre dal pomeriggio di giovedì sino al momento delle esequie di venerdì. La “sua” Chiesa era stracolma (anzi, “traboccante”, considerato che in tanti erano rimasti fuori) del suo “popolo”, attento a seguire con commozione la S. Messa e il rito esequiale celebrati dall’arcivescovo Padre Francesco Neri con i due parroci don Antonio Russo, che si commuoverà nel corso del suo intervento, e don Antonio Tondi e altri sacerdoti (tra gli altri, don Stefano Micheli, suo antico viceparroco e attuale parroco a Galatina). Il saluto, il dolore e la riconoscenza dell’intera comunità sono stati espressi con commozione anche nell’intervento del sindaco Laura Manta.

Rileggendo oggi quell’articolo ed il messaggio che mi affidò (“… è il momento per ringraziare tutti voi, miei cari fratelli collepassesi, per il sostegno che mi avete dato in tanti anni trascorsi insieme… è mio desiderio, quando verrà l’ora, di essere sepolto a Collepasso, con la gente che ho amato e mi ha amato”), ho avuto la sensazione che don Celestino presagisse imminente la sua fine e fosse pronto da tempo all’ultima chiamata e all’incontro con il suo “Principale”, come definiva il buon Dio. (cliccare su articolo)

Come se egli, nonostante l’attuale stato di salute sostanzialmente buono dopo i difficilissimi momenti vissuti una decina di anni fa, sentisse il bisogno di esternare – lui così pudico nei sentimenti – questo “amore viscerale” verso Collepasso, la sua comunità, la sua gente, la sua “casa”.

Don Celestino aveva una famiglia “splendida”, come diceva lui stesso, che, con i suoi “sei figli che continuano ad amarsi ed aiutarsi” e gli oltre 50 tra nipoti e pronipoti, lo ha amato, è stata riamata e gli è stata sempre vicina.

I familiari nelle prime file. Sotto: con la sorella in occasione del 50° del sacerdozio e (dietro) Vittorio Errico

Non meno “splendida”, però, la “grande famiglia” che lui aveva creato a Collepasso, una comunità intera che lui amava e lo amava, dove lui splendeva e di lui splendeva. Perché egli “portava luce”.

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La comunità di Collepasso rappresentava per don Celestino la “casa” che aveva costruito, il “porto sicuro” cui, lui figlio di marinai, era approdato dopo una fanciullezza-adolescenza vissuta “ramingo” per l’Italia.

Un giovane don Celestino

Nato a Catania il 22.5.1934 da Ettore, maresciallo di Marina in quella città, e da Aida, napoletana (per giustificare il suo carattere talora “vulcanico” ed esuberante, diceva spesso: “sono nato all’ombra dell’Etna e mia madre all’ombra del Vesuvio”), si era poi trasferito a Genova e in Piemonte. In un dialogo-intervista con Vittorio Errico, suo amico e sodale di cinema e cultura, pubblicata nel settembre 2007 da “Agorà”, ad una domanda sull’infanzia ed il suo passato, don Celestino diceva: “Non posso avere nostalgia del passato, dal momento che la mia infanzia l’ho trascorsa sotto le bombe a Genova: tanta fame, e vedere col terrore negli occhi la morte in faccia ogni giorno. Ho trascorso un periodo in Piemonte, ove, con mio padre prigioniero in Germania, ho dovuto fare ogni mestiere, dal contadino al pastore di pecore”.. e aggiungeva ironicamente “… “segno profetico?”.

In quella stessa intervista, un “desiderio profetico”. Alla domanda “Come vorresti morire?” don Celestino rispondeva: “Con gli occhi aperti, pieni dell’immagine di chi lascio e della gioia per chi incontrerò”.

Grato al suo “Principale” per gli anni concessi, lui soleva ripetere spesso un salmo: “Gli anni dell’uomo sono 70, 80 per i più robusti” e poi aggiungeva “di suo”: “… il resto sono mancia”! “Grazie, Signore, della mancia… ma che sia lauta!”, ringraziava sempre don Celestino “occhieggiando” al suo “Principale”!

Così è morto, come lui voleva… “con gli occhi aperti, pieni dell’immagine di chi lascio e della gioia per chi incontrerò”… grato a Dio per la “lauta mancia” concessagli.

Abbiamo spesso sorriso di battute e aneddoti in cui don Celestino eccelleva, ma dietro battute e aneddoti c’era un uomo e un sacerdote di grande saggezza e profonda cultura che amava la vita e guardava alla morte con semplicità e fede, come “altra” vita, passaggio alla vita eterna accanto al suo “Principale”.

Di lui, il 21 marzo 2011, in occasione del 50° anniversario di sacerdozio, “Famiglia Cristiana” aveva scritto: “Egli, con la sua parola avvincente e convincente e con la sua meravigliosa attività pastorale, ha conquistato il cuore dei fedeli, specialmente quello dei giovani che ha curato, nel tempo, con particolare attenzione. La comunità tutta gli è grata e gli augura ogni bene”.

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Ho scritto tanto, potrei scrivere ancora tanto e forse scriverò e tanti scriveranno ancora di don Celestino. Tempo fa avevo proposto all’amico Salvatore Marra di raccogliere in un libricino i tanti, divertenti e ricchi aneddoti di cui aveva “costellato”, cioè riempito di piccole “stelle” luminose, la sua intensa vita e la nostra comunità. Non ne abbiamo avuto il tempo.

Certo è che Don Celestino lascia nell’immaginario collettivo l’immagine positiva e vitale dell’uomo e del sacerdote che irradiava vita e luce, che “illuminava” con i suoi sorrisi, risate, battute, prediche tonanti, provocazioni, con la sua genuina amicizia e confidenza con tutti, con lo sguardo talora attento e inquisitorio, ma con quella straordinaria capacità di unire l’intera comunità senza distinzione alcuna. Ricordiamo ancora con nostalgia le belle giornate vissute in unità e armonia, grazie a lui, in occasione delle celebrazioni religiose e civili per il suo 50° anniversario di sacerdozio nel giugno 2011.

Consiglio in piazza per i 50 anni di sacerdozio di don Celestino e (sotto) con l’intero Consiglio comunale e il Corpo dei Vigili

Sopra e sotto: altra iniziativa nell’Auditorium scolastico per i 50 anni di sacerdozio

Non a caso forse la più significativa, rappresentativa e diffusa foto è quella che pubblicai tanti anni fa, forse nel 2010 o 2011, una foto fatta propria da tanti e riportata mille volte sui profili social di tanti cittadini e gruppi collepassesi, ancora oggi riproposta in occasione della sua scomparsa. È forse quella che più di tutte (e ne ho migliaia) “fotografa” don Celestino: solare, irradiante, vivo e vivace, curioso, illuminato e illuminate, ironico, sorriso aperto e accattivante… di straordinaria “empatia”, diremmo oggi.

Rimane, soprattutto come insegnamento e “lascito” per i giovani (e non solo), il suo grande amore per i libri, la cultura, la formazione, la curiosità del sapere.

Come ha voluto sottolineare anche il francescano Padre Francesco Neri, il nostro arcivescovo, che ha detto cose semplici e bellissime ieri nel corso della sua omelia, tracciando il ritratto di un uomo e di un sacerdote che aveva fatto appena in tempo di conoscere e del quale aveva subito colto i tratti significativi di “persona ricca di umanità, di amicizia, di paternità”.

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Con le parole finali dell’omelia di Padre Neri mi piace concludere questo articolo.

Ho incontrato una persona capace di amicizia… sono stato a casa sua – ha detto l’Arcivescovo -. È stato bello sedersi accanto a lui… percepivo una persona incoraggiante, un amico… è stato paterno, vorrei dire, avrei potuto essere suo figlio, no?… ho percepito in lui la trasmissione di una stima, di un apprezzamento, di un incoraggiamento… proprio quello che un padre ha nei confronti dei figli. Una persona ricca di umanità, di amicizia, di paternità. Ho trovato una persona capace di sorridere e far sorridere. Mi dicono che c’è una raccolta di detti spiritosi di cui è stato autore don Celestino, qualcuno mi è stato trasmesso. Il Papa ha insegnato che lo spirito, l’umorismo, la capacità di strappare un sorriso sano è una caratteristica della santità. Forse non lo sapete, ma c’è addirittura un libricino che raccoglie le barzellette che raccontava Padre Pio. Così anche il Papa, anche lui ama raccontare barzellette… se lo fa il Papa! Don Celestino era un uomo che aveva il senso dell’umorismo. Era una persona che sapeva sorridere e regalare un sorriso.

L’arcivescovo di Otranto P. Francesco Neri

È stato un uomo attento alla modernità perché era un amante dei libri e dei film. Un documento del Papa quest’estate ha messo in evidenza l’importanza della letteratura nella formazione sacerdotale. E don Celestino leggeva tanto. Ma anche l’importanza del cinema. Ora leggere è stata sempre una caratteristica del clero istruito, ma il cinema forse tanti anni fa no. Don Celestino è stato un pioniere. Un po’ come Paolo VI, il quale ogni mese voleva che gli presentassero un film importante. Celestino ha saputo valorizzare il cinema perché è una forma di espressione della cultura contemporanea.

Soprattutto, don Celestino è un uomo generoso. Quando sono andato a trovarlo, prima con don Alessandro e l’ultima volta con don Stefano, ci ha riempito di libri, di libri che lui aveva letto e che ci consigliava, di libri che non aveva letto e che aveva il piacere di donarci. È stato un grande lettore. La cosa più preziosa da donare per lui erano dei libri.

Ecco, io penso che nella mia piccola esperienza con Don Celestino è questo ciò che mi porterò… un uomo ricco di umanità, capace di essere padre e fratello, un uomo spiritoso, un uomo amante di quello che l’uomo produce attraverso il pensiero, attraverso l’arte, soprattutto un uomo che era gioioso nel donare.

Per questo noi vogliamo ringraziare il Signore di averci donato don Celestino, un santo sacerdote!”.

Ciao, don Celestino… e grazie di tutto!

Pantaleo Gianfreda

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